Pisa – Stamp ha intervistato Rossella Di Beo e Carmelo (Carlo) Scaramuzzino, autori del libro “L’Europa sociale nel XX secolo – Le politiche sociali nella comunità europea: dal Trattato di Roma alla Carta dei Diritti di Nizza”, edito da Felici editori. Il libro non è un semplice manuale ma una profonda riflessione politica per un confronto nella sinistra italiana.
Nel vostro libro si legge “L’Europa è stata governata da una tetragona banca centrale e da una Commissione che, insieme al Fondo Monetario Internazionale, hanno visto solo due cose: deficit e inflazione, e quindi si sono dati due soli strumenti sostanziali: controllo del deficit e forti tassi di interesse.” Cosa pensate della nuova Commissione guidata da Juncker? E di Mario Draghi alla Banca Centrale?
In questi giorni Juncker è nell’occhio del ciclone per la sua politica di copertura dell’evasione fiscale delle grandi aziende e banche in Lussemburgo. Anche molti membri della nuova Commissione suscitano dubbi. Dal punto di vista politico, la sua nomina è frutto delle larghe intese tra i popolari ed i socialdemocratici europei, per una politica che non fa ben sperare per un futuro che, per cambiare le cose, dovrebbe essere basato su solidarietà e democrazia. Mentre Draghi dice cose che avrebbe fatto bene a dire qualche anno fa, a proposito della necessaria ripartenza degli investimenti. Anche se aggiunge: “riusciremo a stimolare gli investimenti soltanto se le politiche di bilancio e monetarie si rafforzano a vicenda”. Riteniamo, come giustamente sostengono i movimenti e le organizzazioni che in questi giorni scendono in piazza contro le politiche di austerità, che la Bce sia una delle istituzioni maggiormente responsabili della precarietà, della disoccupazione, della situazione drammatica in cui vivono milioni di cittadini, soprattutto nel Sud Europa.
25 anni fa crollava il muro di Berlino, quanto quella fine ha condizionato l’evolversi dell’UE?
C’è un nesso stretto tra la caduta del muro e la successiva firma del Trattato di Maastricht. La fine dei blocchi ha spalancato la strada al neoliberismo, al mercato unico. Vinse la politica di Helmut Kohl, finalizzata alla “germanizzazione” dell’Europa.
“Se si prendono i salariati, mezzo miliardo di lavoratori occidentali sono stati messi in concorrenza con un miliardo e mezzo di lavoratori orientali.” Non abbiamo retto al mercato globale e oggi l’Italia è economicamente praticamente morta, leggi stagnazione. L’Europa è gravemente malata, vedi la crisi strutturale. C’è un cura o siamo ben oltre ogni ragionevole via d’uscita?
Le dure proteste espresse dai lavoratori inglesi della raffineria Lindsey Oil, a Grimsby nel Lincolnshire, contro gli “sporchi immigrati” italiani accusati di accettare salari da fame, costituirono uno degli esempi più chiari del nuovo clima determinato dalla recessione economica. Nel nostro continente il costituzionalismo democratico e il welfare hanno consentito un processo di emancipazione sociale straordinario. Questo processo è stato bloccato violentemente da chi ha pensato che l’Europa possa contare 125 milioni di europei a rischio povertà. Quando un anziano muore in qualsiasi paese dell’Europa perché non si può curare, lì non c’è più Europa. I nemici dell’Europa sono due: le lobby dell’austerity e i populisti che pensano che la salvezza sia l’uscita dall’Europa e dall’euro. Queste due forti correnti sembrano antagoniste, ma sono in realtà profondamente complici. Ambedue le forze sono fondamentalmente conservatrici. Bisogna viceversa puntare a salvare l’idea di Europa – cioè di una potenza superiore agli Stati che la compongono, in grado di restituire loro la sovranità che hanno perduto – ma cambiando l’Unione in modo radicale, facendo capire che i cittadini vogliono rivoluzionarla addirittura. L’Europa deve darsi finalmente una Costituzione, che sia scritta dai popoli e dunque dal Parlamento europeo.
La sinistra europea non naviga in buone acque. Esiste ancora un minimo concetto di solidarietà a sinistra oppure le teorie populiste e qualunquiste sono ormai trasversali, in fondo è “difficile dimenticare che tra i primi Comuni a prendere iniziative sistematiche contro mendicanti e lavavetri c’è stata Firenze, guidata da una amministrazione di centrosinistra.”
Il punto vero, critico, sta nelle politiche del Partito Socialista Europeo degli ultimi decenni. Nel libro parliamo della inadeguatezza delle esperienze socialdemocratiche rispetto alle politiche di welfare, dal blairismo alle larghe intese tedesche; e poi la crisi spagnola del secondo mandato di Zapatero e, di recente, la fallimentare politica di Hollande, la cui elezione aveva generato tante attese in Francia.
La Merkel era di fronte al celebre bivio tracciato da Helmut Kohl: o la Germania si europeizza o l’europa si germanizza. Sappiamo come è finita. E, secondo voi, per Renzi invece quali alternative ci sono?
L’Italia di Renzi sta imboccando la stessa strada, sperimentata dalla socialdemocrazia e fallita nel resto d’Europa, con il Jobs Act e la legge di stabilità: l’idea che sforare di uno 0,2/0,3 il patto di stabilità, comprimendo diritti conquistati in cinquanta anni di lotte, sia politica di sinistra fa sorridere. I vincoli del trattato sul fiscal compact sono insopportabili.
È interessante come, dati alla mano, disegnate un Europa che sempre di più si disinteressa dei problemi del lavoro, della disoccupazione crescente.
L’eurozona è sulla rotta del Titanic: austerità cieca e svalutazione del lavoro stanno deprimendo l’economia reale. La crisi finanziaria ha agito come le bombe a frammentazione, che, una volta lanciate da una aereo, cadono a terra moltiplicandosi in centinaia di piccole bombe; le quali a volte non esplodono, ma dormono sottoterra fino al giorno in cui un bambino che passa vi appoggia sopra il piede. Chi governa l’Europa si ostina a ignorare i dati reali. Insiste nel riproporre la ricetta del mercantilismo neoliberista: inseguimento disperato del pareggio di bilancio e delle mitiche riforme strutturali, formula retorica per indicare l’ulteriore precarizzazione del lavoro finalizzata alla definitiva marginalizzazione dei sindacati e alla riduzione delle retribuzioni. È di moda l’invocazione del taglio di una indefinita “spesa pubblica improduttiva” come via salvifica per la riduzione delle tasse e del costo del lavoro, per recuperare competitività ed esportazioni. Non ci si rende conto che puntare su un consistente taglio della spesa vuol dire ridimensionare, fino allo snaturamento, il welfare europeo. Si aggrava così, inutilmente, l’involuzione della civiltà del lavoro e della democrazia delle classi medie faticosamente costruita nel corso del Novecento e, in particolare, dopo la seconda guerra mondiale.
Quanto L’UE si è allontanata dagli ideali antifascisti e progressisti del Manifesto di Ventotene?
L’Unione Europea sarà democratica o cesserà di esistere; la democrazia non è negoziabile. C’è la necessità di superare la divisione fra Nord e Sud dell’Europa; questo il sogno dell’Europa che vogliamo: un’Europa al servizio dei cittadini, invece che un’Europa ostaggio della paura della disoccupazione, della vecchiaia e della povertà. Un’Europa dei diritti, anziché un’Europa che penalizza i poveri, a beneficio dei soliti privilegiati, e al servizio degli interessi delle banche. L’Europa è a un bivio, i suoi cittadini devono riprendersela, per sanare il male che in questi anni di crisi ha frantumato il progetto d’unità nato a Ventotene nell’ultima guerra, ha spento le speranze dei suoi popoli, ha risvegliato i nazionalismi e l’equilibrio fra potenze che la Comunità doveva abbattere. Ci vuole un’alternativa di tipo rivoluzionario. L’Europa della coesione sociale, della solidarietà e della democrazia è nell’interesse di tutti i popoli. L’Europa può esistere solo se democratica e giusta, altrimenti è destinata a disintegrarsi.
Il libro si apre con la citazione di Berlinguer, è il richiamo alle radici comuni della sinistra o l’elogio ad un leader storico?
Il volume è stato pubblicato al momento della ricorrenza del trentennale della morte di E. Berlinguer, parlamentare europeo, impegnato nella costruzione di un’Europa solidale. Per questo abbiamo voluto riproporre la sua concezione di austerità, distante anni luce da quella praticata dalla Commissione Europea.
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