Siamo all’epilogo di un’era. Poi ne inizierà un’altra, in altri luoghi, fra altra gente, che si trascina stancamente ed è ancora in corso. Ma non ci sono, purtroppo, né vincitori e ne vinti. Ideologicamente parlando. Il Cristianesimo è una rivoluzione culturale, e certamente non vuole una rivoluzione armata. Ma le religioni si ostinano a non attuare questa rivoluzione culturale, legate a filo doppio a interessi che esulano dalle leggi di Dio. Preferiscono quelle armate. Il dio delle religioni è una divinità artificiale costruita secondo le necessità e le ambizioni umane. In parte mi sento di avallare Margherita Hack nel suo inflessibile ateismo. Il suo rifiuto a credere nel dio delle religioni è condivisibile, purtroppo si dimentica di esprimerci la sua opinione sul perché della nostra esistenza o di spiegarci la sua visione del nostro esistere in quest’universo con questa intelligenza destinata a evolversi sino a traguardi impensabili oggi, di cui lei, non solo ne è una testimone vivente ma anche un esempio. Per questo non posso essere completamente d’accordo con lei. Noi siamo all’interno di una creazione. Punto. Il nuovo fa fatica ad avanzare perché i chierici, che hanno sostituito i maestri, auto-eleggendosi a maestri, portano ancora avanti il vecchio come un vessillo, una bandiera da sventolare cercando di farci credere che il nuovo sia figlio del vecchio. La verità è che il vecchio giustifica la loro esistenza, nel nuovo non sono giustificati. E questi chierici non hanno trovato di meglio che addobbarsi con vesti sfarzose, caricandosi di ori e gemme preziose, poi costruiscono cattedrali, chiese, templi, sempre più belli, sempre più alti, per minimizzare la bassezza teologica del loro pensiero. Si può immaginare quanto poco interessi a Dio questo sfoggio di ricchezza. L’amore è l’unica legge divina. L’amore è già ricco di se. L’amore è un’immensa ricchezza e niente lo può comprare, e non si può vendere. Ma inquinare sì, corrompere sì. I suoi sostituti sono dei surrogati sempre più poveri, sempre più falsi. Per quanto tempo ancora continueremo a fingere di non vedere, di non sapere. Oggi l’inganno lo creiamo noi per tacitare la nostra coscienza.
Il testo che propongo: “La sentenza di Pilato”, fa parte del Ciclo di Pilato nei Vangeli Apocrifi. Sicuramente è un falso. Una ricostruzione fatta a posteriori. L’opinione “interessata” di uno sconosciuto scrittore. Ma veicola delle verità “logiche”, che anche se non necessariamente vere, possono rappresentare opinioni verosimili. Di vero c’è la rappresentazione dell’ipocrisia umana. Quando gli esseri umani si riuniscono in gruppi, e badate bene, di qualsiasi estrazione sociale siano, diventano branco, e all’uopo anche assetati di sangue. Questa non è solo la storia di un ieri lontano, in molte parti del mondo, come da noi, ed è ancora attuale. Ne abbiamo di strada da fare per evolverci a: ”homo, homini Deus”. Oggi siamo ancora: “homo, homini lupus” e non c’è nulla di cui vantarsi.
Sentenza che emise Pilato contro Gesù Cristo nostro Signore.
Copia della sentenza emessa da Pilato contro Cristo nostro Signore ritrovata nella città dell’Aquila in Abruzzo, nell’anno 1580. Scritta su carta pergamena in lingua […] e così tradotta: Nell’anno 170 di Tiberio, Cesare Imperatore e nell’anno della 121° olimpiade, durante il consolato Romano di [….] e […], proconsole della Palestina, governatore della Giudea, [….] sotto la reggenza e governo della città di Gerusalemme. Presiede Ponzio Pilato, reggente della Galilea Erode. Sommi Sacerdoti e reggenti del Tempio sono Anna e Caifa. Centurioni al servizio del console nella città di Gerusalemme sono [….] e [….] Addì il giorno 25 del mese di Marzo.
Sentenza
Io, Ponzio Pilato, presidente del tribunale, per conto dell’Impero Romano, giudico, e condanno a morte mediante crocefissione Gesù, chiamato Cristo Nazareno, del popolo della Galilea, uomo sovversivo della legge Mosaica e sedizioso contro l’Imperatore Tiberio Cesare. Determino che sia crocefisso con chiodi come si usa con i malfattori. Ha creato tumulti per tutta la Galilea dichiarandosi figlio di Dio e re d’Israele, minacciando la rovina di Gerusalemme e quella dell’Impero. Negava che il tributo a Cesare fosse dovuto ed ha avuto il coraggio di entrare come un re vittorioso in Gerusalemme seguito dalla folla fin dentro il Sacro Tempio. Io, Ponzio Pilato, comando al mio Centurione […..] di condurre per le strade di Gerusalemme Gesù, detto il Cristo, legato e flagellato, coperto con un mantello rosso e sul capo gli sia messa una corona di spine. Che porti sulle spalle la sua croce come esempio per tutti i malfattori. Determino anche che con lui siano crocefissi due ladri e omicidi sul monte chiamato Calvario. Dopo morto che il corpo resti sulla Croce come spettacolo per tutti i malvagi. Sulla Croce sia posto il titolo in tre linguaggi: Ebreo, Greco e Latino: Jesus Nazarenus Rex Judeoro. Che nessuno si opponga e che sia fatta giustizia come da noi comandata ed eseguita con ogni rigore secondo i decreti e la legge. Chi sfiderà temerariamente la nostra volontà sarà considerato ribelle verso l’Impero Romano e subirà la stessa pena.
Testimoni di questa nostra sentenzia le dodici tribù di Israele. Per il Sommo sacerdote: [……]; per i farisei: [……]; per l’Impero Romano: […..]; notai del tribunale: [……]
Gesù consegnato a Pilato. (Sintesi)
(Mt. 27-11,26,31; 24-14,16; Mc. 15-2,15,20; 14-10,11; Lc. 23-2,25; 3,6; Gv. 18-28,40;19-2,3,16)
Sopraggiunto il mattino, i Sommi Sacerdoti, gli Anziani del popolo, gli Scribi e tutto il Sinedrio tennero consiglio contro Gesù. La condanna a morte era già stata emessa. Ora dovevano trovare il modo di eseguirla. Lo legarono di nuovo e decisero di condurre Gesù nel pretorio da Pilato, il governatore. Era già l’alba. Nessuno della corte del Tempio, che aveva accompagnato Gesù da Pilato, voleva entrare nel pretorio per non contaminarsi e poter così mangiare la Pasqua. Pilato allora, uscì fuori verso di loro e domandò alla delegazione del Tempio: “Di che cosa è accusato quest’uomo?” Gli risposero i capi dei Sacerdoti cominciando ad accusarlo: “Quest’uomo è un sobillatore. Incita la nostra gente a non pagare i tributi a Cesare e poi afferma di essere un Re: Cristo re”. E gli dissero ancora per giustificare le scarse prove che avevano contro di lui: “Noi non te l’avremmo portato se non fosse un malvivente”. Ma Pilato non era d’accordo di istituire un processo su quelle insignificanti accuse, perciò disse loro: “Non sono di mia competenza le faccende religiose, questo è compito vostro. Portatelo via e giudicatelo secondo la vostra Legge!”
Gli risposero i Giudei: “A noi non è permesso mettere a morte nessuno. La legge lo vieta”. Ciò che Gesù aveva detto per indicare di quale morte sarebbe dovuto morire si avverava. Pilato rientrò nel pretorio preoccupato dell’insistenza dei sacerdoti.
Chiamò Gesù e lo interrogò sulle accuse che gli erano mosse: “Sei tu il re dei Giudei?” Gesù rispose: “Queste cose che dici le dici da te stesso, oppure altri te le hanno dette sul conto mio?”.
Pilato, si adirò per quella risposta, perciò disse a Gesù: “Sono forse io un Giudeo? E’ la tua gente e i Sacerdoti che ti hanno consegnato a me che ti accusano. Che cosa hai fatto dunque?” Rispose Gesù: “Il mio regno non è di questo mondo; se fossi re di un regno di questo mondo i miei soldati e i miei servi avrebbero combattuto per me, per non finire nelle mani dei Giudei. Ma il mio regno non è di quaggiù”.
Pilato, stupito dalla risposta, gli chiese: “Allora dunque tu sei re?”. Gli rispose Gesù:
“Tu lo dici: Io sono re. Io sono nato e per questo e per questo Io sono venuto nel mondo: Per dare testimonianza alla Verità. E chiunque è dalla parte della verità, ascolta la mia voce”.
Commento. Il passo del vangelo proposto per questa domenica è solo una modesta sintesi di tutto il percorso che va dall’arresto di Gesù nell’orto del Getsemani alla sua crocifissione. Ho voluto anteporre la sentenza di Pilato ai Vangeli per far vedere quanto sia facile creare dei falsi per indurre in errore di valutazione i lettori, che fiduciosi, si avvicinano in buona fede a questi scritti. La sentenza di Pilato vuole mettere in primo piano le responsabilità di Pilato nell’uccisione di Gesù, i Vangeli la smentiscono. Pilato, era solo un burocrate di secondo livello più propenso ad applicare l’interesse politico che la giustizia, anche a costo di commettere una palese ingiustizia. Gesù è arrestato dai soldati del tempio su ordine di Caifa e Anna, i sommi sacerdoti. Dopo un’interrogatorio farsa lo condannano ufficialmente a morte ma non sanno come fare per eseguire la loro sentenza. Mandano Gesù da Pilato, ma Pilato non ne vuole sapere di intromettersi in faccende religiose. Pilato, manda Gesù da Erode, anche lui lo interroga, lo sbeffeggia e poi lo rimanda da Pilato. A questo punto Pilato non sa più come uscire da questa situazione. Fuori dal Pretorio una folla aizzata dai sacerdoti crea enormi problemi. Pilato allora, decide, lavandosene le mani per non aver pesi sulla coscienza. La condanna a morte di Gesù è una responsabilità da attribuire per intero alla classe sacerdotale di allora. Per quanto riguarda il popolo presente ho già espresso un’opinione nella prefazione ma, migliore della mia è questa estrapolazione da un discorso di Gesù: “Sono come pecore senza pastore”. In questo caso il pastore è Dio. Non è cambiato nulla da allora e la storia si ripete sotto ogni latitudine del pianeta: quando gli uomini si riuniscono in gruppi, diventano branco. E tutto può succedere. Purtroppo non è una mia opinione questa, è la storia che lo dice.
“Il mio regno non è di questo mondo”. “Io sono venuto nel mondo per dare testimonianza alla Verità”. Queste due affermazioni sono il fulcro della missione divina di Gesù. L’assoluta coerenza della sua predicazione si concretizza in questi momenti drammatici. Gesù conosce il suo destino, sa che sarà crocefisso e nonostante questo egli continua a insegnare e a dare l’esempio. “Il mio regno non è di questo mondo”. Pilato, chiede a Gesù se lui è un re, Gesù gli risponde di sì. Ma questa frase non ci aiuta nella comprensione, anche se si può intuire il senso del discorso. Il regno di Dio non ha la sua origine dal nostro mondo, ma prescinde da questo. Alle volte fare la punta alle matite è necessario, ma la precisione nella definizione delle cose è indispensabile per un ricercatore, figurarsi quando di mezzo ci sono Dio e tutta la nostra esistenza. “Dove c’è il principio c’è anche la fine”, e all’interno di tutto questo la “Verità”. Gesù è il testimone dell’esistenza del Padre, ne porta il messaggio, fa delle opere che solo un Dio può fare. Nel suo ministero non mostra debolezze umane che non siano atti di carità o di sopportazione, non teme per la sua vita terrena, ma anzi la consacra sull’altare della Verità. Pilato, chiede a Gesù: “Cos’è la Verità”, ma non ha risposta. Per spiegarglielo Gesù avrebbe dovuto fare una lunga disquisizione filosofica, parlargli della verità “logica” prima, poi della verità “ontologica”, ma a cosa sarebbe servito alla causa di Dio? Gesù è la “Verità divina” fatta carne, non ne esiste una superiore e noi uomini dobbiamo cercare di capirlo dalla sua opera. Per fare questo dobbiamo metterci del nostro. Ci reputiamo saggi, intelligenti, conoscitori di questo e di quello, ebbene, diamoci da fare: dimostriamolo.