Francesco Colacicchi, interprete della natura

Fiesole – Francesco Colacicchi, interprete della natura.

Le sue opere sono visibili a Fiesole (FI) nel Basolato in piazza Mino, dal 14 marzo alle ore 17, giorno dell’inaugurazione della mostra , fino al 4 aprile, dal martedì alla domenica, dalle 11 alle 14 e dalle 17.30 alle 19.30.

“Francesco Colacicchi deve essere inteso, senza mezzi termini, come un pittore di paesaggio, nell’accezione più alta che a questo genere si conviene: un artista che traduce in un quadro il motivo della natura, con gli strumenti che sono propri al suo linguaggio, e dunque tele, pennelli, pigmenti, solventi” scrive Barbara Cinelli, curatrice della mostra.

Forse uno dei pochi pittori che continua a dipingere esclusivamente dal vero, quando è possibile all’aperto, interpretando ciò che osserva e ciò che l’ambiente gli suggerisce.

Colacicchi mi riceve nella sua casa di San Domenico a Fiesole,  alla quale si accede percorrendo un vialetto ricco di vegetazione “al naturale”, dove non si percepisce il tocco di chi lo cura. Fa pensare a certi giardini inglesi, ad un angolo di quello di Victoria Mary Sackville-West, forse.

Accenna ai propri quadri, contestualizzandoli nello spazio e nel tempo, più come occasione per allontanarsi da se stesso, volgendo lo sguardo a coloro che sono e sono stati a lui  vicini, nella vita e nel lavoro. Figlio d’arte, si sofferma a descrivere il lavoro del padre Giovanni e della madre Flavia Arlotta Colacicchi, anch’essa pittrice.

La pittura e il mondo

Quando gli chiedo della grande tela in soggiorno, che raffigura un furgone rosso in campo verde,  coglie l’occasione per metterla in relazione allo xilografo e pittore Bruno Bramanti, noto anche come illustratore di libri per famose case editrici come Vallecchi, Bemporad e Sansoni, il cui figlio Luca abitava proprio dietro quegli alberi, in una torretta dipinta in un quadro di dimensioni più piccole.  Non resiste alla tentazione di delineare, con affetto e ammirazione,  un profilo estremamente affascinante del Bramanti, il quale mise al servizio della Resistenza la sua grande abilità di xilografo: abile nel riprodurre persino la filigrana, riuscì a salvare molte vite umane riproducendo copie di documenti. Dopo la guerra, quando il territorio di Fiesole era ancora densamente minato, Bramanti dette il suo contributo anche come sminatore.

 La tecnica

Accenna brevemente alla sua tecnica pittorica come un “cogli l’attimo fuggente”, “cogli l’attimo di luce in continuo divenire”. Cerca la luce della prima mattina o della sera, mai quella del mezzogiorno, quando la luce è netta. “A differenza di mio padre Giovanni” aggiunge Colacicchi, “che aveva messo a punto una tecnica decisamente originale, che consisteva in ombre e luci molto nette …. Lo faceva in modo diverso dagli impressionisti, che tentavano di cogliere l’attimo. Lui preferiva piuttosto fissare prima l’idea …”.

La storia incide sul suo lavoro

Da giovane Francesco studia al Liceo artistico di Firenze, con il progetto di iscriversi poi alla Facoltà di Architettura, ma in corso d’opera cambia idea e sceglie l’Accademia di Belle Arti con l’intenzione di insegnare al più presto. Perché il desiderio di essere indipendente economicamente è il  suo primo, vero obiettivo. Non ritiene che la pittura sia la sua professione principale, ma solo un’attività secondaria, seppure molto importante.

 “Perché non ti limiti a dipingere e basta?” gli chiede il padre. Ma Francesco percepisce che le cose sono cambiate in maniera totale e persegue il suo obiettivo senza alcun dubbio.  “Infatti oggi d’arte non si vive più” aggiunge “perché i tempi sono cambiati. Prima si andava negli studi degli artisti, tutti si conoscevano e i collezionisti che apprezzavano un artista potevano acquistarne un’opera direttamente in studio, senza bisogno di intermediari”.

 Il mercato dell’arte

“Mio padre viveva del suo lavoro d’artista. Lavorò anche per il Tribunale di Milano, che possiede una grande raccolta esposta nelle ampie sale.”

Francesco Colacicchi si sofferma a parlare anche del periodo fascista, durante il quale  il controllo era forte su tutte le forme espressive, fuorché sulla pittura. A proposito di quel periodo, per capirne a pieno tutti gli aspetti,  consiglia la lettura del diario di Calamandrei, che da ex bibliotecaria non esito a cercare nel catalogo della Biblioteca Nazionale di Firenze, con l’intenzione di leggerlo a breve. Ne condivido volentieri i dati: Diario 1939-1945 / Piero Calamandrei ; a cura di Giorgio Agosti. Firenze : La Nuova Italia, 1982. COLL.O.31A.3.5.1

 “Adesso si va alla Biennale, senza pensare che è totalmente nelle mani dei mercanti. Sono loro a fare e disfare, a spingere un artista piuttosto che un altro. Nel mondo i grandi collezionisti sono appena un migliaio” aggiunge “… e non più di sette o otto i galleristi che contano e influenzano il mercato”.

 “Per capire il mercato dell’arte è molto utile leggere Lo squalo da 12 milioni di dollari. La bizzarra e sorprendente economia dell’arte contemporanea,  dell’economista Donald Thompson “. E’ una strana storia, perché negli Stati Uniti, dietro la pressione dei mercanti d’arte, il libro è stato ritirato dal commercio e l’autore ha subito una causa legale. Ne hanno parlato in un articolo pubblicato sul Sole24ore” conclude. Cerco l’articolo e lo trovo, datato 28 Giugno 2009, dove si legge tra l’altro come ” … un anno di intensa frequentazione dall’interno del sistema e dei suoi maggiori protagonisti abbia finito per convincere Thompson che l’arte contemporanea è, in ultima analisi, quella che le case d’asta (e non le gallerie o i musei, dove tutto ciò che egli esclude dalla sua analisi si incontra in abbondanza) vendono oggi come tale… “.

E se un giovane le chiedesse se è possibile vivere d’arte, cosa gli consiglierebbe?

“Consiglierei ai giovani di fare prima un corso di teatro” risponde ” perché bisogna imparare a stare sulla scena per poter sopravvivere in questo ambiente!”.

Link alla galleria http://www.stamptoscana.it/?p=110655

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