Firenze – Non s’arresta, l’emorragia di residenti dalla città di Firenze. I numeri infatti restano importanti, come testimonia l’Ufficio di Statistica fiorentino che mette on line i dati. Da febbraio 2019 a febbraio 2021, sono 10.553 i nostri concittadini che hanno voltato le spalle alla città del giglio, 3.798 fra febbraio 2029 e febbraio 2020, ben 6.755 fra febbraio 2020 e febbraio 2021: si ritorna molto ma molto vicini al minimo storico, registrato nel 2007, che vedeva a 364.710 il numero dei residenti. A febbraio 2021 siamo a 365.522. Di fatto, è stato annullato il lento recupero che si era registrato negli ultimi 10 anni.
All’analisi del dato, alcuni punti saltano all’occhio. Per quanto riguarda la nazionalità, la maggioranza di coloro che se ne sono andati da Firenze nel periodo racchiuso fra febbraio 2019 e febbraio 2020 sono stranieri, che rappresentano il 95% dei residenti che hanno deciso di lasciare la città, dinamica forse spiegabile con i blocchi dovuti al covid che potrebbero aver fermato il turnover dei residenti provenienti dall’estero. Ma per quanto riguarda l’anno 2020-2021, sempre da febbraio a febbraio, i cittadini che hanno lasciato la città sono in prevalenza italiani, 52% contro il 5% dell’anno precedente. Se qualche ruolo ancora il covid potrebbe giocarlo, è tuttavia ipotizzabile che queste famiglie siano costrette al lasciare Firenze anche a causa del generale impoverimento che va a colpire in particolare fasce di popolazione fragili, tanto da non riuscire più a sostenere con risorse scarse o minate dal fermo del lavoro e delle attività pre-covid, la spesa dell’abitare in città, in particolare pesante per quanto riguarda la casa.
E’ infatti noto che molto spesso basta che un coniuge perda il lavoro o gli venga ridotto il numero di ore di lavoro per andare sotto la soglia in cui è possibile pagare l’affitto. Canoni che non risentono della crisi generale ma rimangono invariati o calano di poco, a fronte di stipendi già molto bassi anche in periodo pre covid. Insomma a pagare, al netto dello zoccolo storico delle famiglie fragili, sarebbero sempre di più i working poors, che, secondo le statistiche aggiornate della Caritas, a febbraio 2021, con riferimento a coloro che si sono presentati agli sportelli dell’associzione per chiedere aiuto, sarebbero stati ben 8.919 in più, ovvero “nuovi” rispetto agli accessi precedenti. Insomma, coloro che si sono presentati per la prima volta e definibili come lavoratori poveri.
L’analisi sembra trovare conferma in un’altra tabella dell’Ufficio di Statistica del Comune di Firenze, vale a dire quella che segnala le perdite di residenza dai quartieri. Infatti, il quartiere con il più alto numero di perdite è il quartiere 5, dove fra febbraio 2020 e febbraio 2021 se ne vanno il 33 % dell’insieme dei residenti che lasciano Firenze. Lo segue il quartiere 4, col 22%. Si tratta di due quartieri molto ampi e popolosi, con una caratteristica sociale improntata su famiglie di ceto medio-basso, molto legate alla zona per quanto riguarda il quartiere il 4, più variegate come provenienza per il quartiere 5, che sommano al loro interno una forte presenza di case popolari, dal nucleo lapiriano dell’Isolotto per il Q4, a quello sempre degli anni fra 50/60 della zona alle spalle dell’ex Fiat di Novoli oltre, più avanti, il conglomerato delle Piagge. Inoltre, entrambe hanno visto negli anni l’espandersi di edificazione sia di tipo popolare sia più pregiata ( Villa Demidoff e la zona dell’ex Fiat e del Tribunale per Novoli, l’edificazione delle Torri e di Villa Vogel al Q4).
Al 22% anche la perdita dal Q2, che somma edificazioni popolari e di pregio, mentre il Q3 è quello con meno perdite, 10%, e il Q1, centro storico, arriva al 13%.
Dati che sono interessanti perché da un lato evidenzierebbero che sono i fiorentini a basso reddito, che si trovano in situazioni più precarie a dovere lasciare la città, dall’altro indurrebbero a pensare che sia un dato paradossale quello della perdita di residenza laddove i canoni sono meno elevati, rispetto a quartieri come ad esempio il centro storico. Tuttavia è necessario valutare l’impatto del canone sulla vita economica famigliare non tanto sul valore assoluto del canone stesso, quanto piuttosto sull’incidenza dello stesso sul reddito famigliare. Si calcola infatti che per essere sostenibile il canone deve incidere non più del 20% sul reddito famigliare, considerando il costo aggiuntivo di bollette e condominio. Ciò succede sempre meno man mano che si procede verso il basso della scala sociale, in quanto gli stipendi seguono la discesa, mentre spesso i canoni si assestano su cifre alte anche rispetto al valore reale dell’immobile, spinti dalla particolare resistenza del mercato fiorentino all’abbassamento dei canoni stessi. Dunque, per uno stipendio di 800 euro, per fare un conto semplificato, anche un canone di 400 euro può già essere oltre il punto di rottura della sostenibilità economica della famiglia. Daltro canto, come spiega la segretaria del sunia toscano Laura Grandi, emergono sempre più casi di nuclei famigliari che vengono sospinti verso l’acquisto di case all’esterno del’area fiorentina, per impossibilità di sostenre i canoni. “Abbiamo spesso casi di nuclei famigliari che lavorano, che sono in grado di comprare casa nei comuni limitrofi, ma che non riescono a sostenere i canoni fiorentini – dice grandi – del resto, mentre si riesce ad accendere mutui anche trentnennali con impporti pari a circa 300 euro al mese, spesso i canoni cittadini vanno ben al di là di questa cifra. e dunque la scelta è obbligata”. Vale a dire, meglio spendere per l’acquisto di un alloggio in un comune limitrofo pagando il mutuo, che starsene in città pagando un canone più alto della rata di mutuo. Il meccanismo è chiaro.
Discorso a parte merita il centro storico, in cui lo svuotamento da famiglie residenti da tempo spesso immemorabile, è già molto avanzato a causa della pressione degli affitti turistici, che come è noto hanno desertificato con particolare accuratezza l’area Unesco, quella più appetibile alle speculazioni e al mercato turistico internazionale. Tant’è vero che il fenomeno dello svuotamento ha interessato non solo abitazioni di livello medio, bensì anche immobili pregiati per valore storico e artistico, spesso, come da cronache recenti riportato, acquisiti in blocco da gruppi stranieri per proporli, dopo un costoso restyling, sia sul mercato internazionale delle locazioni e vendite extralusso sia su quello dell’accoglienza di altissimo livello (anche per quanto riguarda i costi e ricavi). Un mercato che non si ferma nonostante il covid, come denunciato più volte dai media fiorentini, e che sta portando buona parte del patrimonio immobiliare di pregio e non dell’area Unesco in mano a grandi multinazionali cui non interessa affatto che il centro storico di Firenze rimanga “dei fiorentini”. Soprattutto se questi “non pagano”. Il problema della desertificazione alla lunga ha cominciato a preoccupare anche la stessa amministrazione comunale erede e in parte responsabile di politiche che per molti anni hanno spinto sul settore investimenti (esiste una sorta di book proposto a livello internazionale per gli investimenti immobiliari di pregio a Firenze) nel senso di vendite e riqualificazioni spinte che hanno sottratto immobili alla residenza, tant’è vero che si sta pensando a delle modalità in un certo senso di freno, in particolare per quanto riguarda gli affitti brevi e turistici. A fronte di tutto ciò, è ancora alta la percentuale dei residenti che continuano ad abbandonare il centro cittadino (13%).
Un’ultima annotazione riguarda l’età. Infatti, con riguardo all’ultimo anno, una fascia d’età interessata dal fenomeno è quella che s riferisce direttamente ai quattordicenni (20%), il che farebbe pensare che siano soprattutto le famiglie con minori ad andarsene. Infatti è proprio la fascia 15-64 anni quella che copre la percentuale più ampia, 70%. Il che potrebbe essere spia del fatto che siano soprattutto le fasce ancora produttive a lasciare Firenze per cercare fortuna in aree meno pesanti dal punto di vista economico.
“A fronte dei dati emersi – dice Grazia Galli, di Progetto Firenze, autrice delle tabelle estrapolate dai dati dell’Ufficio di Statistica del Comune di Firenze – parrebbe che a lasciare Firenze siano le famiglie, soprattutto quelle con figli. Il che giustificherebbe chiedersi se la loro partenza non abbia a che fare con le difficoltà del vivere in una città che, al netto dei disagi e delle ricadute economiche da addebitarsi alla pandemia, i residenti e alle loro esigenza ad oggi non sia riuscita a prestare attenzione”.
Serie storica della curva delle residenze dal 2007 al 2021
Tabelle grafiche, Grazia Galli