Firenze – Sei milioni di euro stanziati per un intervento straordinario sugli alloggi vuoti, da ristrutturare, del patrimonio edilizio pubblico. Sei milioni, per arrivare alla riassegnabilità di 500 alloggi di edilizia residenziale pubblica, L’investimento è avvenuto, circa 350 gli alloggi recuperati. Eppure, a fronte della spesa di risorse straordinarie, i conti delle case vuote non cambiano. Ovvero, le case popolari vuote nell’anno corrente, sono tornate a essere di poco sopra quota 800. Tirando le fila, ciò significa che, se non ci fosse stato lo sforzo straordinario del bilancio comunale 2023, oggi saremmo abbondantemente sopra quota 1.000. E che l’intervento straordinario non è riuscito a togliere dallo stallo un numero spaventoso di alloggi per una città in piena emergenza abitativa come Firenze,
A fronte di tutto ciò, sono 60 gli sfratti dalle sole case popolari che da luglio 2024 in poi verranno eseguiti con forza pubblica. Sessanta famiglie, 40 circa delle quali provengono dal gruppo di quelli che si collocano sul sottilissimo confine della legalità: famiglie che da trenta, quarant’anni sono state in alloggi di parenti più o meno stretti (nonna, zia, ex moglie o marito…) assegnatari, che sono venuti meno per le più svariate ragioni, e che sono rimasti in casa, ma senza titolo. Tollerati, conosciuti e per la maggioranza assoluta, paganti il canone. E che ora, ormai vecchi e sempre più poveri, rischiano di finire in strada, Un’operazione che rischia di essere svolta senza neppure prendere in considerazione, nonostante le richieste, le pressioni, i presidi delle associazioni, ciò che altri Comuni hanno già attuato (il Comune di Livorno poco tempo fa per la seconda volta): ovvero, una sanatoria che reimmetta nella legalità le situazioni di cui sopra. La situazione sfratti dagli edifici popolari vede dunque una percentuale molto limitata di coloro che sono occupanti nel senso di aver sfondato la porta ed essersi installati di forza, una fattispecie che a Firenze è sempre stata assolutamente sporadica. I 60 sfratti in questione si aggiungono a quelli “ordinari”, ovvero di tutta la città, i cui numeri non è dato sapere, nonostante la richiesta e l’inizio del percorso intrapreso nella scorsa consiliatura per ripristinare il famoso tavolo di “graduazione degli sfratti”, che vedeva, come insegnano tempi passati, allo stesso tavolo appunto, Comune, associazioni degli inquilini e dei piccoli proprietari, oltre a rappresentanti del tribunale e del potere giudiziario. Ruolo, prevedere la calendarizzazione degli sfratti, per dare fiato e tempo ai proprietari, agli inquilini , ai servizi del Comune e alla macchina giudiziaria di pianificare anche eventuali soluzioni. Uno spirito che sembra del tutto assente nelle nuove modalità di accesso con forza pubblica che vedono, come rende noto l’Unione Inquilini, un’accelerazione delle procedure di sfratto con forza pubblica che giunge in tempi limitati, anche due mesi dalla notifica. E questo non solo in caso di sfratto per morosità, ma anche per semplice finita locazione, a valle di un contratto sempre onorato dall’inquilino, che magari si attarda per le ben note difficoltà di accedere alla casa a Firenze.
A mostrare i dati e a ricostruire il quadro sono il consigliere comunale di Sinistra Progetto Comune Dmitrij Palagi e l’esponente dei Cobas, della Rete Antisfratto Fiorentina , Giuseppe Cazzato, in un incontro con la stampa, a Palazzo Vecchio.
I dati messi a confronto riguardano il numero di case vuote del patrimonio Erp gestito da Casa spa (il gestore del Comune di Firenze all’interno del Lode Fiorentino) a marzo 2023 con i dati di luglio 2024. Carta canta, si constata che da 837 alloggi vuoti a marzo dell’anno scorso, si passa a 807 dell’anno in corso. Inoltre, a fronte di una forte diminuzione delle case da ristrutturare con canoni correnti (passate da 167 a 45) è aumentato di ben 41 unità il numero di case ancora da ristrutturare con fondi da identificare. Inoltre, se il numero di case “in fase di ristrutturazione” è aumentato da 45 a 76, è anche più che quadruplicato il numero di alloggi “da non ristrutturare”: erano 20 e ora sono 88.
“Sappiamo che una quota delle case viene tenuta vuota per situazioni di emergenza – spiega Palagi – ma è davvero una quota minima. Ciò che denunciamo è che, nonostante l’investimento straordinario di 6 milioni di euro attuato dal Comune, i numeri degli alloggi vuoti non cambiano. Ciò significa – conclude Palagi – che il sistema non sta reggendo. Fra l’altro Casa spa ha già spiegato più volte in commissione che il sistema non regge perché l’impoverimento delle famiglie conduce ad abbassare ulteriormente i canoni diminuendo le risorse a disposizione per fare le ristrutturazioni”.
A valle di questo, il ruolo degli investimenti straordinari sembrerebbe davvero essere poco influente sulla questione “recupero case vuote”. “La misura in questione, ovvero i sei milioni di investimento straordinario per il recupero degli alloggi vuoti – spiega Cazzato – era stato presentato come lo strumento capace di azzerare quasi il problema. Invece, si è rivelato ben poco decisivo, dal momento che non è riuscito neppure a recuperare i cosiddetti alloggi di risulta. Mediamente, ogni anno ci sono 400 alloggi Erp che si liberano (le motivazioni in buona sostanza sono o la morte dell’assegnatario o l’uscita dai requisiti, ndr). Perciò, se i sei milioni di euro di investimento straordinario sono serviti solamente a recuperare gli alloggi di risulta dell’anno in corso, mantenendo quindi invariato il numero di alloggi sfitti che sono sempre poco più di 800 (con ogni probabilità anche di più, dal momento che alcuni non vengono conteggiati) , diventa evidente che serve un ragionamento di programmazione a monte , ma anche di misure da prendere”.
“Se analizziamo i dati – continua Cazzato – emerge che gli alloggi ristrutturati in via ordinaria da Casa spa (con i soldi provenienti dai canoni, ndr) sono diminuiti, per le ragioni già ricordate, dall’impoverimento degli assegnatari che li colloca in fasce minime con corrispondente abbassamento del canone, all’innalzarsi delle spese di manutenzione, che coprono quasi la metà dei rincari degli affitti. Perciò è necessario ripensare il sistema, che va considerato a 360°, con la partecipazione necessaria della Regione”.
Alloggi popolari vuoti, alloggi in centro storico, il collegamento è facile: la questione di via de’Pepi. Le ultime notizie le dà Cazzato, che è anche il motore del ricorso che portò alla sentenza definitiva del Consiglio di Stato avversa al Comune di Firenze. Via de’ Pepi torna a galla perché i 12 alloggi che il Comune di Firenze aveva tentato di sfilare dalla loro natura di case popolari, una volta riassegnate nei vari gradi di giudizio alla loro natura originaria Erp, sono ancora, tutt’ora, vuoti e soprattutto non ci sono segnali di una loro nuova vita come alloggi popolari. “La sentenza del Tar del 2017 era stata molto chiara – ripercorre la vicenda il sindacalista – e, un anno e mezzo fa, quella definitiva del Consiglio di Stato. Ci sono 12 alloggi vuoti, in pieno centro, che si allacciano a tutta la retortica del riportare i residenti nel centro storico, rispetto alla cui sorte il Comune non si è ancora pronunciato, nonostante le numerose richieste di incontri che abbiamo avanzato. Vogliamo capire cosa vuole fare il Comune rispetto a quegli alloggi, che, essendo alloggi pubblici, vanno ristrutturati e riassegnati. Si tratta inoltre di alloggi che si trovano in un contesto particolare, per cui mantenere la residenza in quel contesto sarebbe fondamentale. In realtà, ciò che sta andando avanti in quell’area è lo studentato collocato nell’ex palazzo delle poste di via Pietrapiana, dove non ci sarà neppure un alloggio Erp, nonostante lo spazio, ma neppure un appartamento di social housing; previsti solo studentato e punti “commerciali di vicinato” … ovvero, come purtroppo si teme, il sospetto è che si tratti di ulteriori “mangifici”. Anche quello, un progetto su cui urge una riflessione”. ( sul tema, https://www.thedotcultura.it/via-de-pepi-la-domanda-ora-e-cosa-verra-fatto-dei-14-appartamenti-erp/)
Conclude Palagi: “Il quadro è senz’altro preoccupante. Continuiamo a ribadire che, per risolverlo, servono politiche strutturali, senza le quali anche gli sforzi straordinari a poco arrivano. Politicamente, lo ribadiamo, è stato un errore non aver mai previsto un aumento degli alloggi di ERP nel Piano Operativo. Continuare a investire unicamente in social housing e politiche abitative dirette alle “fasce grigie” in termini reddituali, non risolve la sostanziale rimozione del diritto all’abitare, che riguarda quella parte sempre maggiore della popolazione colpita dall’aumento delle diseguaglianze, per la quale la casa è diventata una causa ulteriore di impoverimento e, in molti casi, di marginalizzazione sociale. I contributi affitti alleviano la situazione di tanti nuclei familiari, ma sono palliativi e spuntati, non invertono le tendenze”.