Londra – Il tema di quest’anno per la giornata Internazionale delle donne è #EachforEqual, un messaggio che ha lo scopo di chiamare in causa tutti e responsabilizzare ciascuno di noi per un mondo con più parità di genere. L’evento non ha confini geografici ma e di natura globale e transazionale, senza limiti di spazio, coinvolgendo tutti coloro che sentono vicina la causa a prescindere dalla loro provenienza.
In un periodo storico dove si tende sempre di più a ritirarsi a vita privata, piuttosto che impegnarsi politicamente e socialmente in cause collettive, il frame della giornata internazionale delle donne di quest’anno va esattamente nella direzione opposta. I motivi possono essere diversi, tra cui sicuramente la presa di coscienza del fatto che si tratti di un problema sociale con radici storiche ben profonde e per questo motivo difficile da debellare, se non con uno sforzo individuale per modificare pratiche quotidiane considerate dannose per il raggiungimento della parità di genere.
In Italia le manifestazioni sono state espressamente sconsigliate dal governo, per ragioni di sicurezza nazionale, anche se questo no ha fermato alcune femministe del paese che in maniera responsabile hanno organizzato dei flashmob nelle principali piazze del paese.
Nella capitale del Regno Unito le manifestazioni invece hanno preso luogo in molte parti della città ponendo in risalto tematiche di emergenza globale non solo per le donne ma per tutto il pianeta. Molti sono gli slogan contro l’indifferenza dei governi di fronte al problema del surriscaldamento globale che se verrà ignorato ancora per molto rischierà di produrre danni irreparabili a tutto l’ecosistema, processo che in realtà, è già iniziato. A subirne le conseguenze saranno i paesi più poveri e dove gli effetti del riscaldamento globale stanno rendendo la vita ancora più difficile, come in Africa e Asia.
Il grido di denuncia da parte delle partecipanti alla manifestazione era rivolto principalmente agli ambienti di lavoro, luoghi dove le donne ancora ricevono un trattamento diverso e ineguale rispetto a quello degli uomini. Ieri le donne hanno lanciato l’ennesimo urlo di rabbia contro tutte le discriminazioni che molte hanno dovuto subire sui luoghi di lavoro e negli ambienti domestici. L’ennesimo urlo di rabbia contro i governi che invece di accogliere le loro proteste per aprire un confronto volgono lo sguardo. L’ennesimo urlo di rabbia contro le istituzioni che attraverso il loro disinteressamento su tematiche globali stanno mettendo a rischio il futuro delle prossime generazioni.
Dal report del World Economic Forum si evince che prima di arrivare a una uguaglianza tra generi bisognerà aspettare come minimo 118 anni, ovviamente una previsione che varia a seconda dei contesti ma rende l’idea di quanto sia importante agire adesso perché al contrario di come si potrebbe pensare siamo ancora ben lontani dall’uguaglianza tra generi.
In un mondo globalizzato e in una città multiculturale come quella di Londra le proteste per maggiori diritti per le donne erano rivolte anche fuori dai confini del Regno Unito, come è giusto che sia data la natura transnazionale dell’evento. Un unico e forte grido di rabbia era rivolto al Messico, paese con il più alto tasso di femminicidi e un altro alle donne del Rojava che ogni giorno combattono una vera e propria guerra per un futuro migliore e democratico nel loro paese.
Salari non equiparati, come anche la percentuale di forza lavoro tra donne e uomini e l’inferiorità del numero di donne che ricoprono cariche professionali importanti sono tutti gli indicatori che incidono sul risultato finale. Per recuperare questa disparità il cambiamento deve partire da un livello strutturale e quindi la presa in carico da parte delle istituzioni dell’impegno di garantire una crescita professionale e un livello di istruzione uguale tra generi.