Andrea Canova intervista Max Collini
Interviste che intendono far conoscere qualcuno a qualcun altro, come se due sconosciuti si incontrassero per la prima volta.
L’intervistato ha la più assoluta libertà di dire o non dire ciò che vuole di se stesso.
In queste interviste non si cerca il clamore, il gossip, lo shock.
Si tratta di interviste scritte dall’intervistato, dunque non orali, per ovviare al brutto costume italiano di “modificare” il detto dell’intervistato, a volte con scopi non ben chiari, o fin troppo.
Rispetto alle specificità professionali dell’intervistato, le novità professionali non saranno dimenticate.
– Se dovessi descriverti a chi non ti conosce, che cosa racconteresti di te? In altri termini, chi è Max Collini?
Max Collini, Massimiliano all’anagrafe. Classe 1967. Geometra. Ariete. Celibe. Scrittore pigro di racconti brevi. Per molti anni voce narrante degli Offlaga Disco Pax e successivamente di Spartiti. Attualmente in tour solitario con uno spettacolo teatrale intitolato “Storie di Antifascismo senza retorica”, i cui testi sono stati scelti assieme ad Arturo Bertoldi, attuale presidente di Istoreco Reggio Emilia.
– Che tipo di formazione hai? Studi, letture, mentori.
Mi sono diplomato all’Istituto per Geometri “Angelo Secchi” di Reggio Emilia nel 1986. Ho poi frequentato, senza molti risultati, l’Università di Bologna: corso di laurea in Lettere Moderne, mai conseguita. Letture molte e disordinate, generalmente cose italiane contemporanee. Riferimenti principali in tal senso: Paolo Nori, Giuseppe Caliceti, Arturo Bertoldi, Simona Vinci. Mi sono nutrito, voluttuosamente, anche di molta letteratura gialla svedese: Henning Mankell, Stieg Larsson, Maj Sjöwall e Per Wahlöö su tutti. Olof Palme, ora pro nobis…
– Come sai, la poetica di un’artista è il riflettere sul proprio fare arte da parte dell’artista stesso. Riflessione sulla propria arte per metterne a fuoco i principi operativi, gli ideali, i progetti e le intenzioni, il “che cosa” voglio dire, a “chi” lo voglio dire e “come” lo voglio dire. In questo senso, qual è la poetica di Max Collini?
Io sono uno che racconta storie, sia mie che di altri. Il mio desiderio è entrare in empatia con chi le ascolta o le legge e condividere con loro qualcosa che potrebbe appartenere a entrambi. L’aspetto emotivo è uno degli elementi più importanti, credo, e anche quando scrivo o racconto vicende personali il tentativo è sempre quello di farle diventare collettive. Che poi io ci riesca è un altro discorso. Quando ho iniziato il mio percorso con gli Offlaga Disco Pax, ormai una ventina di anni fa, ero convinto che avrei parlato con chi aveva vissuto le mie stesse esperienze politiche e sociali: la militanza nella Federazione Giovanile Comunista Italiana e nel PCI e lo sgretolarsi di speranze e ideologie in una generazione nata tra gli anni sessanta e settanta. Quella generazione, oggi fatta di ultracinquantenni, ha guardato alle mie cose con un certo disinteresse, mentre ho trovato un pubblico molto più attento in quella successiva, diciamo i trenta/quarantenni di oggi, che quelle esperienze le hanno solo sfiorate o vissute attraverso il racconto dei genitori o dei fratelli maggiori. La verità è che non sai mai davvero a chi stai parlando, a chi interesserà quello che hai da dire e se davvero esisterà qualcuno interessato alle tue cose. Accade o non accade, semplicemente. A prescindere dalle intenzioni.
– Perché non hai mai raccontato fino in fondo il “lato oscuro” del socialismo reale? La sua natura intrinsecamente totalitaria? E, simmetricamente, perché non hai mai raccontato che il concetto di “libertà” con il quale siamo cresciuti è intrinsecamente quello angloamericano? Concetto che, se siamo onesti con noi stessi, non baratteremmo con nessun stile di vita socialista storicamente esistito?
Ho dedicato al socialismo reale, alla sua sconfitta e alla sua critica un brano intero, pubblicato nel disco più noto e importante degli Offlaga Disco Pax (Socialismo Tascabile). Si intitola “Tatranky” ed è ambientato nella Praga dell’inizio del nuovo millennio, quando tutto era già compiuto e in parte dimenticato. L’intero svolgersi della mia piccola esperienza politica si è svolto nell’alveo del Partito Comunista Italiano, in particolare reggiano, per tutti gli anni ‘80. L’idea di libertà che mi è stata trasmessa nella formazione di Partito che ho avuto la fortuna di poter avere è sempre stata quella di una libertà costituzionale, collettiva, di pari opportunità, non escludente né discriminatoria per etnia, censo, sesso, religione, cultura. La libertà come elemento di responsabilità sociale e non solamente personale. Nessuno ha mai cercato di convincermi che vivere nella DDR o un Unione Sovietica fosse meglio, in quel periodo, che vivere in Emilia Romagna. I conti coi regimi dell’Est Europa il PCI li fece già a partire dagli anni ‘70 e siccome quel modello “intrinsecamente totalitario” è stato sconfitto, chi ha vinto ha cercato di convincerci che allora l’unica alternativa praticabile fosse il capitalismo predatorio contemporaneo. Mi pare una posizione manichea, poco approfondita, di nessuna utilità rispetto ai problemi attuali e del futuro che toccherà a chi è nato nel nuovo millennio. Il concetto di libertà con cui sono cresciuto non è tanto quello angloamericano, quanto quello della Rivoluzione Francese e della Resistenza. La libertà individuale e i diritti fondamentali dell’uomo sono una precondizione per qualunque forma di organizzazione dello Stato che possa avere in qualche modo il mio consenso, ma non mi pare che la nostra Costituzione abbia rinunciato per questo a una forma progressiva delle conquiste sociali e collettive. In una società fortemente individualista e concentrata sull’io si vengono a sfaldare sempre di più i diritti di tutti per tutelare quelli dei garantiti, chiunque essi siano. Un luogo dove spesso ci si riduce a discutere del diritto di qualche miliardario di essere ancora più miliardario. Siamo diventati, noialtri occidentali capitalisti, vecchi, imbolsiti, antipatici. E terribilmente autoriferiti.
– Lapidario: la dottrina comunista e, di conseguenza, la morale comunista sarebbero contro la cultura LGBT e, più in generale, contro la cultura dei diritti individuali se a discapito dei diritti collettivi. In sostanza, per riassumere un discorso molto lungo, a partire da Palmiro Togliatti il percorso del PCI è stato quello di abbandonare il socialismo nato dalla Rivoluzione bolscevica per avvicinarsi sempre di più al mondo egemonizzato dagli Stati Uniti, cioè alla democrazia: nel tuo percorso artistico c’è traccia di tutto questo?
– Lapidario: le tue considerazioni mi paiono un po’ provocatorie. Prima di parlare di Togliatti con questo tono fossi in te mi farei un bagno purificatore. A Salerno. Per quanto riguarda la morale comunista e la cultura LGBT mi pare che la morale comunista non sia più un argomento di grande attualità, mentre i diritti di quella comunità lo siano eccome. Dovremmo tutti farcene una ragione e piantarla di pensare che ci siano diritti meno importanti di altri. Penso che diritti sociali e diritti civili siano due facce della stessa medaglia e che debbano semplicemente essere contemplati entrambi. Amen.
– Qual è il tuo più grande sogno?
La retorica del “sogno” e del concretizzare i propri “sogni” è diventata tanto pervasiva quanto insopportabile. Politica, società, pubblicità, impresa, mondo del lavoro e tutto il resto sono appestate da slogan motivazionali che fanno riferimento al rapporto onirico con la propria realizzazione in terra. Ma non sono sogni in realtà, quasi sempre le parole corrette da declinare dovrebbero essere: ambizione, prevaricazione, competizione, darwinismo sociale, calpestare chi ti si para davanti, distruggere qualunque cosa che si frapponga tra te e il tuo ego mentre miliardi di persone affrontano i loro inevitabili fallimenti quotidiani. Non ho nessun sogno da realizzare, tutto quello che ho fatto a volte non l’ho nemmeno desiderato. Spesso mi sento anche in colpa, perché temo di avere realizzato, senza volerlo, i sogni di qualcun altro.
– Qual è la tua più grande paura?
Morire solo.
– Che cosa vorresti lasciare dopo la tua morte?
Qualche sorriso e dei bei ricordi in chi mi ha voluto comunque bene, nonostante tutto.
FINE
Biografia
Max Collini (all’anagrafe Massimiliano, Reggio Emilia, 30.03.1967) è stato per circa undici anni la voce narrante e l’autore dei testi degli Offlaga Disco Pax, collettivo neosensibilista di Reggio Emilia in cui ha militato dalla sua fondazione avvenuta nel 2003 fino allo scioglimento, seguito alla dolorosa scomparsa di Enrico Fontanelli, nel 2014. Con gli Offlaga Disco Pax ha pubblicato tre album, tra cui il pluripremiato esordio “Socialismo Tascabile” (Santeria/Audioglobe), uscito nel 2005 e tra i dischi più influenti della scena indipendente italiana degli anni zero, e collezionato oltre quattrocento concerti. Dopo la fine dell’esperienza con gli Offlaga Disco Pax ha iniziato a collaborare continuativamente con Jukka Reverberi dei Giardini di Mirò nel duo “Spartiti”, di cui è uscito un album nel 2016 (Austerità – Woodworm label) e un Ep nel 2017 (Servizio d’ordine, sempre su Woodworm). Tra le sue collaborazioni come ospite sia dal vivo che su disco trovate anche la band bolognese “Lo Stato Sociale”. Ha partecipato in questi anni, sempre come ospite, a diversi concerti del tour per i trent’anni di Ortodossia dei Cccp con Massimo Zamboni e ai concerti dedicati ai 25 anni di “Epica Etica Etnica Pathos” dei post-CSI ed è stato uno dei protagonisti dello spettacolo teatrale/musicale “I SOVIET + L’ELETTRICITA’”, dedicato ai cento anni della Rivoluzione d’Ottobre, spettacolo scritto da Massimo Zamboni dei Cccp/CSI. Tra il 2019 e il 2022 (quando possibile, vista la pandemia) Max è stato in tour con un nuovo spettacolo intitolato “Hai paura dell’indie?”, dove ha reinterpretato alla sua maniera la nuova scena della canzone italiana dell’ultimo decennio: da Coez a i Cani, da Lo Stato Sociale a Calcutta, dai Coma_cose ai Pinguini Tattici Nucleari. Una specie di stand-up comedy grazie alla quale è stato ospite in diverse occasioni a “Propaganda live” su La7. Il tour “Hai paura dell’indie” si è chiuso il 21 Gennaio 2023 al Teatro Cavallerizza di Reggio Emilia con una serata speciale – andata immediatamente sold out – piena di ospiti, parole e musica: Lodo Guenzi, Guido Catalano, Whitemary, Jukka Reverberi (Giardini di Mirò) e Daniele Carretti (Offlaga Disco Pax). Collini da anni sta pensando di scrivere un romanzo, ma ancora non se ne è saputo niente.
con Offlaga Disco Pax:
album:
“Socialismo Tascabile (prove tecniche di trasmissione)”
(Santeria/Audioglobe – 2005; cd – 2LP vinile)
“Bachelite” (Santeria/Audioglobe – 2008; cd – 2LP vinile)
“Gioco di Società” (Santeria/Audioglobe – 2012; cd – LP vinile)
Ep:
“Onomastica” (Santeria/Audioglobe – 2009, 12″ vinile trasparente)
“Prototipo” (autoprodotto – 2010, cd)
con Spartiti (w/ Jukka Reverberi)
album: “Austerità” (Woodworm label – 2016; cd/libro – 2LP vinile)
EP: “Servizio d’ordine” (Woodworm label – 2017; cd)
Sitografia
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