Comunicare il Sindacato: corteo o flashmob? La ricetta è il mix dei media

Le rappresentanze sindacali vivono solo se comunicano

Si può fare qualche attività sindacale senza comunicare? No. Ogni aspetto del fare sindacato implica comunicazione. Non esiste attività sindacale che si può svolgere senza comunicare.

Rappresentare è comunicare. Con i lavoratori e pensionati, iscritti e non, per raccoglierne e comprenderne le esigenze, valutare quali sono risolvibili con le norme contrattuali e di legge vigenti, informarne gli interessati, assisterli nelle procedure, verificare che l’esito sia conforme alle aspettative. E quando i loro bisogni e interessi non trovano risposte adeguate nelle norme vigenti, organizzare momenti di confronto per elaborane una sintesi che possa risolverli, costruire il consenso più ampio possibile attorno alla proposta di soluzione, portarla nelle sedi contrattuali.

Contrattare è comunicare. E nelle fasi contrattuali la comunicazione raddoppia: verso le controparti per giungere ad un accordo che dia soddisfazione alle aspettative della nostra rappresentanza, verso i rappresentati per informarli del processo in atto, verificarne il consenso, chiedere di renderlo palese con manifestazioni e azioni di lotta.

Far rispettare gli accordi è comunicare. Quando si firma un accordo non finisce lì. Oggi gran parte della contrattazione non ha come esito un aumento retributivo che si diffonde automaticamente in tutte le buste paga. Può valere per certi settori della pubblica amministrazione, di certo non per le aziende private, tanto più se piccole e medie, come sono la maggior parte delle imprese del nostro paese. Inoltre gli ambiti coperti dalla contrattazione sono divenuti più ampli e complessi. Basta pensare a quanta parte della contrattazione di secondo livello, aziendale e territoriale, riguarda aspetti di welfare. Si è fatta sempre più forte l’esigenza di informare dei nuovi diritti esistenti e delle possibilità che derivano. Ma senza dimenticare il vecchio controllo della busta paga. La verifica del corretto pagamento della retribuzione e versamento dei contributi resta ancora importantissima per correggere errori e impedire abusi e truffe. Tutte attività che hanno una forte valenza sociale. Sono indispensabili per tutelare i più deboli, materialmente e culturalmente. Chi ha strumenti e mezzi può cercare di districarsi da sé nelle norme, anche se non di rado rischia di sopravvalutare la propria competenza. Ma molte persone si trovano intimorite di fronte ad un modulo cartaceo e ancor di più di fronte ad una schermata che lascia il dubbio di cosa c’è sopra o sotto.

E come si svolge questa enorme e continua attività di comunicazione? In tutti i modi, antichi e nuovi, diretti e mediati. Senza trascurarne nessuno.

C’è chi ha detto che il sindacato è una organizzazione per la produzione di riunioni per mezzo di riunioni. È un paradosso che ha del vero. Incontrarsi, scambiare informazioni, opinioni, discutere, anche litigare e poi mettersi d’accordo. Tutto questo si svolge e si compie alla massima potenza incontrandosi faccia a faccia, guardandosi negli occhi, in una comunicazione che coinvolge e combina parole, voce, sguardi, gesti, posture ecc. Insomma tutto quello che gli esperti raccolgono nell’insieme di “comunicazione verbale, paraverbale e non verbale”. La comunicazione faccia a faccia resta la forma più ricca e potente, ma anche la più costosa. Richiede tempo, impegno, organizzazione, luoghi adeguati. Da millenni l’umanità ha cercato e trovato forme integrative e alternative. Una ricerca che negli ultimi decenni ha prodotto innovazioni cosi rapide e radicale da lascare sbalorditi e un po’ intontiti i più adulti fra noi.

Per il sindacato, che vive solo se comunica, è necessario utilizzare tutti i mezzi esistenti senza trascurarne nessuno. Media vecchi e nuovi, fino agli ultimi nati. Un utilizzo intelligente, che combini in modo coerente il mezzo e la sua modalità di utilizzo con i contenuti del messaggio, i suoi obiettivi e i destinatari, da selezionare e articolare in modo accurato.

Si è conclusa da poco l’ultima edizione del festival di Sanremo. Anni fa sembrava destinato ad un inarrestabile declino. Negli ultimi anni è tornato a sorprendenti livelli di successo. Merito dei contenuti dello spettacolo abilmente costruito e condotto da Amadeus? Certamente. Ma portare le persone a cliccare con il telecomando su Rai 1 è l’esito di una efficace campagna comunicativa che ha saputo combinare media vecchi e nuovi, con contenuti appropriati per ciascuno, scadenzati in modo da creare una crescente attenzione verso le cinque serate. E non finisce lì.

Cosa insegna al sindacato? Combinare i media. La visibilità che per decenni si è conquistata marciando in corteo nelle strade e concludendo con un comizio in piazza deve trovare altri canali. Non è detto che il corteo non si debba più fare. È però un evento eccezionale. Oggi vale di più un flash mob di pochi minuti che si diffonde attraverso i social. Con una avvertenza. Come una canzone di tre minuti ha alle spalle mesi di lavoro di moltissime persone la visibilità di una mobilitazione richiede cura, attenzione, professionalità.

Il sindacato confederale che da decenni è accusato di essere in declino, che “non è più quello di una volta”, è ancora una organizzazione viva e vitale. Sicuramente una delle organizzazioni più estese e radicate nel nostro paese. Certo nei sondaggi sulla fiducia dei cittadini vediamo nelle prime posizioni i carabinieri e la magistratura, mentre partiti e sindacati sono in fondo alla classifica. Ma i comportamenti concreti delle persone in questo caso non corrispondono alle dichiarazioni. Milioni di persone, senza costrizioni di sorta, e anzi in alcuni casi a rischio di essere malvisti dai loro datori di lavoro, continuano ad iscriversi. E a partecipare alla vita sindacale. Alle elezioni per le RSU, nelle aziende dove il sindacato riesce a presentare liste, partecipano al voto l’ottanta o anche il novanta per cento dei dipendenti. Più del doppio di quanti abbiano votato alle recenti regionali. È un fatto che meriterebbe una riflessione.

Luigi Lama, dirigente Cisl, è autore del libro “Chi fa sindacato comunica. Suscitare interesse, persuasione e fiducia nell’era della social reputation”, Edizioni Lavoro Roma

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