Comitato l’Infanzia non si appalta, Tar boccia il ricorso

Firenze – Il Tar toscano boccia il ricorso intentato dai genitori del Comitato L’infanzia non si appalta, contro l’esternalizzazione di parte dei servizi delle scuole materne comunali, ma non smorza le polemiche.

Di fatto con la sentenza si nega una delle posizioni fondamentali tenute dal comitato genitori, ovvero che di fatto la scuola pubblica stia subendo un vero e proprio processo di privatizzazione.  L’assunto non corrisponderebbe al vero in quanto, secondo i giudici, non è vero che il tempo scuola sia dimezzato, in quanto i lavoratori delle cooperative avrebbero la stessa qualifica di quelli del Comune. Una posizione su cui  l’Usb nutre svariate riserve, in quanto, secondo il sindacato di base, non sarebbe stato tenuto nel debito conto il fatto che i  lavoratori delle cooperative hanno “stipendi, diritti e contratti diversi”. Come, sempre secondo l’Usb, non sarebbero stati valutati altri elementi presentati dal comitato dei genitori al giudizio del Tar, dal mancato concorso pubblico da parte del personale di cooperativa, alla mancata collegialità (dal momento che le maestre di cooperativa partecipano ai collegi ma non hanno diritto di voto), al mancato passaggio in Consiglio Comunale della decisione di appaltare il servizio.

“Tutte problematiche che il giudice non ha considerato, anzi, ha giustificato – si legge nella nota diffusa dall’Usb – per il Tar la scuola resta pubblica, anche se – di fatto – pubblica non è più, anche se esistono disparità di trattamento tra lavoratori ed una parte di questi è precaria e sfruttata”. Inoltre, risulta anche un addebito molto pesante, sia per “le tasche” che per la determinazione dei genitori del comitato: diecimila euro di spese legali comminate ai genitori che hanno fatto ricorso, decidendo di sottoporre ai giudici le loro perplessità circa il cambiamento di un’eccellenza comunale come l’educazione dell’infanzia.

“È raro che gli utenti si accorgano che un servizio – pubblico o privato – sia in appalto: bibliotecari, archivisti, sorveglianti, addetti alle pulizie o scaffalisti di una grande catena di supermercati per la maggior parte della gente sono tutti uguali – continua l’Usb – In pochi sanno che molte di queste professioni sono state esternalizzate, che quando si va in una biblioteca, in un supermercato, in un museo parte dei lavoratori sono precari, o più precari di altri, meno pagati, con meno diritti”.

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