Dunque l’Italia (calcistica?) è un Paese razzista. Ed è per questo che Kevin Prince Boateng, uno dei giocatori più sopravvalutati degli ultimi anni, se ne è andato dal Milan per abbracciare il progetto (si dice così, quando si cambia squadra) dei tedeschi dello Schalke 04. Va detto che a svelare il retroscena non è stato il giocatore tedesco (naturalizzato ghanese), ma il direttore finanziario dello Schalke, Peter Peters (chi?). In assenza di smentita del diretto interessato, procediamo comunque e ci atteniamo alle dichiarazioni raccolte dal Corriere dello Sport: via dall’Italia “a causa dei numerosi episodi di razzismo avvenuti durante la sua permanenza in Italia”.
Ora, un’accusa del genere, vista la gravità, va circostanziata. A quali episodi si riferisce Boateng? La famosa amichevole con la Pro Patria in cui ha lasciato il campo (solo perché era un’amichevole, parliamoci chiaro) in risposta ai soliti “buuu” dei soliti idioti? Non basta. E se il problema sono i “buuu” che tutte le domeniche è stato costretto a sorbirsi dai tifosi avversari (lui come tutti i giocatori di colore), beh, cancelliamo subito la parola razzismo. Lo stadio, si sa è territorio franco (se dai un cazzotto a uno per strada vai in galera, se lo fai sugli spalti al massimo ti inibiscono l’accesso), territorio fertile per gli idioti che trovano “coraggio” nella massa: i “buuu” sono ignoranza, maleducazione, la stessa che trovi in miniatura quando sei in fila e ti passano davanti o quando provi ad attraversare sulle strisce pedonali. Per inciso, gli idioti da stadio si sono evoluti: una volta ululavano e mostravano banane ai giocatori di colore, ora l’ “uh-uh-uh” si è trasformato in “buu”, senza banane. Un deciso passo avanti.
Ma santo cielo, non è razzismo, è un modo becero per far innervosire gli avversari. Sei di colore, ti fanno “buuu”. Fossi brizzolato ti darebbero del vecchio di m..da. Ai tempi del Mirabello ai calciatori calvi si cantava “il pelato dev’essere bruciato”; e se un avversario rimaneva a terra era obbligatorio il “devi morire”. Oggi il “buu” è accompagnato da cori ben più gravi, in cui si augura la morte (“Se saltelli muore Balotelli”), si inneggia alle tragedie di Superga o dell’Heysel, si definisce Napoli “vergogna dell’Italia intera”, si oltraggia Romagna Mia (“Vorrei ca..re in quella m..da che chiami mare”), si rende onore alla “tigre” Arkan senza nemmeno sapere chi sia, si fischia l’Inno della Nazionale avversaria (è accaduto a Palermo qualche giorno fa, prima di Italia-Bulgaria) senza nemmeno sapere perché.
Lasci stare i “buuu”, Boateng, e ci dica quali sono gli episodi che l’hanno convinto a lasciare l’Italia, noto Paese razzista in cui abbiamo smesso di parlare dialetto per farci capire da tutti. Si tenga pure Melissa Satta e magari faccia il gesto sdegnoso di restituire quei 5-6 milioni incassati in tre campionati dal Milan. Tra l’altro il suo ex datore di lavoro, tale Silvio Berlusconi, in questo momento ne avrebbe bisogno per regolare alcune parcelle legali. Sarebbe un bel gesto.
Alex Bartoli