Firenze – La ripresa dell’industria, un vero e proprio balzo a sorpresa, non si “espande” sui campi. Il boom dei dati che secondo l’Istat danno un +1,7% della produzione industriale 2016 rispetto a luglio e addirittura del +4,1% sull’agosto 2015, rappresenta il maggior scatto degli ultimi cinque anni. Ma a raffreddare l’entusiasmo interviene la rilevazione del Centro studi di Confindustria, che segnala che a settembre la produzione sarebbe calata dell’1,8% rispetto ad agosto.
Comunque sia, nei campi si suona tutt’altra musica. Profonda deflazione con quotazioni in calo del 9% a settembre rispetto allo stesso periodo della scorso anno, è il quadro che emerge da una analisi della Coldiretti relativa ai dati Istat della produzione industriale sulla base della rilevazione dei prezzi agricoli dell’Ismea. Prezzi che mostrano cali che vanno dal 28% per l’olio extra vergine d’oliva al 19% per i cereali fino al 9% per latte e formaggi molli, semiduri e fusi.
Nelle imprese agricole la deflazione ha effetti devastanti, “con quotazioni sono al di sotto dei costi di produzione in numerosi settori, dal grano al latte, che subiscono la pressione delle distorsioni di filiera e dal flusso delle importazioni selvagge che fanno concorrenza sleale alla produzione nazionale perché vengono spacciati come Made in Italy per la mancanza di indicazione chiara sull’origine in etichetta”, spiega la Coldiretti, che si augura che il risultato a sorpresa della produzione industriale possa riflettersi sulle imprese agricole. “A rischio – conclude la Coldiretti – è il futuro di prodotti simbolo del Made in Italy, ma anche un sistema produttivo sostenibile che garantisce reddito e lavoro a centinaia di migliaia di famiglie e difende il territorio nazionale dal degrado e dalla desertificazione”.