Batterio killer: scacco matto agli antibiotici

Gli effetti dell’abuso di farmaci per uso umano e veterinario batteri sempre più forti

Massimiliano Manzotti*

In questi giorni le prime pagine dei giornali sono nuovamente occupate da notizie allarmanti per la salute. Oggi è un germe il responsabile delle nostre ansie. I germi o batteri, genericamente detti microbi, sono organismi costituiti da una cellula completa e vivono e si riproducono anche al di fuori degli altri esseri viventi. Non vanno confusi con i virus che non hanno parete cellulare e perciò sopravvivono solo all’interno delle cellule ospiti e, a differenza dei primi, non sono sensibili agli antibiotici. L’Escherichia coli, è un microrganismo a forma di bastoncello, gram-negativo (caratteristica legata alla colorazione per l’identificazione al microscopio), aerobio e anaerobio facoltativo (cioè può sopravvivere sia in aria che in mancanza di ossigeno), è stato isolato per la prima volta dal pediatra e batteriologo bavarese Theodor Escherich (1857 – 1911).

Theodor Escherich

E’ la specie più nota del genere Escherichia: al suo interno si distinguono almeno 171 varianti. È uno dei principali germi che vivono normalmente nella parte inferiore dell’intestino di animali a sangue caldo (uccelli e mammiferi uomo incluso) e che sono necessari per la digestione corretta del cibo. E’ il principale indicatore di contaminazione fecale dell’ambiente, soprattutto delle acque, insieme con gli altri enterococchi normali ospiti intestinali. Il numero di cellule di E. coli nelle feci che un uomo espelle in un giorno può superare abbondantemente i 100 miliardi. Anche se rappresenta un comune abitante dell’intestino e ha un ruolo fondamentale nel processo digestivo, ci sono situazioni in cui E. coli può provocare malattie nell’uomo e negli animali. Alcuni ceppi possono causare gravi infezioni del tratto urinario, meningiti, peritoniti, setticemie e polmoniti. Ad esempio il tipo enteroemorragico è uno dei principali responsabili di malattia nei paesi industrializzati. Si calcola che questi batteri causino un numero elevatissimo di infezioni e molti morti ogni anno negli USA. L’ingestione di meno di 100 bacilli può causare la malattia; questa è stata associata al consumo di carne di manzo non ben cotta, di latte non pastorizzato o formaggi da questo derivati, di succhi di frutta contaminati, (ad esempio, da feci bovine) e di verdura cruda e che può provocare una grave infezione che coinvolge il sangue con l’emolisi (rottura) dei globuli rossi, insufficienza renale e il sistema nevoso. Il tutto attraverso la produzione di una tossina (un veleno per gli organi bersaglio colpiti); il germe pertanto non è “tossico” come spesso si legge, ma produttore di tossine. Non è una novità neppure lo sviluppo di una variante del microbo mai isolata prima. Frequentemente i batteri, in competizione con l’ambiente che li circonda, e in particolare con i “nemici storici” gli antibiotici, contro i quali hanno intrapreso una sfida senza esclusione di colpi, li vede vincitori nel parare gli attacchi predisposti dalla ricerca scientifica. Si creano le “resistenze” cioè si selezionano sottotipi sui quali il farmaco non funziona più, così la malattia procede. Il fattore principale che favorisce questo fenomeno è l’utilizzo indiscriminato degli antibiotici sia per uso umano che veterinario. Troppo spesso le terapie sono mal condotte: periodi brevi di trattamento, dosaggi non adeguati, indicazioni errate (esempio l’uso nelle forme virali). In veterinaria l’esasperazione nella conduzione degli allevamenti vede abusare del loro utilizzo creando uno squilibrio tra flora “buona” e ceppi pericolosi.

Da tutto questo si possono comunque trarre insegnamenti e mettere in atto elementi di prevenzione. Primo in assoluto è indispensabile un corretto comportamento igienico nelle nostre case: lavarsi bene le mani tutte le volte che ci si accinge a cucinare, sia prima ma anche durante, specie dopo aver toccato uova e carni; lavare accuratamente frutta e verdura, utilizzando eventualmente soluzioni a base di bicarbonato o di blandi disinfettanti per uso alimentare. Nella scelta dei cibi è bene preferire i prodotti locali e di stagione: oggi è sempre più facile rifornirsi da produttori “a chilometro zero” cioè aziende agricole proprie del nostro territorio. Inoltre è fondamentale un uso razionale dei farmaci soprattutto per quanto riguarda gli antibiotici troppo spesso “abusati” e non correttamente somministrati o erroneamente assunti. Il messaggio sia ben chiaro vale per tutte le medicine: troppe volte si usa un antinfiammatorio per un banale mal di testa e addirittura per la tosse o ancora per tutti i ritrovati per il banale raffreddore che come noto: se curato dura sette giorni se non curato dura una settimana .

*Responsabile dell’Unità Operativa di Pneumologia dell’Ospedale “C. Magati” di Scandiano e medico dell’Ac Reggiana Calcio

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