Alcuni funzionari della prefettura di Modena sono indagati nell’ambito dell’inchiesta Aemilia. Sull’operazione gli inquirenti – i pm Marco Mescolini, Enrico Cieri e Beatrice Ronchi – continuano a mantenere il massimo riserbo, ma i provvedimenti sono arrivati appena tre giorni dopo il blitz che ha messo a soqquadro gli uffici di viale Martiri, sede della Prefettura. Qui sono stati ascoltati alcuni addetti al servizio di iscrizione alla white list, prima che lo stesso prefetto Michele Di Bari si recasse in procura a Bologna per essere ascoltato dai pm antimafia come persona informata sui fatti.
Tra gli indagati – si parla di almeno otto persone – ci sarebbero anche alcuni imprenditori che hanno incrociato le loro sorti con la white list: persone che si erano viste escluse e che hanno cercato un nuovo accreditamento. C’è chi ha scelto la strada istituzionale, chiedendo di essere ascoltato dal prefetto ed eventualmente presentando delle memorie difensive. In certi casi chi si è visto riconfermare l’esclusione ha intrapreso anche la strada dei tribunali amministrativi.
Ma secondo gli inquirenti, ci sarebbero imprese che hanno effettuato pressioni per ottenere il certificato in questione e poter così lavorare nei milionari cantieri della ricostruzione post-sisma. E sono loro quelli su cui i magistrati hanno fissato l’obiettivo.
Che tipo di pressioni hanno portato? Lecite oppure si può riscontrare l’accusa di corruzione da un lato e abuso d’ufficio dall’altro? E’ quello che gli inquirenti cercheranno di capire nel proseguo dell’azione penale.