Firenze – Alle mafie la Toscana piace. Ne è riprova, a distanza di una settimana da un’altra brillante operazione della DIA, il sequestro preventivo effettuato ieri, da parte della Dia insieme alla squadra mobile della polizia di stato di Firenze, che ha visto protagonisti due imprenditori agricoli, di origini calabresi ma da anni stabiliti nella nostra regione, cui è stato posto sotto sequestro un terreno di circa 335 ettari, più vari stabili rurali, per un valore di circa 5 milioni di euro, il tutto situato a Chiusdino, nel cuore della Toscana. Sulla vicenda sono intervenuti il pesidente della Fondazione Caponnetto e il vice presidente, rispettivamente Salvtore Calleri e Renato Scalia, che hanno sottolineato alcuni dati inquietanti: intanto, la cosca calabrese dei ‘Grandi Aracri’ (verso cui, secondo l’accusa, si sarebbero messi a disposizione i due fratelli), “sarebbe presente dal 2007 a Chiusdino in provincia di Siena” e poi che l’agricoltura, uno dei fiori all’occhiello del tessuto economico toscano, “piace alla ‘ndrangheta”. “Il danno che i clan possono apportare alla nostra ricca regione – avevano concluso Calleri e Scalia – è altissimo e pertanto non possiamo che rilanciare l’allarme: “occhio Toscana! corri il rischio di essere divorata dalla mafia”.
Del resto, l’allarme della presenza stabile delle cosche e in particolare della ‘ndrangheta, era stato lanciato dal procuratore generale Marcello Viola nella giornata di apertura dell’anno giudiziario la settimana scorsa. Abbiamo raggiunto il presidente della Fondazione Caponnetto, Salvatore Calleri, per porgli alcune domande.