Mafie, Calleri: “La Toscana rischia di essere divorata”

Firenze – Alle mafie la Toscana piace. Ne è riprova, a distanza di una settimana da un’altra brillante operazione della DIA, il sequestro preventivo effettuato ieri, da parte della Dia insieme alla squadra mobile della polizia di stato di Firenze, che ha visto protagonisti due imprenditori agricoli, di origini calabresi ma da anni stabiliti nella nostra regione, cui è stato posto sotto sequestro un terreno di circa 335 ettari, più vari stabili rurali, per un valore di circa 5 milioni di euro, il tutto situato a Chiusdino, nel cuore della Toscana. Sulla vicenda sono intervenuti il pesidente della Fondazione Caponnetto e il vice presidente, rispettivamente Salvtore Calleri e Renato Scalia, che hanno sottolineato alcuni dati inquietanti: intanto, la cosca calabrese dei ‘Grandi Aracri’ (verso cui, secondo l’accusa, si sarebbero messi a disposizione i due fratelli), “sarebbe presente dal 2007 a Chiusdino in provincia di Siena” e poi che l’agricoltura, uno dei fiori all’occhiello del tessuto economico toscano,  “piace alla ‘ndrangheta”. “Il danno che i clan possono apportare alla nostra ricca regione – avevano concluso Calleri e Scalia – è altissimo e pertanto non possiamo che rilanciare l’allarme: “occhio Toscana! corri il rischio di essere divorata dalla mafia”.

Del resto, l’allarme della presenza stabile delle cosche e in particolare della ‘ndrangheta, era stato lanciato dal procuratore generale Marcello Viola nella giornata di apertura dell’anno giudiziario la settimana scorsa. Abbiamo raggiunto il presidente della Fondazione Caponnetto, Salvatore Calleri, per porgli alcune domande.

L’inizio dell’anno giudiziario ha coinciso, almeno in parte, a Firenze, con un’affermazione molto pesante del procuratore generale Viola, che sembra confermare il sospetto che le mafie siano ormai attestate sul territorio. Dato che voi avevate già evidenziato nel report 2020-21. Cosa ne pensa, qual è la situazione attuale secondo il vostro osservatorio?
“Le analisi che la Fondazione Caponnetto fa da anni coincidono quest’anno con quanto detto dal Procuratore Generale Marcello Viola che è uno che di mafia ci capisce e pure molto. La situazione è assolutamente da non sottovalutare e la classe socio-politica- industriale deve dimostrarsi all’altezza di affrontare la sfida”.
Sembra ormai un elemento appurato che l’attenzione mafiosa e la sua entrata nel tessuto socio-economico della regione si sia spostata dalla politica (dove pure permane) al mondo dei grandi burocrati e della dirigenza, pubblica e privata. A suo parere è un’analisi corretta? Significa che la politica conta meno o che ormai è del tutto colonizzata?
“Domanda interessante. Occorre fare una piccola riflessione ossia che la mafia incide su tutti i soggetti, pubblici e privati, burocrati e politici senza distinzione. La colonizzazione ha oggi portato all’essere divorati e dobbiamo prestare la massima attenzione alla nostra economia in difficoltà ed all’arrivo dei fondi del Pnrr”.
 Quali sono i segnali  più significativi della presenza consolidata sul territorio toscano delle cosche?
“I segnali sono molteplici e le numerose operazioni di polizia fatte e una DDA sempre più attenta, ci dimostrano che la presenza mafiosa da sporadica quale era è diventata una costante. La Toscana è una terra ricca ed alla mafia le terre ricche piacciono, per riciclare ma non solo”.
 Qual è, secondo i vostri rapporti, la colonizzazione mafiosa prevalente in Toscana?  E che ruolo giocano le mafie straniere?
“In Toscana sono presenti i clan siciliani, calabresi, laziali, pugliesi e campani. Con il magistrato Cesare Sirignano abbiamo poi poi più volte trattato il tema delle organizzazioni criminali straniere tra cui spiccano i clan nigeriani, cinesi ed albanesi.  In conclusione è necessario e urgente che la Toscana batta un colpo per non trovarsi impreparata a combattere le mafie”.
Foto di archivio: il magistrato Sirignano con il presidente della Fondazione Caponnetto nel corso di una conferenza stampa
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