Firenze – Cina all’assalto dell’Italia: ultimo “pezzo” pregiato del made in Italy passato sotto le mani del Dragone, la De Tomaso di Torino, comprata all’asta dalla società cinese Ideal per 1 milione e 50 mila euro
Parte importante dello shopping italiano della Repubblica Popolare Cinese avviene proprio in Toscana e riguarda i “brand” alimentari. L’ultimo colpo, come ricorda la Coldiretti nazionale, risale al 2014 quando avvenne la vendita della maggioranza del Gruppo oleario toscano Salov, proprietario dei marchi Sagra e Filippo Berio, al Gruppo cinese Yimin, una sussidiaria del Gruppo Bright Food. C’era anche stato un precedente importante nel 2013, quando si verificò per la prima volta l’acquisto da parte di un imprenditore cinese della farmaceutica di Hong Kong di un’azienda vitivinicola agricola nel Chianti, terra simbolo della Toscana per la produzione di vino: l’azienda agricola Casanova – La Ripintura, a Greve in Chianti, nel cuore della Docg del Gallo Nero.
Del resto, la penetrazione di capitali cinesi negli asset strategici per la competitività del made in Italy conosce una vera e propria escalation negli ultimi tempi. Poco più di un mese fa è avvenuto l’ingresso di ChemChina nel capitale di Pirelli, mentre tuttora una cordata cinese guidata da Richard Lee è concorrente del thailandese Bee Taechaubol nel tentativo di acquisizione del Milan.
Ma sono i marchi di lusso ad attrarre il Dragone: dal gruppo nautico Ferretti, controllato da Shig-Weichai, fino a Roberta di Camerino, Miss Sixty e Krizia che è passata sotto il controllo della cinese Shenzhen Marisfrolg Fashion Co Ltd all’inizio del 2014. Negli anni precedente la Cina aveva messo le mani sulla moda da uomo firmata Cerruti, sui prodotti in pelle di Desmo, sulle motociclette Benelli mentre di recente la Cina è entrata in possesso del 2 per cento del capitale di Telecom, Fiat-Chrysler, Eni, Enel, e di una piccola fetta di Prysmian, la ex Pirelli Cavi.
Inoltre sono cinesi il 35% di Cdp Reti, che controlla Snam e Terna, e il 40% di Ansaldo Energia. “Siamo di fronte ad una escalation negli anni della crisi che purtroppo – ricorda la Coldiretti – non è accompagnato da un analogo dinamismo italiano sui mercati esteri con il rischio concreto della perdita di asset strategici per la competitività del made in Italy”.