Firenze – Beatles, il maggio francese, Che Guevara, la Luna, i Pink Floyd, Luther King, Aspettando Godot, la primavera di Praga, Woodstock: tra gli eventi storici e ormai mitici degli anni ’60 la guerra in Vietnam ha un rilievo particolare perché ha attraversato l’intero decennio come un fil rouge dei fermenti culturali e del cambio d’epoca.
E uno degli episodi chiave del Vietnam fu l’incontro tra Giorgio La Pira e Ho Chi Minh, avvenuto proprio 50 anni fa, che avrebbe potuto far la guerra con otto anni di anticipo, risparmiando un gran numero di vite umane e devastazioni.
Mario Primicerio, che accompagnò La Pira in quel viaggio ricostruisce in un recente libro intitolato appunto Con La Pira in Vietnam, gli aspetti significativi della missione di pace, gli esiti successivi e i retroscena che determinarono il fallimento della trattativa. Il libro è reso più avvincente dalla possibilità di assistere “dall’interno” a quell’ evento lo fa con una narrazione agile, un gusto dei particolari che crea un effetto hic et nunc.
Quel viaggio ad Hanoi ebbe una notevole importanza politica colpì anche fortemente l’immaginario collettivo perché era una diplomazia,quella di La Pira, che si contrapponeva al consueto machiavellismo delle cancellerie per assumere connotati idealistici poggianti sui valori e sull’ottimismo della volontà ma, al tempo stesso, sapeva compiere mosse strategiche e tattiche di grande incisività.
Pertanto questa missione di pace del 1966 è divenuta un’icona degli anni ’60 non a caso definiti “fantastici”, densi di avvenimenti contraddittori come avviene sempre nei mutamenti epocali. Erano gli anni dei Kennedy, della distensione (ma anche del rischio di conflitto nucleare nella crisi di Cuba), di Che Guevara, delle dittature latino-americane e delle lotte di liberazione, della decolonizzazione ma anche dell’apartheid, della contestazione studentesca e della primavera di Praga.
Un crogiolo di fermenti nuovi, di movimenti culturali, di tensioni ideali, che ebbero nell’opposizione alla guerra del Vietnam un costante punto di riferimento, sia per la natura devastante di un conflitto combattuto con le nuove tecnologie ma anche con un inusitato impatto mediatico, sia per i risvolti che, segnavano emblematicamente la contrapposizione tra Occidente e Paesi emergenti.
Abbiamo rivolto a Mario Primicerio alcune domande: una sorta di trailer di “Con La Pira in Vietnam”, un libro che offre un contributo assai importante per la rilettura di quella stagione
Lei accompagnò La Pira in questo che è divenuto leggendario… fu avventuroso anche nelle modalità con cui si svolse?
Il viaggio ebbe certamente qualche momento “avventuroso”, come quando il tragitto da Mosca a Pechino fu interrotto da una sosta a Irkutsk, in Siberia, a causa di una tempesta sulla Mongolia o quando vedemmo -nel tratto tra Pechino e Hanoi- i caccia cinesi che, vicino alla frontiera vietnamita, cominciarono a scortare il nostro piccolo bimotore
Quando a Varsavia doveste attendere il visto, qual era l’atteggiamento di La Pira?
L’atteggiamento del Professore era sempre fiducioso; mostrava la libertà di chi non ha chiesto nulla e non vuole nulla per se’ ma mette la sua persona e la sua rete di relazioni al servizio di una causa di giustizia e di pace
Quale accoglienza riceveste ad Hanoi ?
Per la verità l’accoglienza iniziale fu molto amichevole e piena di rispetto e di gratitudine, ma anche curiosa e desiderosa di capire meglio le posizioni e le intenzioni di La Pira prima di organizzare l’incontro con il Presidente Ho Chi Minh e il Primo Ministro Pham Van Dong. Infatti avemmo una serie di incontri “preparatori” a livello sempre più alto che convinsero i responsabili che il viaggio non aveva altro scopo che quello di trovare una via di uscita non militare al conflitto in atto e che questa ricerca era basata su una accurata preparazione e una documentata riflessione sulle reali possibilità di intervenire
Quale ricordo dell’incontro con un personaggio mitico come Ho Chi Minh?
L’incontro con Ho Chi Minh fu di una intensità incredibile: oltre due ore di colloquio che passarono in un attimo. Nel libro ne faccio un resoconto dettagliato, trascrivendo quello che scrissi subito dopo. In effetti ho deciso di riportare alla lettera quello che ogni giorno annotavo, sia pure in modo sommario, sugli avvenimenti e sugli incontri. Tornando all’incontro tra Ho Chi MInh e La Pira si trattò senza dubbio dell’incontro tra due grandi personalità capaci di guardare agli avvenimenti con uno sgardo di prospettiva che, senza trascurare la concretezza del presente, li inquadrava in una visione più ampia e a lunga portata.
Qui La Pira espose il suo piano di pace. Come fu accolto?
La Pira citò l’ “interdictum uti” del diritto romano mediante il quale il pretore romano, ancor prima di entrare nella materia di una contesa, ordinava di cessare ogni ostilità tra due parti in lite; e lo tradusse nella formula del “ritorno a Ginevra” cioè dell’accettazione di principi sanciti dagli accordi della conferenza di Ginevra del 1954 che aveva messo fine alla guerra tra i colonialisti francesi e i Vietnamiti del Vietminh; e questi principi erano quelli dell’unità territoriale del Viet Nam, della sua indipendenza e sovranità, dell’assenza di basi militari ed armamenti stranieri. Ma, quanto ai tempi, proponeva che la partenza delle truppe straniere (gli Stati Uniti avevano in quel periodo in Viet Nam un corpo di spedizione di circa 200mila uomini) non fosse considerata una pregiudiziale all’inizio delle trattative, ma fosse tenuta presente come un traguardo da raggiungere come conclusione della trattativa stessa. L’accettazione di questo approccio da parte dei vertici vietnamiti fu il risultato fondamentale el colloquio. Ma la condizione perché il progetto andasse a buon fine era che questa posizione fosse comunicata in modo riservato ed informale al governo USA, perché altrimenti i Vietnamiti si sarebbero trovati, al tavolo negoziale, nella condizione di inferiorità di quelli che hanno chiesto un armistizio.
Lei poi andò a New York per illustrare a Fanfani, che era presidente dell’assemblea dell’Onu, i risultati del colloquio. Quale fu la reazione di Fanfani?
I vertici vietnamiti sapevano bene dell’amicizia di La Pira per Fanfani e concordarono sul fatto che fosse il presidente dell’assemblea dell’ONU a comunicare a Washington i risultati del colloquio. Fanfani, che certamente era informato dell’iniziativa di La Pira, si rese subito conto dell’importanza dei risultati e si impegnò a fondo perché le aperture riscontrate fossero opportunamente sfruttate.
Il Vietnam aveva fatto un passo avanti rinunciando alla pregiudiziale del ritiro delle truppe americane. Perché allora la proposta di La Pira non ebbe successo?
Nel governo americano coesistevano diversi atteggiamenti che schematicamente possiamo ricondurre a quelli delle “colombe” che premevano per una rapida fine delle ostilita’ e per una soluzione negoziata e i “falchi” che ritenevano imprescindibile (e anche conseguibile a patto di uno sforzo militare adeguato) la vittoria militare che assicurasse una divisione permanente del Viet Nam in due parti di cui l’una, quella meridionale, rimanesse un fedele alleato degli USA ed una barrera contro l’estendersi del comunismo. Questi ultimi prevalsero sui primi e fecero in modo da rifiutare la prospettiva di soluzione politica, cercando di evitare di farlo apertamente; cosi’ ricorsero all’espediente della “fuga di notizie” che, rendendo pubblici i termini della questione, di fatto resero impercorribile la strada indicata.