Il Bolèro di Ravel, metafora del rapporto fra ricerca e arte

Firenze – Chissà che cosa avrebbero detto Benjamin Britten o Leonard Berstein se si fossero trovati al Teatro dell’Opera di Firenze la sera del 30 settembre per assistere allo spettacolo “La notte del Boléro. La scienza svela Ravel”.

Immaginiamo per un attimo che i due grandi pedagoghi della musica fossero stati lì in prima fila, di passaggio per Firenze proprio in occasione della Notte dei Ricercatori, la manifestazione europea  che avvicina i cittadini ai laboratori dove si progetta il futuro, e si fossero scambiati qualche opinione. Prima di tutto si sarebbero meravigliati a vedere un teatro stracolmo in ogni ordine di posti per uno spettacolo inconsueto sulle scene fiorentine.

Britten (The young person’s guide to the orchestra) ha composto un pezzo che accompagna i ragazzi alla conoscenza dei singoli strumenti, per poi mostrarli in armoniosa e melodiosa concertazione. Nei suoi concerti per i giovani con la Filarmonica di New York, Bernstein  (Young people’s concerts) vi ha aggiunto l’analisi storico e psicologica, anche letteraria, condita con qualche aneddoto divertente: “Stasera c’è qualcosa di più, ed è ovvio che sia così, qui siamo in casa di scienziati. Qui si parla anche di matematica e di fisica”.

Luigi Dei, chimico e matematico, nonché rettore dell’Università di Firenze, e l’Orchestra sinfonica del Conservatorio Luigi Cherubini guidata da Paolo Ponziani Ciardi hanno presentato una “Pièce per voce recitante e orchestra” che aggiunge un terzo livello di approccio a quello proposto dai due giganti della storia della musica.

Dei ha ideato un itinerario in tre successivi livelli all’interno del più famoso pezzo di Maurice Ravel, il Boléro composto nel 1928 per la ballerina russa  Ida Rubinstejn. Il primo passo è matematico e spiega con i numeri e le loro relazioni i due temi principali dell’opera: ciascuno di 18 battute, canzone e contro canzone. Il secondo livello è fisico acustico e descrive le onde sonore che ciascuno degli strumenti emette nel momento del tocco, e come queste onde si accordano fra loro ancora secondo regole matematiche.

La bellezza prima spiegata attraverso proporzioni e diagrammi, con il linguaggio della scienza, è raccontata nell’ultimo livello con le parole del cuore, con la poesia e la letteratura, Montale e Shakespeare: “L’uomo che non ha alcuna musica dentro di sé, che non si sente commuovere dall’armonia di dolci suoni, è nato per il tradimento, per gli inganni, per le rapine”: è la citazione dal Mercante di Venezia che ha concluso lo spettacolo.

La trama musicale del compositore francese diventa così un modello per far capire a tutti il rapporto fra scienza e arte, intesa come rappresentazione archetipica della vita. La ricerca penetra nei livelli profondi delle leggi di natura e propone le sue conoscenze alla mente umana che le utilizza per rendere migliore la sua esistenza materialmente e spiritualmente.

Tutto rimarrebbe però su di un piano astratto e lontano dalla percezione della gente comune, se si parlasse solo il linguaggio degli addetti ai lavori, di ricerca, di laboratorio, di formula matematiche e di macchine dal nome difficile. Sono persone in carne e ossa, con una loro storia e un loro mondo di relazioni e desideri, coloro che quotidianamente si siedono di fronte al microscopio o attivano un acceleratore di particelle. Così come sono persone i musicisti che durante la sua recitazione Dei chiama per nome nel momento in cui presenta i singoli strumenti musicali, in un dialogo continuo fra i membri di un gruppo che insieme ricercano e realizzano qualcosa di nuovo.

Difficile pensare a qualcosa di più efficace per concludere la Notte dei ricercatori. Il Boléro di Ravel come grande metafora del mondo della ricerca e del suo ruolo nella costruzione dell’uomo universale.

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