Il 2010/2011 della Fiorentina era partito sotto una stella le cui punte erano fatte di tante ambizioni: il ritorno in Europa dalla porta principale, un bel cammino in Coppa Italia, l’esplosione di giovani interessanti, il recupero e le nuove affermazioni di giocatori che avevano fame di tornare a imporsi (chi legge D’Agostino non è lontano dalla soluzione…). Ben presto ci si è accorti che questi obiettivi stavano fallendo miseramente. Senza elencare i motivi del fallimento, pensiamo a ciò che restava per salvare la stagione. In alcune città è un derby… Firenze un derby non ce l’ha. Ma ha un qualcosa di più profondo: la sfida con la Juventus. Un qualcosa che solo un fiorentino vero, puro, guelfo o ghibellino, può capire. La partita con i bianconeri, ogni anno, non è mai una sfida come le altre. E quest’anno era la vera bilancia della stagione: vincerla, in casa, quando non hai più niente da chiedere al campionato, rappresenta la sottile differenza tra l’apostrofare l’annata con un segno + o con un -. La Fiorentina non c’è riuscita. Pazienza? No, che pazienza… Pazienza se almeno si fosse giocato per vincerla. L’undici di Mihajlovic invece è stato protagonista di una prestazione svogliata, lenta, priva di idee, a tratti tediosa per l’adorabile popolo viola. Un popolo che meritava, per la pessima stagione che è stato costretto a sorbirsi, grinta, determinazione, voglia di innalzare agli occhi della curva il colore più amato, quello della maglia. Quella maglia che, si vinca o si perda, deve sempre essere rispettata. Quella maglia che, quando è opposta ai colori zebrati, deve essere zuppa di sudore, strappata, fangosa. Perché la partita con la Juve non sarà mai una partita come le altre. E male che possa andare un campionato, che entri bene nelle teste di dirigenti, tecnici e giocatori, in 38 giornate ce ne sono sempre 2, per la Fiorentina, che meritano più rispetto delle altre.
21 Aprile 2011
Il 2010/2011 della Fiorentina era partito sotto una stella
2 minuti di lettura