I 50 anni di Unicoop: come integrare il valore sociale con l’efficienza di una grande azienda

Riferimenti etici forti verso i quali convergono anche imprese capitalistiche

La cooperazione di consumo, all’interno della quale Unicoop Firenze si pone come un vero e proprio gigante economico, è una presenza familiare per tutti noi: chi non si è mai recato a fare la spesa in uno dei molti punti vendita della Coop. Tutti frequentiamo supermercati e centri commerciali, fra le più fedeli metafore della modernità, che sono stati definiti in modo assai impressionistico da studiosi ampiamente conosciuti ora simulacri della realtà ora nonluoghi. Nell’immaginario collettivo, oltre che destinazioni abituali, rappresentano non solo elementi centrali del paesaggio urbano, ma anche il trionfo dell’omogeneizzazione e della solitudine contemporanee. Le cattedrali del consumo sono ormai palcoscenici di una particolare tipologia di spettacolo che li vede passare da luoghi specifici e materiali a luoghi simbolici e immateriali, per certi versi indipendenti dalla loro funzione originaria.

Unicoop Firenze è qualcosa di diverso, non è un nonluogo. La cooperazione di consumo non è soltanto una somma di supermercati, alla base delle cooperative di consumatori, come la lunga storia di quella fiorentina che si approssima al mezzo secolo dimostra, dimorano una serie di valori e di ideali, che ne modellano l’identità. Sono i principi di fondo, che animano la cooperazione in Italia ormai da più di un secolo e mezzo e che ancora oggi ne costituiscono la linfa vitale.

Nata al fine di dare risposte a chi ha bisogni senza lasciare solo nessuno e distribuire benessere a tanti – nel caso fiorentino addirittura nel 1891 – la cooperazione di consumo è un’impresa particolare, diversa dalle organizzazioni senza fini di lucro e lontana da quella pubblica, ma diversa anche da quella privata, che rispetto alle imprese con scopo di profitto non funziona peggio, offrendo in più vantaggi per l’intera comunità in un equilibrio, che tiene conto delle esigenze dei consumatori, dei dipendenti, della cooperativa stessa, dunque in una parola sola delle persone. Concepita come risposta all’industrializzazione per garantire maggiori sicurezza e giustizia sociale per i più deboli, oggi rappresenta un sistema valoriale autonomo e specifico.

Per molti versi si caratterizza in termini di risposta all’esasperato individualismo dei nostri tempi in nome della mutualità e della solidarietà, dell’etica della responsabilità verso l’ambiente e verso le comunità locali. La cooperazione esprime riferimenti etici forti, verso i quali oggi anche molte imprese capitalistiche convergono – si pensi alla Corporate social responsibility -, tenendo però distinto un elemento decisivo: non concede alcuna priorità al perseguimento dell’utile individuale. Questo non significa che vada intesa come marginalità e assistenza, come un’affermazione ideologica che occupa uno spazio residuale; la cooperazione non è figlia di un dio minore, anzi è in grado di misurare la civiltà di un paese.

Seguendo questa rotta è nata e cresciuta Unicoop Firenze, che nel corso dei primi cinquant’anni di vita – quaranta dei quali sotto la presidenza di Turiddo Campaini, oggi guidata da Daniela Mori – è passata da 14.456.000 euro di vendite a 2.606.483.000, da 53.200 soci a 1.103.424, da un ammontare del prestito sociale pari a 12.559.000 euro a 1.487.000.000. Le cifre spesso sono aride e non infrequentemente incomprensibili; in questo caso da sole attestano un percorso di crescita che nessun’altra impresa in Toscana ha registrato nel corso di questi cinquant’anni.

Eppure, non è stata una passeggiata, bensì un cammino irto di difficoltà, ma alla fine anche di soddisfazioni per i notevoli risultati raggiunti. Dai primi difficili passi successivi alla formazione caratterizzati da un processo di radicale modernizzazione dei punti vendita e delle strutture commerciali della cooperazione, anche sotto la spinta dell’ingresso nel settore di grandi imprese italiane e straniere attive nella distribuzione; alla immane tragedia del Covid, altrettanto drammaticamente seguita dalla guerra in Ucraina con gli sconvolgimenti economici che ancora ci colpiscono, Unicoop è cambiata profondamente. Lo ha fatto con un’organizzazione economica da grande impresa improntata ai principi di efficienza e di efficacia, con uno stile comunicativo efficace e con un impianto valoriale, che l’ha sempre distinta da ogni altra azienda consimile.

Per comprendere tutto questo, in prima battuta vanno sottolineati il coinvolgimento e il protagonismo dei soci, vera chiave di volta della creazione di valore sociale e in ultima analisi del successo della cooperativa, che sviluppa un forte senso di appartenenza anche attraverso il prestito sociale, leva di capitalizzazione e sostegno finanziario decisivo per la vita della cooperativa. La difesa degli interessi dei soci e dei consumatori sta alla base della crescita del rapporto di fiducia e stimola un coinvolgimento, che si vuole totale, fino alla sovrapposizione condensata nello slogan “la Coop sei tu”. La cooperativa trova nel radicamento territoriale il proprio modo di essere e nelle dinamiche sociali la propria linfa. I due termini, cooperazione e territorio, modellano un sistema, nel quale la cooperativa instaura uno scambio, che non è soltanto economico, ma si caratterizza anche in termini sociali e solidali, implementando un sentimento di identità e fidelizzazione. Anche nella governance di Unicoop Firenze ritroviamo quel sistema di principi, che le permettono, non esistendo un modello organizzativo standard, di predisporre soluzioni ad hoc volta per volta al di fuori di una logica di schemi e modelli: qui sta la capacità di interpretare e reagire al cambiamento.

Di qui anche un particolare rapporto con il personale, la cui architrave rappresentata dal principio identitario della partecipazione responsabile, sul quale la cooperativa ha tenuto sempre alta la guardia, investendo regolarmente su un processo sistematico e strutturato necessario per il mantenimento di un buon clima interno e del riconoscimento di una netta distintività. Del resto nel corso della sua storia, Unicoop ha sempre dedicato una forte attenzione al tema delle risorse umane alla ricerca di uno stile cooperativo capace di distinguersi. Tale impegno non ha riguardato soltanto i livelli più alti, ma si è esteso anche a tutte le figure di lavoratori.

Ma Unicoop non è solo distribuzione commerciale. La storia cinquantennale della cooperativa si compone anche di una miriade di iniziative nel campo della solidarietà e della riduzione delle disuguaglianze – il progetto più conosciuto è Un cuore si scioglie -, in quello della cultura e del consumo consapevole e rispetto alla maturazione di una consolidata coscienza ambientale, che ne ha fatto una battistrada fra le cooperative.

Mentre la crisi si fa sentire, il mondo della grande distribuzione commerciale si sta trasformando radicalmente. Il reddito si contrae, condizionando inesorabilmente i volumi di spesa: gli italiani stanno sensibilmente modificando le proprie abitudini di acquisto, privilegiando in misura crescente i discount, il cibo d’asporto, spesso consegnato direttamente a casa, e l’e-commerce. Mutano stili e abitudini, contemporaneamente è maturata una crescente attenzione verso i prodotti locali, etnici o biologici. Tutto questo impatta in ultima analisi anche sul sistema degli acquisti.

Sulla nuova situazione pesa evidentemente il restringersi delle disponibilità economiche di una buona fetta della popolazione, la cui attenzione nei riguardi dei prezzi è sempre più diffusa. Il combinato disposto della pandemia e della successiva guerra scoppiata il 24 febbraio 2022 fra Russia e Ucraina disegnano un quadro fosco per la cooperazione e per il paese intero. Inflazione e conseguente stagnazione non giocano certo a favore della cooperazione di consumo. Al momento, fare previsioni appare estremamente difficile. Unicoop Firenze ha saputo affrontare sfide di altrettanta portata, ha le risorse per attrezzarsi per un futuro a dir poco incerto.

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