Andrea Canova intervista Grazia Verasani
Interviste che intendono far conoscere qualcuno a qualcun altro, come se due sconosciuti si incontrassero per la prima volta.
L’intervistato ha la più assoluta libertà di dire o non dire ciò che vuole di se stesso.
In queste interviste non si cerca il clamore, il gossip, lo shock.
Si tratta di interviste scritte dall’intervistato, dunque non orali, per ovviare al brutto costume italiano di “modificare” il detto dell’intervistato, a volte con scopi non ben chiari, o fin troppo.
Rispetto alle specificità professionali dell’intervistato, le novità professionali non saranno dimenticate.
– Chi è Grazia Verasani?
Sono una persona pigra, nonostante sia riuscita a spaziare dal teatro al cinema, dalla musica alla scrittura. Sono molto veloce quando lavoro, ma metà della vita, forse di più, l’ho passata su un divano a leggere. Cerco di non prendermi troppo sul serio, grazie a un sense of humor abbastanza sviluppato. Amo osservare, fantasticare, sono ansiosa al limite del paranoico.
– Che tipo di formazione hai? Studi, letture, mentori

La mia formazione, grazie anche alla generazione a cui appartengo, è stata Bologna tra la fine degli anni ’70 e gli ’80. Una città che rispondeva magnificamente a una sete di creatività compulsiva e dove era possibile esprimersi in molti campi artistici: teatro, musica, fumetto eccetera. In quegli anni ho conosciuto i miei mentori, in primis Gianni Celati, di cui conservo un folto carteggio, che paragonò i miei primi racconti alla scrittura asciutta di Robert Walser (un grande onore) e che pubblicò tre miei raccontini nella rubrica “Narratori delle riserve” sul manifesto, oltre a chiamarmi a recitare nel suo film documentario “Strada provinciale delle anime”. Un altro maestro è stato senz’altro il poeta Roberto Roversi, indimenticabili le sue lezioni di umiltà, e anche Tonino Guerra che mi ha introdotta alla sceneggiatura. Il primo aiuto editoriale invece lo devo a Stefano Benni, che parlò bene di me in Feltrinelli, e che considero un amico.
– Narrativa, musica, cinema, teatro, saggistica sono i linguaggi nei quali ti muovi da sempre, a cominciare dalla musica. È possibile rintracciare in questo tuo lavoro plurilinguistico una poetica comune? In altri termini, qual è la poetica di Grazia Verasani? Detta diversamente e come l’avrebbe detta il grande critico e maestro Luciano Anceschi, qual è la riflessione di Grazia Verasani sul proprio fare arte?
Credo che, come dicevo prima, il clima che respiravo a vent’anni sia stato non solo stimolante ma aperto a una naturale interdisciplinarietà tra le varie forme artistiche. Il primo mezzo espressivo è stato il pianoforte classico suonato per otto anni, ma scrivevo già novelle buffe a dieci, undici anni, e tenevo un diario. La musica è stata fondamentale per la mia scrittura, non a caso il mio scrittore preferito è Celine, i suoi romanzi sono vere partiture, le pagine sono degli spartiti, il linguaggio è sinfonia, la musicalità è alla base del suo stile. Anch’io, nel mio piccolo, ho sempre cercato di essere “musicale”, ma solo con gli anni, dopo diciotto libri pubblicati, posso dire di avere affinato una mia voce, di averla resa distintiva, riconoscibile. Conta solo questo, per me. Un libro è il parto della personalità di chi lo ha scritto. Detestando arzigogoli e ridondanze, mi sono sempre attenuta a un’arte semplice, anche nella complessità, mi piace andare all’osso delle cose, dire tutto in poche frasi, sintesi, ritmo, essenzialità.
– “Solitudini. Uno status del XXI secolo”, il tuo ultimo saggio… mi verrebbe da esclamare: ma come?! Che solitudine è possibile nell’epoca dell’interconnessione globale, dei social network che mettono tutti e tutto in collegamento con tutto e tutti? Che cos’è dunque “Solitudini”?
Solitudini nasce per omaggiare grandi solitari, e per raccontare il mio quotidiano. Credo che la solitudine più feroce, al momento, sia l’emarginazione degli anziani, la solitudine di vivere in un mondo che faticano a comprendere, districandosi tra mille burocrazie e linguaggi nuovi, veloci. Sono tante le solitudini che vedo, che attraverso. Lo schermo di un computer o di un telefonino effettua una separazione, manca il contatto diretto, tattile, l’incontro fisico. Viviamo in nicchie protette, isolate pur nel bombardamento costante di notizie, immagini, interazioni. Mi spaventa un mondo asettico e inodore, incellofanato. Anche la confusione di questi tempi incerti che subiamo è solitudine.

– Lo scrittore Gianluca Morozzi ama Bologna e, in qualche modo, la vive con e per la sua scrittura. È così anche per Grazia Verasani?
Rispetto a Bologna attualmente sono molto ambivalente, a volte ho voglia di lasciarmela alle spalle come una zavorra soffocante, e altre la trovo più vivibile di molte altre realtà. Il centro non mi ispira, cerco alimenti quartierali. Ho i miei angoli del cuore, ma sono sempre i più scalcinati e nascosti. Certo, ci sono libri che ho scritto anche per raccontare Bologna, per sovrapporre quella della mia giovinezza a quella della maturità e seguirne le trasformazioni. Il personaggio di Giorgia Cantini (l’investigatrice privata della serie di romanzi cominciata con “Quo vadis, baby?” nel 2004), non esisterebbe senza Bologna, che ne è la coprotagonista.
– Che relazione c’è tra l’investigatrice Giorgia Cantini e la scrittrice Grazia Verasani?
Diciamo che Giorgia invecchia con me, è una sorta di alter ego. I romanzi sono scritti in prima persona, una sorta di flusso di coscienza chandleriano, e ovviamente molte riflessioni che fa lei mi appartengono. Le ho dato le dovute differenze, ma volevo che avesse un forte senso della giustizia e un’empatia da carta assorbente. Per tornare a Chandler e alla sua definizione di Philip Marlowe: è una sentimentale senza speranza.
– A che cosa stai lavorando?
Al momento alla sceneggiatura di un film e ho appena concluso la stesura di un romanzo breve. Mi piace alternare romanzi noir a cose diverse.
– Qual è il tuo più grande sogno?
Cambiare il mondo? Forse fa ridere, detto oggi, ma resto una “ragazza” testarda e idealista.
– Qual è la tua più grande paura?
Perdere chi amo. Perdere la testa.
– Che cosa vorresti lasciare dopo la tua morte?
Qualche libro negli scaffali di case che non conosco.
FINE
Biografia
Grazia Verasani scrittrice, sceneggiatrice, autrice di opere teatrali e musicista, ha pubblicato a oggi diciotto libri, tra cui Quo vadis baby? (Tascabili Feltrinelli) che nel 2005 è diventato un film di Gabriele Salvatores, e a cui è seguita una serie tv in sei puntate prodotta da Sky. L’investigatrice privata Giorgia Cantini è stata poi protagonista di altri sei romanzi editi da Marsilio/Feltrinelli, di cui l’ultimo è Come la pioggia sul cellofan. Ha pubblicato anche romanzi fuori dal genere noir, tra cui Tutto il freddo che ho preso (Feltrinelli) Mare D’Inverno e Lettera a Dina (editi da Giunti), e La vita com’è, edito da La Nave di Teseo. Dalla sua pièce From Medea (Maternity blues), rappresentata in Italia e all’estero, nel 2012 è stato tratto l’omonimo film per la regia di Fabrizio Cattani vincitore di molti premi. Le sue ultime sceneggiature sono quelle del film Gli anni amari di Andrea Adriatico e Amati Fantasmi, docufilm di Riccardo Marchesini. I suoi romanzi sono tradotti in Francia, Germania, Portogallo, Stati Uniti, Russia. Nel 20021 Marsilio ha pubblicato il memoir Non ho molto tempo. Nel 2022 è uscito il breve trattatello “Solitudini” (Oligo). Ha realizzato per Chora Media il pod cast “Babylon Dahlia”. Molti suoi racconti fanno parte di varie antologie e ha collaborato con riviste e giornali. Ha tenuto corsi di scrittura creativa in varie scuole italiane e americane.
Bibliografia e sceneggiature
Nel novembre 1999, l’editore Fernandel pubblica il suo primo romanzo dal titolo L’amore è un bar sempre aperto. Nel 2001, sempre per Fernandel, esce Fuck me mon amour, e nel 2002 la raccolta di racconti Tracce del tuo passaggio.
Nel 2004, Sironi editore pubblica la sua opera teatrale From Medea, più volte ristampata.
Nel giugno 2004 esce per Mondadori il romanzo Quo vadis, baby?, da cui il regista Gabriele Salvatores ha tratto il film omonimo nel 2005. Quo vadis, baby? viene pubblicato dalla casa editrice francese Métailiè ed entra nella rosa dei quattro migliori noir europei al Prix SNCF du polar nel 2006.
Il 6 giugno 2006 esce Velocemente da nessuna parte (anch’esso tradotto in Francia per Métailiè e in Germania per Random House). E nel 2009 diventa un Tascabile Feltrinelli.
Nel 2007 Quo vadis baby? è un Oscar Mondadori e nell’estate esce in allegato con la Repubblica e l’Espresso. Dal romanzo viene tratta una serie televisiva in sei puntate prodotta da Coloradofilm e Sky, di cui firma tutti i soggetti di serie e due soggetti originali. La serie, con la regia di Guido Chiesa, va in onda su Sky e su Italia 1 nel 2008.
Nell’estate 2008 anche Velocemente da nessuna parte esce in allegato con la Repubblica e l’Espresso.
Nel maggio 2008 viene pubblicato per Feltrinelli Tutto il freddo che ho preso.
Il 7 ottobre 2009 esce per Kowalski/Feltrinelli il terzo romanzo della serie con Giorgia Cantini, dal titolo Di tutti e di nessuno (pubblicato in Francia da Métailié). Nella estate 2010 il romanzo esce in allegato con La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, e nel 2014 da La nuova Sardegna.
Nel novembre 2012 esce Cosa sai della notte (Feltrinelli), quarto episodio con l’investigatrice privata Giorgia Cantini.
Nel 2013 pubblica Accordi Minori (Gallucci Editore), una raccolta di monologhi sulla musica. E nel 2014 Quo vadis, baby? diventa un Tascabile Feltrinelli.
Sempre nel 2014 esce Mare d’inverno (Giunti), romanzo più volte ristampato e vincitore del premio Rapallo.
E nel 2015: Senza ragione apparente (Feltrinelli), quinto episodio con l’investigatrice Cantini. Il libro si guadagna la menzione speciale Premio Scerbanenco 2015.
Nel settembre 2016, è uscita il romanzo Lettera a Dina.
Nel settembre 2017 esce il romanzo La vita com’è per l’editore La Nave di Teseo.
Nel giugno 2020 esce il sesto romanzo con l’investigatrice Giorgia Cantini dal titolo Come la pioggia sul cellofan , edito da Marsilio. Per l’occasione escono anche i primi tre romanzi della serie Cantini nei tascabili Feltrinelli con una nuova serie grafica.
Nel maggio 2021 Marsilio pubblica Non ho molto tempo , memoria struggente dedicato all’amico musicista Ezio Bosso.
Pubblica racconti su molte antologie: per La Tartaruga (Italiane 2004), Manni (Mordi e fuggi), Sperling & Kupfer (Alle Signore piace il nero), Einaudi (Lavoro da morire), Fandango (Dizionario affettivo della lingua italiana), Del Vecchio, sul mensile Velvet e nel progetto Nero perugino insieme a Massimo Carlotto. Un suo racconto fa parte dell’antologia svedese En Forebadande drom, e altri in Kort Italiaans per l’olandese Tweetalige editiè. Nell’aprile 2011 un suo racconto appare su Micromega, nel progetto Delitti di establishment, a cura di Paolo Flores D’Arcais. Nel 2015 vari racconti appaiono su Donna Moderna.
Collabora con giornali e riviste, tra cui D di Repubblica, Donna Moderna, Io Donna (magazine del Corriere), Il Fatto Quotidiano e per sei anni cura una rubrica fissa sulla pagina culturale de La Repubblica Bologna.
Per il cinema firma la sceneggiatura del film Gli Ultimi di Riccardo Marchesini (premio Zavattini 2004, uscito anche in allegato con L’Unità) e del film Il Silenzio intorno di Dodo Fiori realizzato da Istituto Luce. Più alcuni cortometraggi di registi esordienti.
Nel 2014 tiene una serie di lezioni sul noir in vari campus universitari dell’Arizona, e insegna scrittura creativa anche alla Bottega Finzioni di Carlo Lucarelli.
Teatro
Nel 2002 al teatro Colosseo di Roma viene rappresentata la sua piéce teatrale From Medea, prodotta dalla GIGA di Giorgio Albertazzi, per la regia di Pietro Bontempi. From Medea è pubblicata da Sironi nel 2004.
Il Teatro dell’Elfo di Milano ne fa una lettura scenica nel 2006, poi la pièce viene rappresentata per il mese di luglio al festival di Avignone da Les Productions d’Ici ed d’ailleurs, e in Germania nella stagione 2006/07 (Agenzia Lauke).
Nel mese di aprile del 2008 From Medea viene prodotta dal Teatro Stabile di Bologna e rappresentata con successo all’Arena del Sole.
Il film tratto dalla pièce, dal titolo Maternity Blues , esce nelle sale nel 2012, con la regia di Fabrizio Cattani, interpretato tra gli altri da Andrea Osvart e Daniele Pecci. From Medea è tutt’ora rappresentata da compagnie francesi, tedesche e italiane. Il libro è stato ristampato da Sironi nel 2012 col titolo From Medea-Maternity Blues.
Nell’ottobre 2010 esce la pièce teatrale Vuoto d’aria , (Transeuropa Editore).
Il 29 aprile 2011 debutta al Teatro Valli di Reggio Emilia il suo testo Vincerò, un monologo che ripercorre la vita e la carriera di Luciano Pavarotti, prodotto da Nicoletta Mantovani e recitato e diretto da Giuseppe Battiston. Nel 2012 il monologo è stato interpretato da Giancarlo Giannini e nel 2013 da Michele Placido.
Tra il 2014 e il 2015 From Medea-Maternity Blues viene recitato in teatro da Elena Arvigo e Amanda Sandrelli. E Accordi Minori da Isabella Ragonese e Francesca Mazza.
Nel maggio 2016, in occasione dei 900 anni della nascita del Comune di Bologna, viene rappresentata la sua piece Bo-Bohème per la regia di Andrea Adriatico.
Sitografia
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Giorgia Cantini è l’investigatrice privata della serie di romanzi cominciata con “Quo vadis, baby?” nel 2004