Firenze – Gli amici mi chiedono se sono contento della scelta di Prandelli da parte della società Fiorentina. La risposta viene naturale, immediata, accompagnata da un sospiro di sollievo: certo che lo sono! Tecnicamente e tatticamente, meglio di Iachini … il magazziniere! Ma poi, a mente fredda, la risposta è più ardua.
Prandelli lo stimo e lo apprezzo per la signorilità, l’educazione, l’onestà con la quale ha accettato questo incarico, per la verità assai poco lusinghiero, di “traghettare” la squadra fino a fine campionato. E badate bene: le virtù che ho rammentato (le “piccole virtù”, avrebbe detto Natalia Ginzburg, e che però, nella circostanza che viviamo, appaiono ingigantite al cospetto di una generale drammatica carenza) sono virtù che contano, nel calcio come altrove, soprattutto per noi che abbiamo recente il ricordo di una Fiorentina raccontata dagli anacoluti di Corvino, dalle reticenze diplomatiche di Antognoni, dalle pseudospiegazioni involute e un po’ ruffiane di Iachini, dalle vacue enfasi e dalla retorica triviale del patròn americano. Prandelli parla un italiano corretto, schietto, dal quale riesce a far trasparire un amore e una sincera dedizione alla causa. E già questo, oltre a placare la piazza, fa appartenere di più la Fiorentina alla nobile storia della sua città.
Ma non si può non lamentare che anche con questa scelta la società ha manifestato la sua mancanza di idee, il suo vivere alla giornata in attesa … Di che? E qui le dolenti note, perché si torna a parlare di stadio, di centro sportivo, di affari, e si capisce che il presidente Commisso è ora contro tutti, e manifestamente poco appassionato a come finiranno le cose. Qualcuno scommette che non tornerà neanche in Italia, avendo in America da leccarsi le ferite per la sconfitta dell’amico Trump.
Questo però non c’entra con Prandelli, che comunque non vorrei avesse commesso l’errore di Montella a inizio del campionato scorso. Torno a ripetere, ormai senza fiato, che qui a Firenze non c’è nessun “progetto”. C’è ora un bravo allenatore e ci sono dei giocatori altrettanto bravi. Ma senza futuro, nel senso che il futuro sarà deciso giorno giorno, e forse più da fattori extracalcistici che da ragioni sportive. Prandelli, a differenza di Montella, lo sa (glielo dice anche il contratto) e ha l’esperienza e l’intelligenza per far bene anche in condizioni che non si augurerebbero a nessuno.
Intanto, per esempio, siamo tornati a parlare di tattica. Iachini aveva ereditato il 3-5-2 da Montella e, fidandosi (o non sapendo far altro), lo ha mantenuto. Ora si comincia a parlare di 4-2-3-1, di 4-4-2, e oggi, alla vigilia della partita contro il Benevento, di 4-3-3. Ma non per “dare i numeri” diversamente, bensì con l’intento di valorizzare giocatori fino ad ora penalizzati dal gioco asfittico e ostinato di Iachini. Ci si pone il problema di far giocare Amrabat come sa e si mette mediano a tutto campo.
Si sceglie, a quanto pare, Kouamè per Callejon, per far giocare un attacco finalmente degno di questo nome, con una prima e una seconda punta di ruolo. Si ripropone anche una difesa a quattro, ma con l’accortezza di schierare Caceres terzino a destra, in modo da disporla a tre in fase d’attacco, quando Biraghi si sovrapporrà a Ribery sulla fascia. Tutte scelte sensate. Dalla formazione che danno i giornali di oggi, l’unico che tornerà a soffrire in un ruolo non suo è Pulgar. Ma vedremo. Intanto Pirlo ci sta insegnando come supplire alla mancanza di un “centromediano metodista”, e Prandelli ha certo la capacità di modulare su schemi alla Pirlo.
In futuro si intravede anche la possibilità di schierare la squadra con un più coraggioso 4-2-3-1 (Pirlo sostiene di giocare un 3-2-5!). In questo caso, si tratterebbe di mettere il centrocampo nelle mani di due factotum (presumibilmente Amrabat e Pulgar), di usare Pezzella e Milenkovic per l’inizio dell’azione e per una regia da dietro, e infine di collocare Castrovilli tra Callejon e Ribery, facendone un centrocampista avanzato con piena licenza di trovarsi la posizione congeniale e soprattutto di offendere. Confesso che questa, nonostante una mia cocciuta reticenza a veder depauperati i centrocampi (soprattutto se a farlo è una Fiorentina che di centrocampisti ne ha sei da nazionale!), mi sembra la soluzione che penalizza meno chicchessia.
Un’altra scelta mi piace di Prandelli: quella di Kouamè al posto di Callejon. Intanto è una indiretta risposta alle scuse accampate da Iachini alla fine della scialba prova con il Parma, quando ebbe a lamentare le assenze (praticamente quella del solo Callejon, visto che Pezzella non avrebbe certo cambiato un gran che in quella partita!). Prandelli sembra dire, come spero, che i giovani sono i titolari, e gli anziani, anche quando campioni, devono soltanto aiutarli a crescere. E che succeda con Venuti o Lirola al posto di Caceres, e che succeda con Quarta se proprio Pezzella, tra acciacchi e sirene dalla Spagna, non sarà più il nostro capitano. Vorrei anche che, nonostante la fiducia a tempo, Prandelli avesse il tempo e la libertà di fare qualche scelta autonoma a gennaio. Ma non anticipiamo nulla, e intanto godiamoci la prima.
Foto: Cesare Prandelli