“Il colore dell’ombra” alla Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti

Firenze – La mostra “Il colore dell’ombra” si inserisce nell’ambito delle manifestazioni volte a celebrare il centenario dell’inaugurazione della Galleria d’arte moderna di Firenze e si collega quindi strettamente a “Luci sul ‘900”, la grande rassegna di pittura e scultura inaugurata lo scorso 28 ottobre e aperta anch’essa fino all’8 marzo 2015, rappresentativa delle acquisizioni storiche della Galleria stessa.

A fianco: Romeo Costetti (1871-1957), Mendicanti, 1913 ca, monotipo, Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi

Nella primavera del 1914, nei locali della Società di Belle Arti in via della Colonna, venne allestita una rassegna internazionale dedicata esclusivamente alla grafica, che comprendeva disegni, ma anche acqueforti, xilografie e litografie. Gli enti fiorentini preposti all’acquisto di opere, quali il Gabinetto Disegni e Stampi e la nascente Galleria della Moderna, dimostrarono un notevole interesse e, in particolare per la Galleria, era un modo per confermare il proprio vitale rapporto con la contemporaneità.

L’Esposizione fiorentina del Bianco e Nero diede modo di apprezzare de visu la qualità di un’arte divenuta nel corso dei secoli tecnicamente complessa e variamente declinata, ricca di sfumature, oggetto in quegli anni di rinnovato interesse nonché tramite di un’intensa attività di sperimentazione formale.

La selezione presentata: un centinaio di opere estratte dal folto nucleo acquisito dalle Gallerie grazie al contributo economico del Re, dello Stato e del Comune, intende restituire un clima, far percepire il “colore” di un mezzo espressivo per definizione in “bianco e nero”.

La Galleria d’arte moderna decise di circoscrivere la scelta agli artisti italiani, sia a nomi più illustri del recente passato, come Antonio Fontanesi e Gaetano Previati, dei quali vennero acquistati disegni di grande qualità (ed economicamente impegnativi: gli Ostaggi di Crema di Previati, ad esempio, costava ben 3.000 lire), venne anche dato spazio a personalità di spicco della ricerca contemporanea (in particolare furono acquisite ben otto xilografie di Adolfo De Carolis, tra i maggiori interpreti in Italia della rinascita di questa tecnica antica e illustre, e ben due eleganti immagini di un giovane interprete della stessa come Francesco Nonni), ma anche a figure ancora poco note, come nel caso di artisti della Scuola d’incisione fiorentina di Celestino Celestini, nata nel 1912 presso l’Accademia di Belle Arti per raccogliere il testimone di Giovanni Fattori, quali Piero Bernardini o Francesco Chiappelli, ad esempio.

1 A fianco: Gaetano Previati (1852-1920), Gli ostaggi di Crema, 1900 ca, disegno a matita su carta, Firenze, Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti

La storica raccolta degli Uffizi si arricchì invece, prevalentemente, di opere di artisti stranieri. Tra questi, nomi illustri della grafica di fine ottocento, quali Alphonse Legros e Robert Goff, ma anche di contemporanei che si facevano notare alle Biennali veneziane (pittori come Charles Cottet o Eugène Carrière), o ancora personalità già affermate il cui ruolo d’illustratori della realtà sociale contemporanea già indicava la direzione non più élitaria verso cui il genere si stava ampiamente orientando (il belga Constantin Meunier o lo svizzero Théophile Steinlen, la tedesca Käthe Kollwitz, coi loro minatori e operai in rivolta), o, infine, giovani sconosciuti come Ernest Callebout, le cui due opere acquisite, poetici paesaggi delle Fiandre, sono esemplari invece di come la stampa d’arte potesse mantenere anche, e anzi esaltare, un ruolo di opera d’arte autonoma.

Proprio per la grande varietà di opere, di soggetti e di tecniche che caratterizzò l’esposizione del 1914 e conseguentemente le acquisizioni delle Gallerie, la nostra mostra si articola in nove sezioni che intendono individuare alcuni temi portanti: Andito, Artisti e Ritratti, Incubi e Sogni, Presenze, Vedute, Paesaggi d’acqua, Paesaggi urbani, Cattedrali e Lavoro.

Il tema del “Lavoro”, viene rappresentato con una rassegna che dai campi alle officine ci presenta una varietà di volti e di situazioni di grande pregnanza espressiva, rassegna che ci segnala una sensibilità non effimera per un tema sempre attuale, ma cui proprio allora la grafica cominciò a dare ampio spazio adottando dimensioni che se oggi ci sono familiari, all’epoca costituivano ancora una novità, collocandosi autorevolmente in un ruolo di comunicazione attiva intermedio fra stampa d’arte e manifesto che fa ormai parte della storia visiva del novecento.

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