Charlie Hebdo: in Marocco l’Islam si guarda allo specchio

Rabat – La copertina nera richiama la grafica dei manifesti di coloro che hanno gridato con dolore e rabbia la loro condanna contro la violenza e l’oscurantismo: Je suis Charlie. E anche il titolo ne è un corollario, con un gioco di parole che è come un manifesto politico: Ce qui nous somme. Non si tratta di un refuso di stampa: non ciò che siamo (sommes), ma ciò che ci comanda, ciò che ci sfida a uscire allo scoperto.

Si parlerà molto di questo libro realizzato in poche settimane dopo le stragi di Parigi del 7 e del 9 gennaio scorso che raccoglie il contributo di trenta intellettuali marocchini: “Subito dopo quei terribili avvenimenti, ho contattato i miei amici e ho chiesto loro di scrivere dei pezzi a caldo”, ha raccontato l’editore Abdelkader Retnani al settimanale Jeune Afrique. “Abbiamo messo all’opera il cuore e la ragione – scrive Retnani nell’introduzione – ma ciò che ci ha spinto a scrivere delle notti intere, non dipende da un bisogno di giustificare ciò che siamo: arabi, berberi, ebrei, cristiani, musulmani, cioè un’identità. Ciò che conta è esserci, insieme, per non far accadere ciò che è accaduto, per condividerlo in trenta modi diversi”.

Presentato qualche giorno fa alla Fiera internazionale del libro di Casablanca, il volume sarà discusso  al Salone del Libro di Parigi a metà marzo. Il tono degli interventi riflette l’emozione degli eventi, con un chiaro denominatore comune: per evitare che alcune scintille possano far scoppiare un incendio devastante, sono necessarie idee innovative riformiste. Occorre per esempio che i centri religiosi islamici siano i primi a curare l’educazione dei giovani al dialogo e al rispetto reciproco fra le diverse religioni.

Abdesselam Aboudrar, ingegnere, pone alla base del ragionamento quattro punti fermi: la condanna dell’attentato deve essere assoluta e senza appello; il diritto alla blasfemia fa parte integrante del diritto alla libertà di espressione; questo tuttavia nulla toglie al bisogno di protezione espresso da coloro che si sentono offesi o indignati di fronte a certe rappresentazioni. Ma è l’etica che si deve chiamare in causa per rispondere a questa preoccupazione, non il diritto. E’ in nome dell’etica che la stampa anglosassone ha deciso di non pubblicare le vignette di Charlie Hebdo per rispetto della sensibilità di lettori o telespettatori di religione musulmana.

“Je ne suis pas Charlie”, afferma lo scrittore Kebir-Mustapha Ammi che riecheggia la celebre frase di Voltaire: “Non ho niente a che fare con questa pubblicazione, che spesso ha fatto della provocazione una religione. Ma mi batterò perché il mio prossimo possa sempre affermare la sua libertà di essere agli antipodi di quello che sono io”.

Il regista cinematografico Hicham Ayouch, che ha scritto uno degli interventi più belli e coinvolgenti, racconta la sua storia di figlio di un padre musulmano e di una madre ebrea: “Io non sono metà ebreo né metà musulmano – scrive – io sono tutti e due, o piuttosto io sono uno e indivisibile con quelle due componenti nella galassia della mia identità”.  Tutte le religioni appartengono a delle famiglie spirituali dell’umanità, taglia corto il filosofo Alì Benmakhlouf, “nessun assassinio può trovare una giustificazione sulla base della religione”.

Tra le firme più note c’è quella dello scrittore Tahar Ben Jelloun che parla amaramente della “solitudine dell’intellettuale di cultura musulmana che “deve distinguere nettamente la libertà di coscienza di cui gode in Francia e l’appartenenza alla Oumma Islamya che non gli permette di esercitare questa libertà”. La laicità è un segno di civiltà, spiega, “la separazione dello Stato dalla Chiesa, dello Stato dalla Sinagoga, dello Stato dalla Moschea non è qualcosa di negativo”. E la laicità implica anche la libertà di espressione, senza limiti. “Se qualcuno diffama la nostra dignità, c’è la giustizia per perseguirlo,  ma niente autorizza l’assassinio”. Ed è qui che si evidenzia “la solitudine”: “Non mi riconosco nell’isteria delle folle che nei paesi musulmani hanno manifestato contro le caricature di Charlie Hebdo e non approvo queste caricature, riconoscendo ai loro autori il diritto di farle e di renderle pubbliche. Ognuno è libero di immaginare quello che vuole, non si metterà la polizia all’ingresso dell’immaginazione di tutti i disegnatori o di tutti i cronisti”.

Il libro dei trenta intellettuali è un contributo importante all’interno del dibattito in corso all’interno del mondo musulmano, così come oggi il Marocco pacifico e tollerante pone con forza la sua leadership per l’avvio di un nuovo dialogo fra l’Islam e l’Occidente.

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