Bibliotecari sotto Palazzo Vecchio: “Reinternalizzare senza ingiustizie si può”

Firenze – Se non sono tutti, sono davvero tanti gli operatori di biblioteche e archivi che stamane  tornano ancora una volta, come 7 anni fa (in occasione del vecchio appalto), e come un anno fa circa, sotto le finestre di Palazzo Vecchio per sollecitare, da parte dell’amministrazione, risposte. Risposte che vengono chieste da tempo perlomeno per quanto riguarda i tagli operati dall’amministrazione sull’imminente (il vecchio scade il 30 aprile)  bando di gara.  Risposte, ma soprattutto chiarezza. Ad esempio, sui tagli stessi, dapprima smentiti dai vertici di Palazzo Vecchio, che sottolineano di non avere tagliato niente nel settore cultura (ma sull’appalto in questione? la domanda è diversa), tagli che poi riemergono nella delibera del blancio di previsione al tavolo del confronto con i sindacati, in cui, come spiegano i lavoratori, nonostante le promesse iniziali, si prospetterebbe un appalto di minore durata e con minori risorse: ben 500mila euro all’anno in meno rispetto a quanto preventivato all’inizio dello scorso anno, 500 mila euro che si traducono, in soldoni, in un taglio pari a circa 15 lavoratori full time.

Dunque, nonostante le smentite il taglio ci sarebbe eccome. E, a ingarbugliare ancora la matassa, il taglio, secondo l’amministrazione sarebbe conseguenza dell’assunzione del personale proveniente dalla recente graduatoria, quantificate più o meno in una trentina di persone. Una mossa che andrebbe, secondo i rappresentanti istituzionali, nella direzione di una reinternalizzazione dei dipendenti dei servizi comunali. Peccato che, messa così, la mossa del Comune costi il sacrificio di gente che lavora da 15 anni presso biblioteche e archivi. Non solo. I nuovi assunti, se mai lo saranno, avrebbero la qualificazione del concorso superato, ovvero istruttori amministrativi. Figure utilissime, che sarebbero di grandissimo supporto in uffici, come ad esempio l’anagrafe, che sta facendo i salti mortali per mandare avanti il servizio con uno spaventoso sotto organico, come anche l’ufficio casa; ma che non “c’azzeccano” con un servizio come quello dello Biblioteche, tant’è vero che è prevista la figura tecnica di “aiuto bibliotecario”, dal momento che le competenze sono davvero specifiche. 

“Di nuovo, dopo il primo lockdown del 2020, siamo ancora qui – dice Gabriella, dei Biblioprecari – le nostre richieste erano quelle di avere tutele in previsione di un appalto peggiorativo, come si ebbe nel 2014. E questa è la prospettiva odierna: come abbiamo ripetuto tante volte, 500mila euro in meno rispetto al vecchio appalto, nonostante rassicurazioni che si sono rivelate senza fondamento, come abbiamo toccato con mano spulciando i bilanci e gli atti. Del resto, anche al tavolo tecnico dello scorso gennaio è stato confermato il taglio. Per cui, il taglio c’è, con conseguenze che cadranno su noi ma anche sulla cittadinanza, se la ricaduta sarà quella di non attivare tutti i servizi”. Dunque, il rischio è: riduzione dei servizi, diminuzione di ore per i lavoratori e infine, licenziamenti. “Tutto ciò si vedrà con le cooperative che vinceranno l’appalto – continua Gabriella – ma tutto lascia immaginare che sia ragionevole temerlo”.

“Abbiamo indetto uno sciopero e siamo a manifestare di nuovo – dice Maisie, bibliotecaria e biblioprecaria – dopo tanti anni in appalto. Siamo 109 lavoratori, non c’è nessun rispetto. Il nostro appalto scade ora, il 30 aprile e ancora non abbiamo il bando nuovo. Ma sappiamo già, dalla previsione di bilancio del novembre scorso, che ci sarà un taglio di 500mila euro annui, che ha una ricaduta in termini di lavoro di circa 15 persone in meno”. La battaglia conobbe i suoi prodromi nel primo lockdown, quando gli operatori di biblioteche e archivi furono lasciati a casa, in cassa integrazione. “Abbiamo fatto una lunga battaglia per rientrare al lavoro – continua Maisie – e poi per il recupero dei mesi non lavorati. Aggiungo che in realtà l’appalto vigente è scaduto a giugno 2020, ma è andato “avanti” col recupero dei mesi non lavorati, poi c’è stata una proroga e infine un affidamento che si conclude ora, ad aprile. Tempo richiesto, secondo quanto spiegato, per lavorare sul nuovo bando di gara, che dalla previsione di bilancio si configurava come un bando di due anni. Invece, abbiamo appreso che non solo ci sarà il taglio di 500mila euro, ma il bando avrà durata di un anno e otto mesi, con possibilità di rinnovo per un altro anno e otto mesi.  Con alcune persone a rischio di essere lasciate a casa. Il sindaco, in un tavolo avuto a dicembre, ha dato alcune rassicurazioni sulla sorte di questi lavoratori, in modo che non vengano lasciati fuori”. Le modalità, ancora allo studio, potrebbero prevedere, nella prossima previsione di bilancio a marzo, un secondo momento, previsto nel nuovo appalto, per inserire i lavoratori “fatti fuori” dal nuovo bando.

Intanto, mentre i lavoratori parlano, la piazza si riempie di striscioni e cartelli, mentre sventolano le bandiere dei sindacati. Presente anche lo striscione Insorgiamo, del collettivo di fabbrica GKN, visibile prova della necessità di trasformare tutte le proteste in un cambio del sistema produzione-lavoro-consumo.

“La giunta si ostina a dire che non ci sono tagli e che questo sciopero sarebbe ingiustificato – dice il consigliere di Spc Dmitrij Palagi, presente al presidio –  a noi l’assessore Martini ha detto che le risorse previste dal bilancio sono sufficienti solo per i servizi essenziali e quindi servono risorse aggiuntive. Sono state fatte delle promesse da un’assessore che non c’è più, con una dirigente che ora è andata in pensione, si parla di assenza di risorse economiche e in più di 30 assunzioni che non è chiaro che impatto avranno su chi da anni lavora in appalto. L’amministrazione politica dovrebbe riconoscere la situazione critica e invece di fare promesse dare con degli atti le risorse che sono necessarie per il servizio”.

Per Stefano Cecchi, Usb, la situazione si sostanzia sulla necessità che “l’amministrazione comunale stanzi i soldi per garantire la piena occupazione ai lavoratori che attualmente lavorano. Inoltre – continua Cecchi – vogliamo dire chiaro che siamo stufi degli appalti e che bisogna andare in una diversa direzione. Dobbiamo reinternalizzare il lavoro all’interno della macchina comunale. Questi lavoratori, in 15 anni, hanno subito solo peggioramenti nelle loro condizioni di lavoro. Ogni appalto vede firmare transazioni dove i lavoratori vengono retrocessi di livello e gli vengono ridotte le ore. Questo non è più ammissibile perché la cultura è importante in questa città, ma la cultura non si può fare con i precari. I lavoratori che lavorano in appalto sono lavoratori a tempo indeterminato per finta, poiché, appalto dopo appalto, può anche arrivare il momento in cui non vengono più riassunti. Vogliamo: nell’immediato, un contratto di riferimento certo, quello di Federculture e la piena occupazione di tutti i lavoratori. In futuro, che l’amministrazione proceda a reinternalizzare personale e servizio”. 

Reinternalizzazione, ovvero la grande promessa che fece l’ex assessore alla cultura, volato a Milano su chiamata del sindaco meneghino Beppe Sala, Tommaso Sacchi. Reinternalizzazione che per l’amministrazione vede muovere i primi passi con l’assunzione dei nuovi lavoratori da concorso per istruttore amministrativo già espletato nel 2020, ma che, secondo i sindacati, non può essere attuata nelle forme di una lotta fra lavoratori, di tutti contro tutti.

“Ovviamente non siamo contro le internalizzazioni – dice Beppe Cazzato, Cobas – ciò che l’amministrazione ha cominciato a fare è solo ripristinare un minimo di turn over, assumendo istruttori amministrativi. Per reinternalizzare occorrono le figure previste nel piano occupazionale, vale a dire l’aiuto bibliotecario, che svolge una funzione importantissima, in quanto svolge il grosso del lavoro nelle biblioteche. Perciò noi chiediamo che ci sia un concorso specifico, al momento questo non c’è, nel piano occupazionale è previsto alla fine del 2023, quindi fuori tempo massimo. Si torna al fatto che, se assumeranno,verranno assunti 30 istruttori amministrativi. Senza contare che, anche rispetto a questo, nutriamo dubbi, dal momento che si tratta per ora di annunci. Teniamo inoltre conto che è tutto il Comune a soffrire di mancanza di personale, come dimostra il caso dell’anagrafe, dove: mancano una cinquantina di persone, ne sono giunte meno di dieci, a fronte di un sacco di lavoro arretrato tanto da giungere al’ossimoro di programmare lo straordinario Tirando le fila: il personale amministrativo, che viene assunto dalla graduatoria degli istruttori amministrativi, che venga destinato a fare il lavoro tipico dell’istruttore amministrativo, quindi in uffici come anagrafe, ufficio casa e nelle direzioni dove gli istruttori aministrativi mancano; per le biblioteche, che venga fatto il concorso. Non solo – conclude Cazzato – il problema della reinternalizzazione pone quello precedente della scelta scellerata dell’esternalizzazione. Siamo di fronte a lavoratori che lavorano nel servizio biblioteche e archivi da 15 anni, Pensiamo sia una questione di giustizia che vengano riconosciuti loro i titoli di servizio per partecipare al concorso, facendoli valere. Se si compie una reinteranlizzazione lasciando a casa i lavorattori che per 15 anni hanno garantito il servizio, si compie veramente una grandissima ingiustizia. Reinternalizzaizoni dunque sì, ma serie, che non comportino il sacrificio di chi ha garantito finora il sistema dei servizi”.

“Il servizio biblioteche e archivi per la cittadinanza è imprescindibile, importantissimo – dice Luca Milani, presidente del consiglio comunale, sceso insieme alla consigliera, presidente della commissione cultura, Barbara Felleca – e quindi sono importanti i lavoratori che lo mettono in atto. L’operazione che stiamo facendo è quella, con gradualità, piano piano, di rimettere sempre più personale assunto dall’amministrazione comunale. E’ un processo lento, che vede in difficoltà i lavoratori dell’appalto, dal momento che in qualche misura si possono sentire esclusi e dal momento che c’è da vincere il concorso pubblico. Queste due cose, tuttavia è difficile tenerle insieme. Vediamo se, con gradualità, mettendo in atto anche bandi che riconoscono l’anzianità di servizio, si può studiare un sistema per dare soluzioni”. Per quanto riguarda i tagli e la loro concreta presenza, la delibera del bilancio di previsione prevede, come dice Milani, un taglio della voce complessiva ma è una voce composita, fatta da più capitoli di spesa. Quindi, coclude milani, “lo verifichiamo, i lavoratori ce lo hanno segnalato ampiamente. Il problema è che ci troviamo di fronte a svariati settori in sofferenza, compito della politica è trovare un equilibirio”. Insomma par di capire, la questione è ancora in pieno sviluppo, mentre il 30 aprile, ovvero la scadenza del vecchio bando, è alle porte.

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