l’Onu è impreparato alle sfide del nostro tempo

Biden, Putin e neo maoismo di Xi Jinping viaggiano su direttive antitetiche

A latere della 77° Assemblea Generale delle Nazioni Unite, appena conclusa, abbiamo avuto la positiva notizia dell’incontro “formale” tra il Segretario di Stato Vaticano, cardinale Pietro Parolin, e Sergej Lavrov, ministro degli esteri russo. Meeting volutamente tenuto riservato ma ad alto livello diplomatico, avvenuto, pare, su espressa richiesta proprio della Santa Sede, che continua a lavorare sotto traccia (a differenza dell’esposizione mediatica della Turchia di Erdogan) per una soluzione pacifica in Ucraina e, inoltre, spera di poter realizzare un pellegrinaggio di papa Francesco a Mosca e Kiev, a breve.

La politica estera vagliata dal Vaticano dall’arrivo di Bergoglio ad oggi è stata meno eurocentrica e sempre più focalizzata alle periferie del Mondo. Il cardinale Parolin rappresenta il massimo interprete di questa strategia geopolitica di “decentramento”. Che al centro pone: la costruzione di “ponti”, modelli sostenibili e fenomeni migratori, la lotta ai fondamentalismi, al commercio delle armi, alla tutela dell’ambiente e a favorire il dialogo interreligioso. Una visione francescana a tutto tondo che, tuttavia, non chiude completamente le porte alla Cina, indispettendo così Washington su questa apertura, per certi versi, storica.

È opinione diffusa che ci troviamo in un epoca distrofica. Dove multilateralismo di Biden, visione post-sovietica di Putin e neo maoismo di Xi Jinping viaggiano oramai su direttive antitetiche. Purtroppo, attualmente a prevalere nella partita delle relazioni internazionali sono attriti permanenti o emergenti, rivalità e idiosincrasie, che pongono oggettivi limiti all’azione diplomatica.

L’ordine mondiale che conosciamo non pare in grado di rigenerarsi, sollecitato dall’intrecciarsi di crisi globali come la pandemia, il climate change e la guerra in Ucraina. Un mondo vittima di se stesso tra recessione, inflazione, carenza energetica ed alimentare. Nemmeno il “parlamento universale”, che dovrebbe essere preposto alla sintesi e alle soluzioni pacifiche, è in grado di offrire un punto di equilibrio tra le diverse anime in lotta. Al contrario, è proprio l’organo mondiale a dimostrarsi impreparato alle sfide del nostro tempo. Diagnosticando la sintomatica perdita di rilevanza. Gli USA, dopo quasi tre decadi da superpotenza incontrastata, sono nel momento di maggiore debolezza internazionale. E lo stesso vale per i suoi stretti alleati, Europa e Giappone.

La triade sorta dalle ceneri della Seconda Guerra mondiale ha perso pulsione attrattiva. L’ascesa di quello che viene definito il “non-Occidente”, ma che più semplicemente è identificabile con la Cina, sta avvenendo attraverso una lenta maturazione dei rapporti di forza, sia economico-finanziari che militari. La transizione in atto nei meccanismi di potere è la logica conseguenza di errori pregressi compiuti dall’Occidente, che ha mostrato tutte le sue fragilità strutturali, interne ed esterne.

Il fallimento peggiore che accomuna Occidente ed Oriente nel Palazzo di Vetro è stato il certificare la mancanza di volontà nel contrastare le disuguaglianze non solo economiche presenti nella società contemporanea. Non scordiamoci che siamo parte integrante di un contesto dove 40 stati sono a rischio default, 50 milioni di persone vivono in carestia e 345 milioni sono precipitati nella povertà. Con la consapevolezza, praticamente certezza, che l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile del Pianeta, sottoscritta in calce da 193 paesi nel 2015, è appena sparita dalle priorità.

D’altro canto, la Cina non ha nessuna intenzione di imporre il comunismo come modello unico da seguire, quello a cui mira Pechino è un’espansionismo “soft” basato sul multipolarismo come regola fondante. In grado di limitare qualsiasi potenziale ingerenza nei suoi futuri piani, non ultima la questione della “riunificazione” con Taiwan. La Lunga marcia di Pechino pare inarrestabile. Sulla sua strada c’è indubbiamente l’ostacolo Washington, ma il vero problema di Xi Jinping oggi è contenere Putin.

Alfredo De Girolamo    Enrico Catassi

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