Casa come elemento di “esclusione sociale”, Firenze prima negli sfratti per morosità

Firenze –  Per mantenersi la casa, si rinuncia al medico. Non parliamo di ristoranti, vacanze, abiti più o meno di qualità: tutto ciò è ormai un sogno scomparso da un pezzo. Si sta parlando non chissà di quale Paese remoto, ma della realtà italiana, anzi, fiorentina. A Firenze, la città dell’arte e della bellezza, non solo fiorentini in fuga ma residenti sempre più poveri, stretti fra l’incudine e il martello dell’emergenza abitativa e della precarietà lavorativa. 

A far parte di questo desolante panorama, mutui e affitti insostenibili e bollette-salasso. Così, dietro lo sfolgorante cerone della città in vendita al turismo, si affaccia il vero volto nelle risposte al questionario del Sunia (campione di 674 persone). Risposte che fanno affermare alla segretaria del Sunia regionale Laura Grandi e della Cgil Paola Galgani, che, in una città sempre più inospitale, la casa funziona da elemento di esclusione sociale. Da qui, l’appello alla politica: “Serve una azione forte da parte della politica”, dicono Grandi  e Galgani presentando una lista di proposte.

Intanto, un dato: a dicembre 2017 si è concluso il bando integrativo per le case popolari a Firenze e, a un anno di distanza, oltre 500 famiglie hanno fatto richiesta di una casa del Comune, andando ad aumentare la graduatoria fino a 2454 nuclei familiari. Il sistema del questionario per monitorare la realtà del territorio non è cosa nuova per il Sunia, il maggiore sindacato degli inquilini, dal momento che già nel settembre del 2016, in occasione del bando, il Sunia aveva messo in moto una sorta di indagine tra gli iscritti, che si era conclusa mettendo in luce, nero su bianco, la situazione di grande difficoltà economica e sociale in cui versava buona parte di  coloro che si erano rivolti al sindacato per riempire la domanda di un alloggio pubblico.

Nuovo questionario dopo 18 mesi, ecco i risultati.
intanto, il campione degli intervistati è costituito da 674 persone che tra il 5 settembre 2017 e il 30 aprile 2018 si sono rivolte agli Uffici del Sunia di Firenze; il 38%, comei nformano dal Sunia, sono cittadini stranieri, dei quali il 15% dell’America latina, il 26% albanesi, il1 4% della ex Jugoslavia, 45% del nord Africa, il restante 10% sono varie nazionalità. Mentre il 62% sono cittadini italiani. Di questo campione, solo 137 persone hanno fatto la domanda per le case popolari.

Fra i dati che emergono dal questionario, uno, segnala Laura Grandi, è particolarmente grave. Se fino ad oggi il mercato delle locazioni fiorentino era “escludente” causa i canoni di locazione esageratamente alti, oggi neppure chi volesse e potesse pagare trova alloggio. Di fatto, è sempre più impossibile trovare casa a Firenze indipendentemente dall’esosità dei canoni e da quanto si è disposti a spendere.

“Siamo in presenza di un mercato bloccato, a causa del turismo, che detta i ritmi e i tempi dell’abitare in città”, spiega la segretaria del Sunia.Un esempio particolarmente paradossale illustra meglio ciò che s’intende. Persino gli studenti, un tempo merce preziosa per i proprietari, trovano difficoltà a trovare soluzioni alloggiative in città, e son costretti a spostarsi sulla direttrice delle linee dei treni. Tra l’altro, si verifica, e non solo per gli studenti, l’effetto castello di carte: non trovando casa a Firenze, ci si sposta a cascata sui comuni limitrofi, aumentando i canoni di locazione e trasportando le problematiche dell’emergenza abitativa anche in luoghi e comuni in cui non si era mai affacciata prima. “Ormai per accedere ad un alloggio in affitto, bisogna avere dei requisiti necessari, pena l’esclusione dal mercato della locazione, almeno due contratti a tempo indeterminato. E va da sé che prendere una casa in affitto diventa sempre di più un percorso ad ostacoli, un vero e proprio miraggio”, spiegano Grandi e Galgani.

C’è anche un altro passaggio che rende ancora più di difficile soluzione il problema.
La difficoltà nel reperire un alloggio, si scontra con una difficoltà anche di natura lavorativa. Dal campione intervistato emerge che  il 47% dichiara di essere occupato con contratto a tempo determinato, il 21% di essere disoccupato, mentre solo il 32% ha un contratto a tempo indeterminato; il 100 % del campione riferisce di non riuscire ad arrivare alla fine del mese.

Ora, raffrontando gl stipendi ai costi dell’abitare, si capisce quanto la lotta per la casa diventi una vera e propria lotta per la sopravvivenza.   L’89% delle persone intervistate ha infatti  riferito che le voci che più gravano sul reddito famigliare sono il costo dell’affitto, la rata del mutuo e delle spese condominiali. Il 64% delle famiglie ha spese che incidono per oltre il 53% del loro reddito. Il 34% dichiara che incide tra il 30% e il 35%; il 2% sotto il 30%.

Del resto, Firenze, secondo quanto spiegato nell’incontro odierno, sconta in particolare questa inadeguatezza fra canoni e redditi famigliari mescolando una tradizionale carenza di alloggi con il boom degli affitti brevi per turisti, che mina alle basi il concetto stesso di rapporto “equo” fra alloggio e canone.

Se il problema è il costo dell’abitare, tuttavia non si ferma qui.
Dal questionario emerge infatti che il 68% degli intervistati ha percepito un grande aumento per quanto riguarda le bollette dei servizi,
con la terna maledetta costituita da acqua luce e gas  che ogni due mesi si abbatte sugli intervistati corrodendone le capacità di sopravvivenza. Così, sono i mesi del grande freddo quelli che fanno più spavento, tant’è vero che in molti tagliano drasticamente il problema rinunciando al riscaldamento o andando a letto alle prime ombre.

A tutto questo si aggiunge lo stato degli alloggi. Dalle domande poste emerge che  il 37% del campione abita in appartamenti umidi, con tracce di muffa alle pareti e soffitte che presentano una umidità diffusa e permanente.Se poi si considera coloro che dichiarano di soffrire il freddo d’inverno nn potendo riscaldare la propria abitazione per ragioni economiche, la percentuale sale al 44%.

Un altro dato interessante è come fanno le famiglie ad arrivare alla fine del mese sbarcando il lunario. Se il 57% degli intervistati riferisce di fare “grossi salti mortali”, il 22% ci arriva con aiuti esterni, di solito parentali. Il 21% invece non ci arriva, facendo saltare così affitto  e condominio. Tant’è vero che il 10% circa del campione riferisce di essersi rivolto a Finanziarie per un prestito, necessario a far fronte al canone di locazione, per una momentanea difficoltà economica.

Ed ecco a cosa rinunciano le famiglie, quando la necessità incombe e devono respingere il rischio di diventare morose: in primo luogo alle vacanze, il 35% dichiara di non fare vacanze da 5 anni; in secondo luogo alla pizzeria, mentre il ristorante rimane per moltissime famiglie entità sconosciuta;  seguono il settore culturale (cinema, teatro, libri) quello dell’attività sportiva (palestra), ma anche le attività ludiche per i figli. Se ci si sposta sugli anziani, a saltare (il 73%) sono le spese sanitarie troppo costose.  Per tutti, e questo è uno degli aspetti più tristi, saltano le cure dentistiche: quasi il 90% dei casi rinuncia per se’  e deve rinunciare all’apparecchio per i denti dei figli.

“L’unica nota ‘drammaticamente’ positiva – sottolineano Grandi e Galgani – è il netto calo dello sfratto per finita locazione: solo un 10% di intervistati dichiara di avere una sfratto perché il contratto è finito. E questo dato non vuol dire che no vi sono più sfratti a Firenze; infatti sono tutti per morosità ed oltre il 45% dichiara di avere un’esecuzione forzata in corso, ma con la nuova legge, tale fattispecie non prevede un punteggio nella domanda”.

Entriamo così nell’ultimo e forse più impressionante capitolo, quello degli sfratti a Firenze. 

Intanto, con in mano gli ultimi dati elaborati dal ministero dell’Interno sul numero di sfratti emessi nei capoluoghi di provincia nel corso del 2017 , Firenze  risulta la seconda città in Italia per gli sfratti  in rapporto ai numeri di abitanti , con 4291 di richieste di esecuzione nel 2017, preceduta da Milano. Recupera tuttavia, diventando prima, per quanto riguarda gli sfratti eseguiti per morosità rispetto al numero degli abitanti. Emerge così la conferma di ciò che  Sunia e CGIL avevano più volte denunciato, ovvero la “costante e  progressiva presenza degli sfratti per morosità, a seguito della perdita del lavoro”.

blocco_antisfratto_in_via_de_pilastri.jpgMa è scorrere l’elenco delle convalide di sfratto rispetto al 2016 che fa venire i brividi. Ecco i dati degli ultimi tre mesi, resi noti nell’incontro con la stampa di questa mattina organizzato da Sunia e Cgil: a Firenze nell’ultimo trimestre ci sono stati 130 sfratti al mese con forza pubblica; il 98% di questi sono sfratti per morosità;  l’80% di questi sfratti per morosità sono dovuti alla perdita di lavoro, riduzione orario di lavoro, chiusura della propria attività. E in prospettiva, dicono dal sunia, le cose non migliorano: nelle cancellerie aumentano le richieste di convalida di sfratto. “I prossimi mesi saranno caratterizzati da una miriade di nuclei familiari che dovranno fare i conti con la polizia alle porte (in linea col trend, si stimano oltre 600 sfratti nei prossimi tre mesi)”.

Tirando le fila, di fronte a un quadro dalle tinte così fosche, da parte del Sunia e della Cgil si tenta di mettere in chiaro alcuni snodi da cui ripartire.
Intanto, come dicono Grandi e Galgani, è necessario che la questione abitativa torni al centro dell’agenda politica. Sicurezza, certo, ma “sicurezza sociale”, che riguarda “diritti negati, tra i quali ci sta quello del diritto ad una casa: una casa ad affitti sostenibili, che permetta alle famiglie di poter liberare il proprio reddito per la propria vita, socialità, ascensione sociale. Di fronte a questa grave situazione di disagio, gli interventi della politica devono essere a 360 gradi”. Vale a dire, intanto l’amministrazione ha la responsabilità di mettere in moto “un’azione volta a liberare gli alloggi nel mercato del privato, dalla ghigliottina degli affitti turistici, che stanno sottraendo ai residenti la possibilità di trovare un alloggio libero che non sia destinato alle locazioni mordi e fuggi e che stanno trasformando Firenze in una città museo. Agire con la leva fiscale per facilitare i canoni calmierati, tramite gli Accordi territoriali”.

Un altro step necessario, sarebbe, tramite l’intesa con parti sociali e operatori del settore, “istituire un fondo di garanzia a sostegno delle famiglie in affitto colpite dalla crisi economica, un vero e proprio ammortizzatore sociale che consiste nel garantire a chi e’ disoccupato, in mobilità, in cassa integrazione ordinaria e straordinaria”. Infine, potenziare “lo strumento del contributo in conto affitto, che da la possibilità alle famiglie di avere uno strumento che li aiuta a non cadere nella morosità, in vigenza di contratto, attingendo casomai dall’extragettito della tassa di soggiorno”.

“E’ comunque giunto il momento di affrontare il disagio abitativo con politiche di ampio respiro – concludono Grandi e Galgani  –  che prevedano un piano pluriennale di aumento dell’offerta di alloggi sociali in affitto a canoni sostenibili (puntando sul recupero di aree ed edifici dismessi senza ulteriore consumo di suolo) e una dotazione finanziaria certa e continuativa per permettere programmazione degli interventi e sostegno diretto agli inquilini in difficoltà”.

 

 

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