Alle Piagge il libro di Deidda sulla vita senza padroni di Bruno Borghi

Firenze – Una vita senza padroni può ben essere esempio didattico per tutti noi. Qualcosa che con umiltà, senza retoriche facili, senza parole complesse, si impone quasi senza volerlo, con la forza primordiale di essere se stessa, senza gli accomdamenti e le piccole viltà, senza la polvere del compromesso che ci circonda. E’ un respiro d’ossigeno puro, una vita senza padroni, senza l’angoscia di accomodarsi, di fare ciò che tutti si aspettano da noi. E’ questo che si respirava ieri, nel corso della bellissima presentazione di un bellissimo libro, presso la Comunità delle Piagge che con la sua piccola, indipendente casa editrice lo ha pubblicato. Il libro, dal titolo “Basta un uomo. Bruno Borghi. Una vita senza padroni”, è di pugno di Beniamino Deidda, chi modera il dibattito è don Alessandro Santoro e chi lo presenta è Tomaso Montanari. Insieme, un ex procuratore della Repubblica, un prete simbolo egli stesso, un intellettuale spesso “contro”, il coro collettivo di una comunità riuniti per raccontare un uomo. Luogo, la piazzetta di fronte alla sede della cooperativa e chiesetta, sotto i pioppi e i tigli, dentro le Piagge. Gente, tanta, da compagni di viaggio di Borghi, a appartenenti alla comunità di don Santoro, a tanti altri che conoscono la vita straordinaria di quest’uomo che è sempre stato dalla parte dei poveri. Una povertà intesa nell’accezione che comporta mancanza di opportunità, inguistizia, oppressione. Ciò contro cui Borghi non ha mai cessato di rappresentare un muro invalicabile. Ed è tutto ciò il contenuto del bellissimo libro di Deidda, amico e rispettoso narratore compagno di cammino.

Una storia da rileggere, dice don Santoro, una storia che chiarisce molto bene da che parte stare, dice Gianni Ricciarelli, della comunità delle Piagge. I ricordi dell’amico, il saluto alla moglie e al figlio, la lettura di alcune parti del libro. La ricostruzione della personalità di Bruno Borghi, una memoria corale, aperta ai contributi di tutti i presenti. Ma anche aneddoti divertenti della sua vita, l’insistere sulla sua evangelica fermezza nel restare sempre dalla parte del “sacro”, che coincide con l’umanità. Anche quando ciò significa abbandonare la Chiesa.

Il libro non è un biografia di Bruno Borghi. Lo dice e lo spiega l’autore, Beniamino Deidda, che con la sua frequentazione quarantennale ricorda che l’uomo era di poche parole soprattutto parlava pochissimo di se’. Del resto, era ciò che faceva a rendere straordnaria la sua esistenza, come quella di tanti altri compagni di gioventù, fra tutti il compagno di seminario don Milani. Poche parole, ma fatti tanti. Il libro, per queste ragioni, ricorda Deidda, non è una biografia, “ma il racconto più o meno fedele di alcune vicende che lo hanno visto protagonista”. In particolare,  quelle che riguardano “il suo impegno sociale e sindacale, il segno che ha lasciato nella Chiesa, le sue lotte in anticipo sui tempi per i diritti dei disabili e dei carcerati, il sogno generoso della vittoria della rivoluzione in Nicaragua”. E l’interrogativo che permea il libro, come spiega l’autore, è “chiarire chi sia stato davvero questo prete, che tutto ha fatto, salvo che il parroco tradizionale della Chiesa Cattolica e quali spinte ideali lo abbiano guidato”.

Un uomo, Borghi, “cristiano assoluto”, come lo definisce Tomaso Montanari, autore della prefazione, “sciolto cioè da ogni compromesso convenienza, rispetto“. Un uomo pericoloso, in un certo senso, perché disturba la quiete, magari lo quiete di ciascuno di noi, ritagliata sui compromessi quotidiani, sugli accomdamenti, come scrive Montanari. Pericoloso perché “ci rende inquieti”, e “accende nei nostri cuori il santo fuoco della ribellione”. Una vita senza padroni, quella di Bruno Borghi, che può far rinascere e dar vigore alle comunità “insorgenti”. Del resto, non è proprio questo l’effetto contagioso della libertà?

 

 

 

 

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