Un serpentone morde Firenze, mille per i diritti negati

Firenze – Un serpentone abbraccia Firenze. Ci sono tutte le voci della gente che non sa cosa succederà della propria vita e che anche oggi ha riempito Firenze, fin dalla mattina, di manifestazioni e flash mob. Di quelli che ben prima del covid avevano complicate esistenze di invisibilità, ma anche di quelli che prima del coronavirus avevano ragione di non temere per la propria sopravvivenza. Un primo dato, che emerge dal lungo cordone di persone che quasi senza slogan, con cartelli e striscioni, scorrono lentamente con le mascherine in volto fra il Lungarno di Santa Rosa,  sede del presidio mantenuto a furor popolare contro la volontà di dismetterlo, lungo l’Arno fino a Ponte Santa Trinita, per tornare indietro sul Lungarno Corsini e poi di nuovo Santa Rosa. Il covid ha funzionato come un grande mestolo in un pentolone, facendo saltare certezze e esplodere situazioni già compromesse.

Sono tante, le sigle che hanno promosso e aderito alla manifestazione. Una prova di unità che raramente la sinistra radicale ha offerto. La lista dei promotori-organizzatori è lunga: Cantiere Sociale Camilo Cienfuegos – Campi Bisenzio, Collettivo Cosmos Castelnuovo, LAST – Lavoratori e Lavoratrici Autorganizzati dello Spettacolo – Toscana, Partito Comunista – Firenze, Cobas ALIA Firenze, COBAS Comitati di Base della Scuola Firenze, PRC Firenze, Radio Wombat Firenze, La Piana contro le nocività-Presidio Noinc Noaero, Assemblea autoconvocata delle lavoratrici e dei lavoratori del sociale, Movimento di lotta per la casa Firenze, CPA Firenze Sud, Usb Firenze Sindacato, Lotta Continua Firenze, Collettivo Bujanov, Sindacato Autogestito USI sanità – Careggi, CUB Firenze e Ogni giorno è il Primo Maggio.

Oltre le sigle, storie che si intrecciano e si sovrappongono, ma che hanno tutte una nota comune, incertezza e precarietà. C’è Maurizio da anni a Firenze, da anni invisibile, lavori precari al nero, con unica possibilità abitativa, quella di risiedere in un’occupazione. Ad ora, senza residenza, senza possibilità di accedere ai pochi fondi a ristoro di chi ha visto diminuire il proprio reddito causa covid, senza nulla. Cancellato. Oppure un ragazzo, fiorentino di nascita, sanfredianino, di poco oltre i trent’anni, una difficile storia di dipendenze alle spalle, che dopo aver denunciato il fatto che nella cooperativa in cui lavorava non venivano consegnati guanti e mascherine a sufficienza, ha perso il lavoro, e se ne sta in una precaria sistemazione abitativa, senza residenza, nonostante sia stato per anni in carico ai servizi sociali e al sert e sia ben conosciuto dall’assistenza sociale. Anche per lui, ad ora, nessuna possibilità di accedere a reddito d’emergenza o ad altri aiuti sociali. Cancellato. Ci sono un gruppo di donne che ordinariamente fanno le badanti o le colf, ed ora sono a casa, senza possibilità di dimostrare che il proprio reddito è diminuito o si è annullato con lo tsunami della pandemia. Cancellate. A casa, per chi ce l’ha, per chi la sta perdendo, chi non ce l’ha … s’arrangia.

Nuovo virus, vecchi problemi. Il gruppo dei bibliotecari in appalto, ad esempio, che fino a poco fa, se potevano presumere che un precariato eterno come il loro poteva ormai essere diventato una via all’occupazione (c’è chi si è sposato, ha fatto figli, è riuscito persino a pagare un affitto senza troppi problemi o ad accendere un mutuo) ad ora sprofondati nella più assoluta incertezza. Come spiega Gabriella, giovanissima bibliotecaria, il rischio è che si riducano i servizi bibliotecari, restino chiuse o con lavoro più che dimezzato biblioteche storiche di Firenze, e l’amministrazione si riorganizzi in modo da non avere più bisogno della loro competenza. Diminuire, tagliare. L’ammanco di 200 milioni sul bilancio del Comune rischia di abbattersi come una accettata sui servizi essenziali, ma la scelta, dicono i bibliotecari, è anche politica: Firenze non può rinascere rinunciando alla cultura. O, come è stato ventilato da qualcuno, prendendo personale in surplus da altri servizi e inserirli magari ai servizi bibliotecari. Impossibile, del resto, perché bisognerebbe trovarlo, il surplus, dopo i tagli di questi anni. “Ad ora, nonostante le lettere aperte e il flash mob di pochi giorni fa, ancora non abbiamo ricevuto nessuna notizia, se non che la nostra questione è sul tavolo dell’amministrazione”. Aspettare, senza nessun tipo, ad ora, di prospettiva. Aspettare. Aspettare settembre. E poi?

Preoccupazione e inquietudine invece, per quello che trapela sulla scuola. “Non c’è quella quota diciamo, standard, di ragazzi che viene bocciata – dice  Silvana Vascirca, Cobas Scuola- questo riduce il numero degli alunni. Il ministero, approfittando di ciò, ha deciso di aumentare il numero degli alunni per classe, riempendole ancora di più. Per adesso, nonostante tutti i discorsi sul distanziamento e la sicurezza, tutto ciò che è stato stanziato riguarda l’insegnamento telematico, vista la carenza i cui giacciono le scuole, mentre gli stanziamenti non hanno riguardato il personale docente o gli ATA, importantissimi perché dovrebbero fare le profonde pulizie del caso. Niente è stato fatto neanche per cercare nuovi spazi, le scuole in parte li hanno, ma andrebbe monitorata la situazione in tutta Italia anche per quanto riguarda i Comuni. Un lavoro che richiede un certo tempo, e che finora nessuno ha neppure cominciato”. Tirando le fila, tutto sembra rimandato a settembre. “Si rientra con una doppia paura – dice Michele Santoro, Cobas – quella che si riattivi nuovamente il contagio, e che la situazione della scuola, da quanto trapela, vada addirittura a peggiorare”. E in Toscana? “Situazione come nel resto d’Italia – dicono gli insegnanti – 118 insegnanti tagliati, saltando un passaggio fondamentale con i sindacati: non si sa dove sono stati tagliati, come sono stati tagliati, con quali criteri”.Risultato: taglio ai docenti, taglio agli ATA, classi ancora da sistemare. Nessuno sa niente di preciso, a cominciare dai direttori didattici, i vecchi presidi. Inoltre, da pochi giorni è uscito il documento del Comitato tecnico scientifico sulle cifre per la scuola, che dice che, se si mantiene la situazione attuale di contagio, vanno previsti distanziamenti di un metro fra gli alunni. Il che significa classi di 15 alunni. Figurarsi che la previsione è di arrivare anche a 33 alunni per classe. “O aumentano gli stanziamenti, trovano gli spazi, si preoccupano di aumentare gli organici – dicono gli insegnanti – oppure dimezzano la scuola, anziché 6 ore la presenza si riduce a 3”. Anziché 8 ore, 4. Il resto? “Didattica a distanza”. Con turni? Non si sa. Non è chiaro. “Il concorso previsto produrrà il caos solito, con le classi che aspetteranno gli insegnanti. La nostra richiesta è che vengano assunti direttamente, a titoli, i precari che abbiano almeno tre anni di insegnamento, come prevede la normativa europea. La situazione è di emergenza? Bene applichiamo modalità di emergenza. Stiamo parlando di 200mila posti vuoti a settembre”, dice Flavio Coppola, Cobas Scuola. Il sistema solito, quello di chiamare annualmente gli insegnati precari all’insegnamento, se si comincia a settembre, finisce a novembre. Improponibile, con l’emergenza sanitaria attuale.

Radunare tutte le rabbie insieme, nessuno deve rimanere indietro. E’ Stefano Cecchi, Usb, che commenta: “La prima uscita, dopo il primo maggio non festeggiato. Siamo in un pentolone che bolle, se scoppia e nessuno raccogle quel che ne esce, il rischio è che venga raccolto da qualcuno che non ha a cuore nè il bene del Paese nè delle classi popolari”. Paura di una deriva autoritaria  e sovranista, che utilizza la rabbia degli ultimi?

Un’altra rivendicazione forte che da anni viene perseguita dai sindacati di base fiorentini è quella del diritto (soggettivo, lo dice una circolare del ministero del Lavoro) alla residenza, una questione che rende paradossale la situazione esistenziale di gente come Maurizio, o William, o decine, centinaia di altri invisibili che spesso nella loro stessa città di nascita non trovano la possibilità di accedere a sanità, servizi sociali, contributi, aiuti, casa popolare. “Non avere la residenza preclude a queste persone, sia da anni sul territorio cittadino nel caso di Firenze, sia addirittura fiorentini di nascita, di accedere ad esempio al reddito di emergenza, come a quello di cittadinanza – dice Giuseppe Cazzato, Cobas comunali – In pratica, questi cittadini sono stati lasciati lasciati in balia di se stessi. Si tratta di persone costrette, in quanto senza residenza, a  campare di lavori precari, che in questo momento non hanno assolutamente nessuna chance. Quindi è urgente trovare una soluzione anche perché l’unica possibilità di avere qualcosa per sopravvivere, il reddito d’emergenza, scade il 30 giugno. Entro il 30 giugno devono avere la residenza, fare l’Isee e presentare la domanda”. Bisogna correre.

“Una manifestazione, quella odierna, che stiamo organizzando in collaborazione con le altre realtà cittadine – dice Pablo Bartoli, Collettivo di Unità Anticapitalista di Firenze, aderente al Fronte di Lotta No Austerity – un percorso unitario molto importante. Importanti anche le modalità di sicurezza che si stanno tenendo, perché non vogliamo avvallare la fine ancora non reale dell’emergenza sanitaria, convinzione falsa che manda i lavoratori al macello. E’ una marcia che per la prima volta vede una piattaforma di rivendicazioni condivisa  da quasi tutto il sindacalismo di base. Sulla base di ciò si può cominciare un’altra fase, propositiva, dal momento che è chiaro che ci troviamo di fronte alla necessità di cambiare la società in modo radicale”. La crisi di un sistema, da cui, dice Bartoli è necessario partire per “uscire da questo sistema di produzione e di rapporti economici”.

Un protagonista delle lotte della casa a Firenze, il Movimento di lotta per la Casa, mette il punto sulla questione dei diritti negati. “Sanità, lavoro, casa – dice Marzia Mecocci, portavoce del Movimento – tutto ciò che dà dignità alla vita. Si tratta di diritti naturali. Nessuno ne è sguarnito dalla nascita, nessuno deve esserne privato. Perché? In quanto semplicemente essere umano. E’ per questo che oggi ci siamo, vogliamo esserci, vogliamo sia chiaro che, proprio perché portatore di diritti originari dell’umanità, nessuno deve essere lasciato indietro. In questo momento particolare, in cui l’emergenza ancora spinge e pesa (non sono arrivate nemmeno le casse integrazioni) chiediamo che, sul tema della casa, fondamentale perché assicura il mantenimento del lavoro, la possibilità di occuparsi della propria salute e il diritto all’istruzione, il patrimonio immobiliare del Comune venga riconvertito in case popolari invece che venduto. Anche perché da settembre scoppierà una grande emergenza abitativa. Ad ora, – ricorda Mecocci – gli sfratti sono bloccati fino al 1 settembre. Da settembre, sarà una mattanza e Firenze è una delle città più colpite”. Si sta parlando, in prospettiva, di centinaia di famiglie. “Rischiano di essere migliaia – dice Mecocci – perché tutto deve ancora venire: non sono solo le persone per cui il covid ha esasperato situazioni già precarie, ma anche persone che mai si sarebbero sognate di vedersi arrivare lo sfratto con forza pubblica alla porta”. Insomma il covid ha girato, come storicamente le pandemie hanno sempre fatto, il mestolo nel pentolone.

In piazza con i movimenti e le organizzazioni sindacali di base, buona parte di Rifondazione, i consiglieri comunali di Sinistra Progetto Comune Dmitrij Palagi, Antonella Bundu, e quelli dei quartieri Torrigiani e Ridolfi. Presente Pap, e, fra i sindacati di base, i Cub. Sul percorso, anche gli striscioni dei lavoratori dello spettacolo, la sanità con i suoi operatori in trincea, gli studenti del ColPol di Scienze Politiche, una nutrita rappresentanza di stranieri costretti a lavorare on stipendi da fame e al nero. Accanto, ragazzi italiani costretti a lavorare con stipendi da fame e al nero. A tutti, il democratico e antirazzista covid ha tolto quel poco che avevano e in cambio ha dato, a tutti, la stessa cosa: oltre la precarietà, la rabbia e la paura. Di se’ e del futuro.

Foto: Luca Grillandini

 

 

 

 

 

 

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