Galeotto fu quel post ma non chi lo scrisse. E’ bastato un pungente pistolotto facebook di Federico Parmeggiani (tra i giovani più lanciati al netto del rapporto età-incarichi, con sedute in Coop Alleanza 3.0, Act e Iren Ambiente) in cui definisce la sparata renziana sul ponte di Messina “una cagata pazzesca”, memore del famoso commento fantozziano a proposito della Corazzata Potemkin, per far sì che la liquidità del dibattito social tracimasse negli equilibri e negli schieramenti interni del Pd.
Particolarmente acceso, tra gli altri, il confronto tra l’assessore Scilla-Tutino (costantemente allineato con la minoranza nella speranza che si ribaltino le percentuali) e la notaia consigliera comunale Cariddi-Manghi, pasionaria renziana sempre in sintonia con tutte le scelte del Premier, realizzate o soltanto annunciate. Come appunto in questo caso.

Maura Manghi, circondata da No-Pont, prima di buttarla sul ritornello caro ai rottamatori, ovvero “il costo dei sogni”, ha anche cercato di districarsi in qualche tecnicismo storico. Tipo la frequenza dei traghetti, l’alta velocità, Calatrava e perfino il Golden Gate. Ma Mirko Tutino, appoggiato da un discreto numero di sostenitori, ha smontato pezzo per pezzo il costruendo ponte teorizzato per dare un senso all’uscita del Premier, semplicemente buttandola sul rapporto costi/benefici. Quella sana e razionale relazione tra conti e vantaggi spesso dimenticata specie in campagna elettorale.
Tutino così chiosa il suo sempre più marcato anti-renzismo: “Io credo che questa dichiarazione manifesti semplicemente la natura di un uomo e del suo progetto politico. Oltre alle alleanze sociali, economiche e politiche che intende sostenere”. Gelo tra gli altri potenziali tastieristi d’area che si astengono così dall’intervento. In attesa del 5 dicembre…