Firenze – Corteo studenti-lavoratori, almeno mille secondo gli organizzatori, ma la novità è che di nuovo il mondo degli studi e quello del lavoro si prendono per mano. Così, Firenze stamattina vive ancora, dopo molti anni, un evento in cui gli slogan si mescolano e si condividono: dalla classe operaia al mondo studentesco, la vera richiesta è quella di una prospettiva equa per il futuro. Con una richiesta comune, che, nata nelle assemblee operaie della GKN, presente in forze, viene rilanciata dagli studenti: sciopero generale.
La manifestazione comincia verso le 10 partendo da piazza San Marco, dove c’era il ritrovo. Centinaia di ragazzi, dietro lo striscione del Calamandrei occupato, cori, slogan, fumogeni. Ma la consapevolezza da parte degli studenti è che, come dice Anija, “se non difendiamo il lavoro non difendiamo il nostro futuro” e “se il lavoro si scorda di noi, distruggeremo le stesse nostre possibilità di avere un futuro”.
Il drappello della GKN è numeroso, composto, organizzato. I tamburi che rullano danno anche il senso di una protesta che non molla, nonostante i segnali non siano dei migliori, come dice Simone, un operaio: “Si è parlato di compratori, aleggiano casse integrazioni, sta tornando il problema dei licenziamenti. Il dato di fatto è che non c’è nessuna risposta da parte del governo”. Di solidarietà ne hanno vista tanta, i lavoratori, ma ad ora i risultati non sono ancora arrivati. “il timore è di vedere un quadro già visto – dice ancora Simone – ma la città che ha fatto fronte unito con noi ci rincuora”. A pochi passi, quasi a sottolineare le sue parole, sventola la bandiera della Brigata Sinigaglia dell’Oltrarno. Del resto, anche stamane, come un abbraccio al corteo degli studenti, si percepisce la voglia di unità. Ci sono i sindacati di base, i movimenti, le associazioni. Con gli studenti, con i lavoratori.
Il corteo è colorato e rumoroso, ma pacifico. Una sosta alla Prefettura sbarrata e poi tutti in San Lorenzo. Un corteo tuttavia che non è frutto di imporvvisazione, come spiega Dario Salvetti, del Collettivo di Fabbrica. Il percorso di avvicinamento è partito a settembre, “perché gli studenti hanno percepito che la situazione di Gkn getta ancora più precarietà e incertezza sul loro futuro indipendentemente dal lavoro che faranno usciti dalla scuola”.
Se l’incontro è avvenuto sulla base dell’emergenza che scuote i due mondi, quello scolastico e quello lavorativo, le istanze sono tuttavia molto simili. Intanto, nel sintetico slogan “contro la scuola dei padroni”, c’è tutto il malessere di almeno due generazioni contro la “scuola degli obiettivi” da raggiungere, del merito del singolo, premiato a scapito di chi rimane, travolto da logiche squisitamente d’ordine, all’ultimo posto o candidato all’esclusione: lavorativa e sociale. “Siamo noi che dobbiamo fare la scuola – dice sbrigativamente una studentessa – non ci stiamo a sostenere le logiche di chi sceglie “i meglio” con l’occhio alla nostra futura produttività. Non ci stiamo al fatto che il merito sia deciso in base a questo. Deciso, da chi?”.
“Non si tratta solo del problema della GKN – conclude una sindacalista dell’Usb – la GKN è una lotta di tutti, perché il problema delle delocalizzazioni, delle scelte dei board dei Fondi finanziari secondo algoritmi impersonali che non tengono conto della vita della gente è un sistema generale che non possiamo fare passare. La tensione generale dello scontro che si sta verificando e che coinvolge le stesse fondamenta del sistema neoliberista che a tutt’oggi, nonostante lacrime di coccodrillo tardive, impera, è stata compresa e coinvolge anche gli studenti, al di là della Dad, delle classi pollaio, di tutto ciò che di critico stanno attraversando le nostre scuole”.
Insomma, in sintesi: scuola e lavoro, insieme, dicono alla società che la strada imboccata porta solo alla dilacerazione del tessuto sociale, diviso fra “migliori” e “nullità”. “Davvero – conclude un liceale – possiamo permetterci di buttar via tutto il resto dell’umanità a favore di pochi, ristretti club? In nome di che?”. Una battaglia che non è finita, dicono gli studenti che promettono “altre occupazioni”.