
Mettici un esposto in Procura per comportamento antisindacale (il noto articolo 28), mettici la recente protesta della gente contro la buonuscita milionaria dell’ad Nicola De Sanctis, mettici la fuga dei comuni (Casina che vuole uscire dalla società, Cavriago che ha già venduto le azioni, Castellarano che ha disdetto il patto di sindacato, Parma che le azioni le ha impegnate per far fronte ai debiti), mettici che le direttive europee vietano ormai l’uso delle discariche. E ancora, mettici che l’assessore Mirko Tutino un giorno sì e l’altro pure annunci che sta lavorando per costituire una società “in house” per la gestione tutta pubblica dell’acqua, mettici che il “piano industriale” di Iren sembra lo stiano dettando le banche creditrici, mettici infine che sul fronte economico il rapporto tra i volumi di vendita e l’indebitamento sia sempre più sbilanciato verso il secondo, insomma che senso continua ad avere la holding nata nel 2010 per la fusione tra Iride ed Enìa?
E’ la domanda peraltro legittima che la Cgil regionale ha oggi posto sull’eventuale tavolo di confronto coi comuni emiliani (che controllano circa il 22% della società) lanciando un semi-disperato appello (il contesto politico da affrontare appare francamente insormontabile) per rilanciare l’idea di una nuova società fortemente autonoma che eroghi servizi pubblici locali nelle provincie di Reggio, Parma e Piacenza. A maggioranza pubblica, che sia nuovamente espressione del territorio e in cui si riconoscano e partecipino attivamente i piccoli e i grandi comuni. E dove i luoghi decisionali siamo magari nel territorio e non lontani (non solo da un punto di vista chilometrico) da dove poi i servizi vengono effettivamente erogati e i problemi dovrebbero venire concretamente risolti.
Insomma per il sindacato più numeroso d’Italia l’esperimento Iren sarebbe decisamente fallito e il piano industriale andrebbe del tutto rinnovato mettendo davanti a sé la possibilità di un gruppo in grado di fornire servizi nuovi oltre che distribuire energia e di reinvestire più decisamente in quei settori del territorio che producono utili effettivi, in primis la rete dei servizi. Detta così la proposta sembra quasi utopia ma si sa in Italia il contesto politico potrebbe repentinamente cambiare così come ha già fatto in pochissimi mesi. Nel frattempo è anche il giorno del cda: sul tavolo (questo sì assai concreto) la posizione di Andrea Viero fino a ieri deus ex machina della multiutility.