Rischi e benefici dell’intelligenza artificiale: fronti spaccati

Per l’Economist l’area più promettente è quella della ricerca scientifica
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L’Intelligenza artificiale entusiasma e preoccupa al tempo stesso. Rischi e opportunità si intrecciano fittamente senza che sia facile per il comune mortale farsi un’idea delle effettive ripercussioni che questa nuova formidabile avanzata della ricerca umana ha e soprattutto avrà in un futuro assai prossimo.

I gridi d’allarme non mancano, anche dal fronte di chi, come Geoffrey Hinton, ne é considerato uno dei « padrini ». Secondo lo psicologo cognitivo e scienziato informatico che ha appena lasciato Google,  i « pericoli  dei AI chatbot sono alquanto inquietanti » in quanto  se « al momento non sono più intelligenti i noi , penso che presto potrebbero diventarlo ».  Lo scienziato anglo-canadese le cui ricerche sulle reti neurali e il deep learning hanno aperto la strada  ai sistemi di AI come ChatGPT, è in particolare convinto che grazie ai sistemi neurali che sono  simili a quelli umani,  presto l’intelligenza artificiale  svilupperà  assai rapidamente la sua capacità di  ragionare, al momento ancora ai primi passi. 

« E data la velocità dei progressi , penso che le cose miglioreranno assai velocemente e perciò è bene preoccuparsene » ha dichiarato alla BBC convinto però che «  a breve »  AI offrirà molti più benefici che rischi e che quindi bisogna andar avanti : a suo avviso spetterà ai responsabili politici fare in modo che non vi siano conseguenze negative. Comunque, ne é convinto, la competizione internazionale rende impossibile qualsiasi pausa o battuta d’arresto: se negli Usa venisse fermata la ricerca sarebbe la Cina a prenderne un grande vantaggio.

A favore di una « pausa » si erano espressi a marzo decine di esperti del settore AI, tra cui il « tech millionaire » Elon Musk e un altro « padrino » di AI Yoshua Bengio. In una lettera aperta si erano pronunciati a favore di una moratoria per dar modo che venissero elaborate solide misure di sicurezza per regolare l’uso dell’AI.  Spesso demonizzata da chi teme il controllo sulla nostra vita degli algoritmi, discriminazioni, massicce distruzioni di posti di lavoro e addirittura, come rileva The Economist ,la sopravvivenza stessa del genere umano. Il settimanale inglese si sofferma però soprattutto sugli effetti benefici che, secondo alcuni scienziati, potrebbero aiutare l’umanità a risolvere alcun dei nostri problemi più spinosi. L’AI ad esempio potrebbe accelerare  la scoperte scientifiche in campi come la medicina, la scienza climatica e la tecnologia verde.

Per inquadrare i possibili sviluppi dell’intelligenza artificiale e controbilanciare  «  i timori di una disoccupazione su larga scala e di robot killer »,  il giornale  si volge al passato ricordando tutti i passi avanti compiuti grazie all’innovazione scientifica, non sempre accolta all’epoca senza provocare resistenze e preoccupazioni.  O false illusioni, come quella a metà ottocento  che il telegrafo elettrico avrebbe favorito la pace mondiale o, più recentemente, che internet avrebbe ridotto le ineguaglianze  e sradicato i nazionaismi.

« Nel XVII secolo  microscopi e telescopi  hanno aperto nuove prospettive di scoperte e incoraggiato i ricercatori e privilegiare le loro osservazioni rispetto al sapere dell’antichità, mentre la nascita di giornali scientifici ha offerto nuove vie per far conoscere le loro scoperte », contrbuendo così, sottolinea, a rapidi progressi , in astronomia e fisica e aprendo così la strada alla rivoluzone industriale. Ugualmente positivo  è stato alla fine del XIX secolo il fiorire di laboratori di ricerca che « hanno permesso di riunire idee, persone e materiali » portando così a nuove scoperte come i fertilizzanti artificiali,  medicinali e transistor, base del computer » che a sua volta, ricorda il settimanale, ha portato a nuove forme di ricerca scientifica basate su simulazione e modellizzazione, dal disegno delle armi a più accurate previsioni metereologiche.       

La « rivoluzione del computer » è però tutt’altro che conclusa  e ora grazie all’AI sta diventando onnipresente in quasi tutti i settori scientifici, anche se in diversa misura, ma con una capacità di analizzare complessi sistemi come la formazione delle galassie, l’ientificazione di nuovi antibiotici, rivelare il bosone di Higgs e addirittura individuare caratteristiche regionali nei lupi.

Per l’Economist due sono le aree ora particolarmente promettenti, la prima  é la « lbd » (literature based discovery) che analizza l’esistente letteratura scientifica  e la seconda i « robot scientist », cioè sistemi robotici che utilizzano l’AI per formulare nuove ipotesi grazie alla possibilità di effettuare centinaia se non migliaia di esperimenti in campi come la biologia o i materiali. Due opportunità, secondo il giornale, per trasformare le modalità di ricerca scientifiche a patto però che non vi siano ostacoli da parte dei ricercatori che potrebbero non sentirsi all’altezza o temere di perdere il posto.

Concludendo il settimanale ricorda l’eclettico scienziato inglese che nel 1665 aveva dichiarato che l’avvento di microscopi e telescopi aveva aggiunto « organi artificiali a quelli naturali » e si augura che l’AI ci consenta, come era avvenuto allora, di aprire la via a nuovi « mondi »  con grande beneficio per la conoscenza.

https://www.europarl.europa.eu/news/it/

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