Firenze – Se ne va Elisa Simoni, la zarina del Valdarno, cugina del capo del Pd ma che ha mantenuto sempre posizioni critiche nei confronti della leadership renziana. Se ne va in Mdp perché, come lei stessa spiega in varie interviste concesse ai quotidiani, lo spazio interno del Pd non è più “agibile” per i “pensieri critici”, o anche solo “dubbiosi”. Così, si consuma l’uscita clamorosa, almeno in Toscana, di uno dei punti di riferimento di quell’opposizione “soft” che pure a lungo ha tenuto testa, pur con accomodamenti e un appoggio sempre leale, all’onda renziana. E giunge, l’uscita, proprio a ridosso delle grandi sberle prese in regione a Pistoia e Carrara, mentre a Lucca la vittoria è giunta in buona sostanza nonostante la guerra interna del Pd lucchese, per il credito personale di cui gode il sindaco rieletto Alessandro Tambellini.
Le ragioni di quella che all’esterno potrebbe essere definita una sorta di “epurazione” volta ad omogeneizzare il partito intorno al segretario, lasciando cadere o esplicitamente dichiarando il proprio disinteresse verso forme di dialogo nei confronti persino dei semplicemente “dubbiosi” (Franceschini docet), potrebbero tuttavia ricercarsi in un dato oggettivo esterno, vale a dire, nella ormai quasi sicurezza che alle prossime politiche si andrà con una legge elettorale squisitamente proporzionale. Fra i punti su cui tutti i gruppi politici sembrano trovare l’accordo, emerge la soglia di sbarramento, al 5%, cui dovrebbe omologarsi anche quella di accesso al Senato (ora all’8%). Peraltro, scomparso il premio di coalizione, rimane quello al partito che prende il 40% dei voti, possibilità che, rebus sic stantibus, non appartiene a nessuno.Di fatto, quindi, si tornerà a una costruzione da Prima Repubblica, con la ricerca di alleanze dopo la prova elettorale. Il che comporta che, se anche il Pd continuerà a perdere consenso se voti (si registri tuttavia che i sondaggi lo danno comunque ancora verso il 20, 22%) rimarrà sempre il perno per mettere in campo una trategia di alleanze che lo porterebbe in ogni caso al governo. Insomma, con il cambio di passo del proporzionale, la priorità potrebbe diventare quella della compattezza interna piuttosto che quella del “tutti insieme, poi si vedrà”. Senza contare che, come dice qualche iscritto, “rimanere nel mezzo del guado a questo punto in un partito ormai completamente “renzizzato” significa che sarà uno scherzo farsi “toglier di mezzo” alle prossime elezioni”. Perché, lo ricordiamo, passare dalla lista alla poltrona prevede miriadi di variabili, a partire dalla scelta del collegio in cui ci si presenta.
Del resto, fra le notizie filtrate dall’ultimo congresso del Pd, quello senza streaming per intendersi, pare che la questione sia stata posta in termini chiari, con una sorta di aut aut da parte della segreteria che ha messo in atto una specie di “o con me o contro di me”. Posizione che potrebbe ave messo a disagio persino i “tiepidi” di Franceschini, ma che ha sicuramente messo con le spalle al muro Cuperlo e Pollastrini, senz’altro Orlando e i suoi. Per quanto riguarda Emiliano, sembra che per ora l’atteggiamento sia quello attendista, arroccato nelle sue cittadelle fortificate del Sud Italia. Ma, da qui a settembre-ottobre, quando si terranno le assemblee dei circoli, in molti si aspettano altre uscite, più o meno eclatanti.