Nella seduta di ieri, il Senato ha approvato un emendamento (presentato da Stefano Esposito, che speriamo sia presto cancellato dalla cronaca !) che ridefinisce i punti cruciali della riforma (per ora del solo sistema elettorale per la Camera dei Deputati).Eccoli. 1. Il voto di preferenza vale ma non per il capolista nominato dal partito, il primo ad essere proclamato eletto nei limiti dei seggi spettanti alla lista; si può essere capolista in più di un collegio (fino a 10, sui 100 complessivi).2. Accedono alla ripartizione dei seggi le liste che ottengono, sul piano nazionale, almeno il 3% dei voti validi; 3) E’ esclusa ogni forma di collegamento tra liste e il premio di maggioranza (fino alla concorrenza di 340 seggi su 630) è attribuito alla lista che ottenga su base nazionale almeno il 40% dei voti validi (primo turno) o si affermi al secondo turno nel ballottaggio tra le due liste più votate. Esclusa anche ogni forma di apparentamento di liste tra i due turni di votazione.
L’impianto della riforma è un sistema di ripartizione proporzionale e nazionale dei seggi, salva la forte torsione maggioritaria del premio, comunque attribuito (col sistema del doppio turno). Negli altri Paesi, il doppio turno è abbastanza diffuso ma solo per l’elezione di organi monocratici. Applicato alla formazione dei Parlamenti esiste solo nella Repubblica di San Marino. L’emendamento approvato dal Senato mette in linea e combina, almeno per il momento, le esigenze del Presidente di Forza Italia (controllo dei propri parlamentari con capilista nominati e catapultati in più collegi, esclusione di collegamenti e apparentamenti con altre liste che allo stato non darebbero frutto ma solo grane), del Nuovo Centro Destra (drastico abbassamento della soglia di esclusione dalla rappresentanza), oltre naturalmente del Segretario del Pd (la vittoria, forzata, forse artificiosa del suo “partito “a vocazione maggioritaria” attraverso il meccanismo del doppio turno).
Con il combinato disposto della riforma della Costituzione ( abolizione di fatto del Senato, modifica pasticciata del TitoloV ) all’esame della Camera e della nuova legge elettorale, con le caratteristiche che abbiamo in breve indicato, all’esame del Senato, assistiamo inermi,sorpresi e fortemente preoccupati per una deriva politica che sta snaturando la democrazia rappresentativa del nostro Paese, che fa del Partito Democratico, una sorta di partito unico della nazione, il PdR ( questo in fondo vorrebbe essere anche la nuova Forza Italia del patto del Nazzareno , sperando che tocchi a loro dopo Renzi !). L’ esigenza ,che tutti riconosciamo necessaria,della stabilità dell’esecutivo non deve però fare a pugni, al limite dell’odioso, con scelte sicuramente più rispettose dell’equilibrio fra i poteri ( parlamento, governo, magistratura), scelte che con qualche difficoltà e contraddizioni sono state espresse nel dibattito parlamentare dalle minoranze sia del Partito democratico ( Bersani, Civati, Cuperlo, ecc. ) che di Forza Italia ( Fitto, Minzolini, ecc.).Gli altri partiti o partitini della coalizione di governo, salvo qualche eccezione personale, paiono purtroppo accodati al disegno del veloce premier .
Mi chiedo dove sono, almeno con una flebile voce di dissenso, che non metta ovviamente a rischio la “cadrega ” ricoperta, quegli esponenti del PD che fino a ieri si definivano o si atteggiavano a super ” cattolici democratici “, quando pieni di orgoglio e soddisfazione solitamente seguivano nei codazzi le Bindi, i Castagnetti, i Letta, i Franceschini, per non parlare dei super-estimatori dei Martinazzoli, dei Zaccagnini, dei Marcora, dei La Pira ( personalità della DC che adesso- con tutto rispetto – si rivolteranno nella tomba nel vedere questo vergognoso trasformismo dei loro”coerenti ” seguaci ).E, per favore, non ci vengano a dire che Renzi vuol fare una nuova DC, siamo lontani anni luce, da quella tradizione e cultura politica ! Nel bene e nel male la DC, ha dato al paese un ruolo dignitosissimo in Europa e nel mondo, non solo una crescita sociale ed economica, ma anche una “sicurezza” di ancoraggio democratico, senza sbavature e scorciatoie antidemocratiche e anticostituzionali (l’esempio massimo è la cosiddetta legge truffa, che non era tale,del 1953 di De Gasperi ).