Prato – Sarà per Londra e per gli inglesi un Natale 2020 diverso dagli anni scorsi perché all’insegna del lockdown più duro con negozi chiusi, piazze semideserte, locali con le saracinesche abbassate o addirittura sprangate. Uno scenario che ricorda quello della prima chiusura quando la paura del virus trasformò la capitale del Regno Unito in una metropoli virtuosa per le misure di sicurezza adottate per contrastare il Covid-19.
Ne parliamo con M.A. una signora italiana residente da tanti anni a Londra e rientrata in Italia nel mese di luglio. Che succede in queste ore a Londra?
“Vivo da tantissimi anni nel quartiere londinese di South-Bank,uno dei più effervescenti di Londra. Ricordo che all’inizio della pandemia tra gennaio e marzo la città fu tra le prime capitali europee ad imporre la sanificazione negli ambienti pubblici:metropolitane e stazioni. Tutti indossavano la mascherina, le persone non potevano accedere nei negozi se non in base al metraggio dei locali e obbligati ad igienizzare le mani; gli autobus e treni venivano controllati periodicamente. Le metropolitane, per evitare la propagazione del virus, chiudevano alle 9 di sera e così anche nei week-end. Nei supermercati, le casse schermate coi plexiglass e distanziamenti tra i clienti. Mi resi subito conto che qualcosa di terribile stava avvenendo e ne ebbi poi la conferma quando, camminando per le strade del centro di Londra, mi accorsi che importanti catene commerciali, ristoranti e bar famosi erano inaspettatamente chiusi. Ed ebbi la strana sensazione che quelle chiusure non sarebbero state affatto brevi”.
Come mai è rientrata in Italia?
“Perché amo il mio paese, nonostante io abiti ancora a Londra e mio marito sia sepolto là. Sono sempre venuta in Italia dove vivono le mie figlie ed ora sono a Milano presso una di loro. Ma mi sento quotidianamente con l’altro mio figlio che invece risiede e lavora a Londra. Quando quest’estate sono arrivata in Italia le misure restrittive erano lì meno pressanti così come anche in Italia. Probabilmente quell’allentamento ha generato una sottovalutazione del problema, “I don’t care” dicono gli inglesi, per cui tutte quelle precauzioni determinanti per il contrasto al virus durante il primo lockdown, sono risultate inutili”.
Pochi giorni fa un suo conoscente è morto a Londra a causa del Covid. Ci può raccontare come è andata?
“Si tratta del nonno di mia nuora. Purtroppo è risultato positivo al Covid; è stato immediatamente ricoverato in un Ospedale londinese ma non ce l’ha fatta. Fortunatamente i familiari hanno potuto fargli visita più di una volta. Nella struttura sanitaria infatti hanno avuto dei “vestiti speciali”, con cui gli sono stati accanto e fatto sentire meno solo. Se c’è una cosa che devo dire è che il supporto infermieristico inglese è davvero eccezionale. Lo sa, vero, che la prima persona a vaccinarsi in Gran Bretagna è stata un’infermiera italiana e non un’anziana signora di una casa di riposo come hanno riportato molti media italiani? (I giornali di satira inglesi hanno anche ironizzato su questo con titoli sugli italiani da untori d’Europa a salvatori!). E dunque non è un caso se gli inglesi hanno piena fiducia nella sanità pubblica. La preferiscono di gran lunga a quella privata che è invece costosissima e non sempre efficace”.
Ma come si comporta la sanità inglese nel caso di persone positive al Covid?
“Basta chiamare dei numeri telefonici per ottenere informazioni generiche nel caso in cui una persona avverta i primi sintomi riconducibili al virus. Se poi la situazione si aggrava vengono inviate immediatamente dagli Ospedali delle squadre con medici ed infermieri che valutano la situazione e decidere se ricoverarla o meno.”
Pensa che il vaccino che già stanno somministrando in Gran Bretagna migliorerà la situazione?
“Io me lo auguro perché gli Ospedali, e c’è ne sono tanti, sono al collasso. Poi se le cose miglioreranno è troppo presto per dirlo, perché purtroppo i numeri di chi ha contratto il virus raccontano una realtà che non è quella ufficiale. A Londra ma soprattutto nei countryside ci sono infatti tantissimi migranti soprattutto irregolari (arrivano da Dover e spesso nascosti nei tir) che non saranno mai conteggiati e tanto meno vaccinati,per cui non si saprà mai di preciso quanti sono morti a causa del Covid e tanto meno chi malato è poi sopravvissuto”.
Ma come vivono ora la seconda ondata gli inglesi?
“Guardi tra la prima e la seconda ondata l’unica differenza è l’assunzione di responsabilità da parte degli inglesi. Da fine gennaio a luglio su dieci inglesi nove indossavano la mascherina; dall’estate fino a pochi giorni fa, purtroppo,uno solo. C’è da aggiungere poi che gli inglesi si sono stancati delle aperture e chiusure a singhiozzo e lasciano correre. Una sorta di fatalismo, anche se la paura di ammalarsi è davvero enorme! Devo però aggiungere che durante la prima forzata chiusura, il welfare britannico ha funzionato molto bene. Per una parrucchiera o per chiunque avesse delle difficoltà a causa del Covid bastava telefonare ad un numero indicato dal Governo per ottenere con il proprio insurance number (codice fiscale), dei soldi sul conto corrente nel giro di due giorni. E ciò accadrà anche adesso. Un motivo per cui non ci sono state tensioni sociali come invece in Italia e il governo di Boris Johnson regge”.
Non sarà forse anche merito della regina Elisabetta?
“Penso proprio di sì. E sarà lei anche questa volta a dare il buon esempio ai propri sudditi. Ha deciso infatti di trascorrere il Natale nella tenuta di Windsor sola con il principe Filippo. E ha fatto sapere che a pranzo avrà la compagnia rigorosamente di due camerieri”.
Foto di Marsela Koci