La stazione mediopadana c’è, e con essa la certezza che da domenica – giorno successivo a quello di un’inaugurazione che si annuncia rovente, tra polemiche politiche e cortei di protesta – i treni cominceranno a fermarsi. A mancare però è una visione d’insieme, che la renda accessibile a un bacino di utenza che sfiora i due milioni di abitanti.
Parte da qui la riflessione di Unindustria Reggio, che questa mattina per bocca del suo presidente Stefano Landi ha illustrato alcune proposte volte a dare il via a un ragionamento in termini di area vasta; con lui, riuniti nel quartier generale di via Toschi a testimoniare la collaborazione tra le associazioni di categoria, il presidente di Confindustria Modena Pietro Ferrari e il vicepresidente di Confindustria Mantova Gianluigi Coghi.
Una grande infrastruttura non può e non deve esaurire il proprio ruolo nel luogo in cui è insediata. Landi lo ha ripetuto più volte, spiegando che da questo imperativo ha avuto origine la ricerca commissionata a Caire Urbanistica per individuare errori da correggere e priorità da porsi in tema di stazione Tav. In altre parole, e cioè quelle del presidente Ugo Baldini, per tratteggiare la nuova governance infrastrutturale.
L’urgenza più grande è la creazione di una connessione autostradale alla mediopadana, che deve essere accessibile attraverso un casello dedicato: chi verrà a Reggio per prendere un treno, spesso come tutti gli utenti delle ferrovie in lotta contro il tempo, deve poter godere di questa “agevolazione”. Ma le priorità sono anche altre: migliorare l’efficienza dei treni locali, – la stazione Tav richiede di essere ben accessibile dal sistema ferroviario regionale in arrivo da Verona-Mantova con opere di interconnessione nel nodo di Suzzara e con l’elettrificazione del tratto Suzzara-Bagnolo – potenziare la tratta stradale Mantova, Suzzara, Guastalla e Reggio, sviluppare le connessioni urbane col centro storico cittadino, completare la Cispadana, o ancora creare un nuovo casello verso Correggio che interagisca con Mancasale. L’elenco potrebbe proseguire, ma già è sufficiente secondo gli Industriali a dare l’idea del profondo deficit strutturale che rischia di compromettere la fruizione dell’alta velocità.
“Occorre lavorare sulla logistica per le persone, le merci e le informazioni: il successo di queste operazioni determinerà un aumento dell’attrattività del territorio per le imprese, e non solo”, ha spiegato Baldini. E ancora: “Territori più attrezzati aumenteranno i valori fondiari, migliorando così la convenienza ad investire, a tutto vantaggio delle risorse che arriveranno al Comune con le tasse”.
Obiettivo è dunque dar la sveglia agli enti locali, colpevoli – comuni, province e, soprattutto, regioni – di non essere riusciti a creare una rete di collegamento tra i vari territori e la stazione mediopadana. “Qualcosa – ha detto Landi, specie alla luce della ormai prossima inaugurazione dello scalo reggiano – non ha evidendentemente funzionato in maniera adeguata. È mancato un coordinamento indispensabile per determinare la visione d’insieme che un’opera come questa, al contrario, comporta”.
Già, ma quanti soldi serviranno per realizzare tutto ciò? Stime complessive e precise non esistono, ha chiarito Baldini. Inoltre affrontare troppe questioni contemporaneamente rischierebbe di non far neppure decollare il progetto. Meglio allora concentrarsi su una cosa per volta: per esempio sul sistema ferroviario locale, che per essere potenziato avrebbe bisogno di dieci milioni di euro. Tanti o pochi, non sta agli Industriali dirlo: “Ma il fatto che oggi non ci siano le risorse non deve significare, necessariamente, rinunciare a progettare una dotazione infrastrutturale rinnovata nel suo impianto, nelle sue logiche funzionali e nel suo ruolo all’interno dell’area vasta”, ha ammonito Landi.
Irene Spediacci