Firenze – Una giornata intera dedicata alla legalità, alla lotta contro le mafie, e soprattutto a non dimenticare. Il via, questa mattina lunedì 9 all’Educandato di Poggio Imperiale, tenendo fede a una tradizione rivolta alla didattica della Fondazione Antonino Caponnetto che ha portato in Sala Bianca, fra gli altri, il suo Presidente Salvatore Calleri, il consulente della commissione parlamentare antimafia Renato Scalia e del responsabile del gruppo 29 Febbraio, Alessio Micale. Interventi che si sono alternati con quello del capo centro Dia Firenze Francesco Nannucci.
“Non è semplice parlare con i ragazzi di questi temi – dice Nannucci, a margine dell’incontro – ma è molto bello e molto stimolante. Bisogna far capire ai ragazzi che la mafia non è un fenomeno passato ma presente, la pericolosità della mafia e la priorità di questa pericolosità, bisogna far capire ai ragazzi i morti di mafia e i sacrifici che sono stati fatti, e quanto tutt’ora si cerchi di sensibilizzare per fare capire che anche l’impegno loro, quello nel quotidiano, è lotta alla mafia. Si sta cercando di portare i ragazzi a rivivere il passato in una proiezione anche di attualità”.
Circa gli aspetti principali trattati nella mattinata, proiezioni di filmati di “boss mafiosi che definivano la mafia come “una bellezza” – sottolinea il direttore della Dia – abbiamo cercato di far vedere ai ragazzi come la mafia abbia avuto un storia particolare e solo perché non si vede più ora, non significa che non esista. La mafia esiste tutt’ora. Il fatto che certe dinamiche non si vedano più, non significa che si tratta di un fenomeno perso, di cui possiamo dire di esserci liberati”.
Infine, circa il presunto cambio di attenzione della mafia, che si rivolgerebbe con sempre maggiore interesse ai referenti amministrativi di “grado alto” del territorio su cui si espande distogliendo, sia pure per modo di dire, la mira dalla classe politica, “la mafia si rivolge alle persone che hanno un potere decisionale – dice Nannucci – è ovvio che un presidente della Regione, della Provincia, un Sindaco, demanda molti compiti e ciò che viene riportato alla sua attenzione lo valuta, lo accetta, lo firma, a seconda dell’indicazione che gli arriva dall’ufficio. Non ha ovviamente la possibilità di controllare tutto, a 360° e in maniera minuziosa. E’ ovvio che l’approccio a un quadro più vasto, che poi può prospettare a chi deve decidere una soluzione, è uno dei tanti canali che prende l’attività mafiosa. La mafia poi è anche quella che, approfittando della volontà di prendere voti, in certe parti d’Italia, si fa vedere a prendere un caffè col politico di turno, tutti vedono e votano quella persona”. Insomma, approcci differenziati per situazioni differenziate. “Esatto. La mafia tende molto a calibrare il proprio intervento là dove deve operare, quindi a va a cercare il canale migliore”. Per quanto riguarda la Toscana, conclude Nannucci, “pericoli ce ne sono tanti, perché siamo un territorio di proiezione della mafia. Non abbiamo ancora una mafia territoriale. Riscontriamo una mafia straniera, quella cinese, anche se abbiamo molteplici infiltrazioni, nel territorio, soprattutto nell’economia, principalmente negli investimenti”. Alla fine, vale il vecchio principio caro al giudice Falcone: seguire i soldi per scoprire le mafie.
“L’iniziativa di oggi al Poggio Imperiale – dice Salvatore Calleri, presidente della fondazione Antonino Caponnetto – è molto importante e interessante perché è un’iniziativa formativa, ed è fondamentale spiegare ai ragazzi cosa è successo trent’anni fa, come in un determinato momento si è combattuto contro la mafia, ricordando anche persone come Peppino Impastato, di cui oggi corre l’anniversario dell’uccisione. Oggi una parte della fondazione è nel paese di Peppino Impastato, a Cinisi. La parte del ricordo è fondamentale”.
“Si ricorda anche il giudice Caponnetto – continua Calleri – è importante spiegare chi è stato, man mano che passano gli anni si può rischiare di non ricordare più la sua figura, che per me è stato un mestro di vita, un secondo padre. Ma nello stesso momento è necessario fare il punto sulla lotta alla mafia e oggi, a trent’anni di di stanza dalle stragi, non c’è più un progresso nella lotta alla mafia, ma siamo di fronte a una sua regressione, perché la lotta alla mafia non è più un tema e perché c’è la questione ancora aperta (ricordo che in questi giorni scade il termine per il Parlamento per provare a mettere una pezza alla normativa antimafia) dell’ergastolo ostativo. Noi rischiamo che i mafiosi che non collaborano possano uscire dal carcere. Si tratta di un rischo di una gravità inaudita, che ha come conseguenza l’abbassamento della guardia alla lotta alla mafia. Non si può tollerare una cosa del genere. E’ da tempo in corso una campagna troppo garantista nei confronti dei mafiosi. La garanzia, il garantismo deve esserci nei confronti dei cittadini, non nei confronti dei mafiosi. E su questo non bisogna transigere”.
Mafia in Toscana, gli affari vanno (purtroppo) bene. “In primo luogo, il fatturato della mafia in Toscana è aumentato per via del covid e dell’economia di guerra, e oggi si può dire che il fatturato della mafia in Toscana sia quantificabile fra i 15 e i 20 miliardi di euro. E’ necessario, come ho ribadito più volte, controllare tutte le riaperture e le nuove acquisizioni. Stimiamo che il 70% delle nuove acquisizioni siano a rischio riciclaggio”.
Ma cosa può fare un cittadino comune? “Innanzitutto, bisogna avere il coraggio di trattare il tema mafia – conclude Calleri – se non si trova questo coraggio, si faranno passi indietro. Dobbiamo trattare il tema mafia per arrivare a una lotta alla mafia del giorno prima”.
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