Banalmente la democrazia implica il governo del popolo. Popolo inteso non come una comunità indistinta od una massa di soggetti che compattamente si muove in un’unica direzione (propria della filosofia “positivista”), ma come sommatoria di singole individualità declinate dalla capacità di elaborare ed esprime pensiero, di creare e costruire modelli economici e sociali, di avere una interiorità spirituale religiosa o laica che sia dotato della capacità di elaborare i dati della realtà secondo il proprio sapere e la propria esperienza, traducendosi in pensiero critico. Non è somma ma sintesi. E dunque, a fronte del momento storico e politico in cui viviamo, la domanda è inevitabile: dove stanno andando oggi le democrazie?
La pandemia, il conflitto russo-ucraino ed i modelli economici disegnati negli ultimi decenni, sono eventi che stanno incidendo profondamente nella nostra percezione della democrazia. Una percezione che stava già subendo l’attacco di una politica autoreferenziale che da tempo contribuisce ad allontanare i popoli e gli individui dalla res publica e da quel cammino condiviso che dovrebbe unirli.
L’aggressione Russa all’Ucraina costituisce un atto di violenza alle culture libertarie dell’occidente che, come la pandemia, ha dato un’ulteriore accelerazione ai venti di quel capitalismo finanziario-speculativo che da qualche tempo sta annientando l’individualità (accompagnata dalla sua consapevolezza dei propri doveri sociali) in favore di un individualismo gretto dominato dalla paura che genera disorientamento e confusione ideale. L’America che con l’Europa sono la culla delle nostre moderne democrazie, sono oggi al centro di un attacco che non solo proviene dall’esterno, come parrebbe avvenire con l’azione militare della Russia, ma anche e soprattutto dal loro interno.
Vi è infatti in atto un processo finanziario-speculativo che da tempo sta demolendo le basi di quei sistemi che si fondano sui valori della solidarietà e del sostegno reciproco. Un sistema valoriale che è nelle radici di una cultura laica e cattolica comunque libertaria, dove l’individuo è un valore imprescindibile in sé. Una forma di capitalismo che non guarda alle risorse dell’individualità, votato ad un profitto che non è sviluppo e generazione di posti di lavoro e di redistribuzione di ricchezza e benessere, ma teso solo ad alimentare un uroboro che vive del denaro per il denaro a cui non cala se non la volontà di spingere ogni individuo ad alimentare la sua fame di denaro, appiattendo ogni individuo come vettore di ricchezza in una spiarle fatta di illusioni che generano un nuovo “pensiero unico” in cui la diversità, la libertà, la solidarietà e la spiritualità qualunque essa sia (ed in assenza della quale ogni individuo è un guscio vuoto) non possono e non devono trovare alloggio.Le recenti speculazioni sul gas ne sono la più ampia dimostrazione.
In un occidente che brucia per la guerra ucraina ed è appena uscito da una pandemia che ha messo in ginocchio l’economia reale, si è ignorato il bisogno dei popoli di cercare una via comune e condivisa per uscire da un isolamento forzato e da un conflitto che rischia di avvitarsi in una escalation militare senza uscita, che sta piegando famiglie, aziende ed imprese e così anche il mondo del lavoro, ma genera paura e timori nelle società libere, minando i loro tessuti economici e piegando intere classi sociali. Un fenomeno che sta dando un duro colpo alla costruzione di una casa comune europea e ad una casa comune atlantica.
Si sta diffondendo inoltre un sotterraneo pensiero antiamericano, additando il paese come responsabile dell’aggressione russa e non solo. Gli Stati Uniti non avrebbero, invero, alcuna intenzione di praticare la via diplomatica della pace, ma spingerebbero per una “militarizzazione” del conflitto. La conseguenza è la percezione di una società, quella americana, come aggressiva e disposta a barattare i suoi valori fondanti in favore di nuovi modelli che stravolgerebbero la sua stessa natura.
Questo pensiero antiamericano, supportato da una insofferenza verso il “politically correct” (e mi astengo da ogni giudizio di valore), non ci rende tuttavia consapevoli del fatto che in questo modo si dà forza e vigore alle culture illiberali ed autarchiche che oggi pretendono ipocritamente di ergersi a tutori e garanti dei valori che l’occidente e l’America sembrano aver perduto.
Per quanto l’America nel corso del suo dominio abbia commesso errori, trovando non sempre nell’Europa un partner ma un ventre molle da attirare nella sua sfera di influenza, il sentimento antiamericano è assai pericoloso e foriero di un futuro incerto. I sistemi cino-sovietici, ma anche indiani (culture che premono da oriente) non hanno modelli sociali democratici. E la paura lascia nelle mani degli isolazionismi la reazione solitaria e solipsista dei singoli paesi che si illudono di poter proteggere i loro confini sulla conservazione dei valori perduti.Vi è poi un altro fattore, ovvero quello della corrosione del percorso europeo di unità nella diversità che, minato da una finanziarizzazione delle relazioni tra gli stati, viene scosso anche dalle spinte isolazioniste e protezioniste, abbandonando un progetto di coesione e di solidarietà.
Sempre di più viviamo in un clima di paura il cui controllo è storicamente lo strumento che serve ad allontanare le coscienze degli individui e dei popoli dal percorso proprio delle democrazie. La paura e le difficoltà nelle società democratiche dovrebbero essere di stimolo a rafforzare il bisogno di condividere idee e valori, per salvaguardare i modelli sociali ed economici faticosamente costruiti, in una formazione “oplitica” capace di difendere il processo democratico da chi intende dividere per isolare e governare in autoreferenzialità.
Ci troviamo di fronte ad un bivio storico assai delicato per le democrazie occidentali che intendono dare vita ad una sorta di “resa dei conti” interna tra chi intende tornare ai valori originari e chi, invece, intende spingersi avanti verso orizzonti “progressisti”. E se questo scontro è anche permeato da speculazioni che annullano e dismettono intere classi sociali, impaurendole e facendogli perdere ogni capacità critica e di reazione, e dalle chiusure delle nazioni nella strenua difesa dei singoli confini valoriali, allora la strada da imboccare non potrebbe che portare allo sfaldamento delle democrazie stesse.
In questo scontro le democrazie alimenterebbero solamente un conflitto interno ed esterno che servirebbe solo ad aprire una breccia in favore di forme di governo i cui valori sono così lontani da quelli dell’occidente.
L’unica direzione da percorrere deve essere soltanto quella, come diceva Roosvelt, “del vicino che è risoluto nel rispettare se stesso e, proprio per questo, è rispettoso dei diritti altrui; quella del vicino che rispetta i suoi obblighi e rispetta l’inviolabilità dei suoi accordi in un mondo e con un mondo popolato da vicini”.