Lavorare in Toscana, il coworking: l’ufficio condiviso al tempo dei Social

Firenze – La Regione Toscana promuove l’ufficio condiviso attraverso voucher che serviranno per pagare le postazioni di lavoro con l’obiettivo di “creare nuovi percorsi imprenditoriali“. Il totale delle risorse è di 310.965 Euro.
Nell’elenco degli spazi ritenuti idonei per prestare il servizio ci sono 35 strutture sparse per la Toscana in otto province coinvolte: 14 luoghi a Firenze, 6 a Pisa, 4 a Grosseto, 3 a Prato e Lucca, 2 a Massa e Livorno, 1 ad Arezzo.

Il Bando per la domanda dei voucher, inserito nell’ambito del progetto Giovanisì, scade il 31 luglio e finanzia la copertura delle spese di affitto di uno spazio di coworking fino ad un massimo di 4000 euro. La modulistica è scaricabile online

L’assessore al lavoro Cristina Grieco ha così spiegato l’iniziativa: “Vogliamo riconoscere, tutelare, agevolare ed incentivare il coworking, in quanto forma di organizzazione del lavoro che in Italia, e non solo, si sta dimostrando una risposta innovativa e funzionale al cambiamento del mondo del lavoro, soprattutto per i giovani“.

Ma in che modo può avvenire questo? La filosofia del coworking è appunto quella di lavorare insieme a professionisti che possono arricchire il team di persone impegnate sul singolo progetto.
Nell’era dei Social Network che mantengono in contatto persone molto distanti tra loro, ecco un tuffo nel futuro che ha superato le mere video-conferenze ed i briefing in stereo diffusione. La rinnovata necessità di tornare ad occupare spazi fisici comuni.

La tazza sul tavolo di legno, accanto al pc. Se pensiamo al coworking, viene oramai facile associare l’esperienza lavorativa all’immagine del portatile o tablet appoggiato su una scrivania in stile vintage, immancabile la tazzina di caffé o meglio la mug o tazza destinata a contenere una tisana emergizzante, un thé o forse un caffé lungo americano che agli italiani piace poco, ma fa scena. Se nel quadretto la tazza diventa l’elemento di maggiore appeal occorre farsi qualche domanda.

Oltre il brand cosa si nasconde? Probabilmente il desiderio di confrontarsi con altri liberi professionisti abituati a lavorare a casa in solitudine e con infinite distrazioni, la voglia di mettersi in gioco e conoscere il livello di preparazione di esperti in più settori o più semplicemente la necessità di uno spazio-lavoro che psicologicamente collochi il libero professionista in una dimensione fisica e non più nell’immaginario collettivo del “lavora da casa ergo non ha niente da fare” odioso marchio di famiglia, ma che se percepito nella cerchia delle amicizie contribuisce ad aumentare lo stress.

Ma non potrebbero bastare una biblioteca oppure una panchina in una piazza dotata di wifi? La struttura, spesso un open space, arredata come un grande ufficio di una multinazionale leader nel settore delle comunicazioni, tra pareti colorate (una opera di Marco Lodola sarebbe d’obbligo) e piante aromatiche, concilierebbe la produzione di idee innovative e lo scambio di continui feedback, domande e risposte, utili a far crescere il business ovvero il ricavo economico del progetto sul quale si sta lavorando.

Valutando attentamente l’opportunità di affittare un ufficio a spese della collettività si potrebbe essere frenati dall’ansia da prestazione, aspetto che i tutor motivazionali potrebbero vedere come un valore aggiunto per spronare il professionista a dare il meglio.

Ma qual è il segreto del successo? Può bastare scegliere una struttura che sia ideale dal punto di vista della raggiungibilità? Meglio sarebbe se offrisse la certezza di una compresenza di figure professionali qualificate utili a perseguire il vero obiettivo dell’ufficio condiviso ovvero ritrovarsi spalla a spalla con persone in gamba alle quali poter offrire consigli e dalle quali ricevere supporto.
La formazione, sulla quale l’Italia sta spendendo parole di elogio in ogni ambito, è continua e pertanto il coworking non è altro che un corso di formazione ad orario flessibile nel quale stabilire rapporti con futuri partner o fornitori di consulenze e servizi. E’ il nuovo incubatore di imprese.

Chi lo ha provato, e funziona. La generazione digitale spesso non produce professionisti dotati di certificati tradizionali, ma sviluppa nuove forme di imprenditorialità dove il committente cambia le prospettive e ricerca nella massa chi meglio sfrutta gli strumenti a disposizione: si è bravi se si ha la capacità di fare qualcosa che riscuote successo.
In breve tempo, quella che definiamo oramai impropriamente start up attribuendo a qualsiasi idea la potenzialità di diventare una impresa, necessita di collaboratori e sono proprio queste figure affini o di complemento che si possono mettere in mostra all’interno dei nuovi spazi di lavoro.
I più esperti non hanno dubbi, per mettersi in mostra all’interno di un coworking occorrono spigliatezza e grande predisposizione alle pubbliche relazioni, la programmazione neuro linguistica diventa così la vera chiave del nuovo ufficio.
Tra una tastiera ed una tazza c’è dunque un mondo nuovo da esplorare in una sessione di colloqui senza soluzione di continuità.

Il Bando è aperto a liberi professionisti di età compresa tra i 18 e i 40 anni (senza limiti di età per persone con disabilità), in possesso di partiva Iva e residenti e/o domiciliati in Toscana (il requisito dell’età deve essere posseduto al momento della presentazione della domanda); titolari di partita IVA da non più di 36 mesi dalla data di presentazione della domanda; appartenenti ad una delle seguenti tipologie: iscritti ad albi di ordini e collegi, iscritti ad associazioni di cui alla legge 4/2013 o alla legge regionale n.73/2008, iscritti alla gestione separata dell’Inps.

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