Intelligenza artificiale: parliamone con i ragazzi delle scuole

Intervista a Piero Poccianti, informatico, già presidente di AIxIA
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Foto copertina: Andy Kelly su Unsplash

L’intelligenza artificiale sembra avere un duplice effetto sugli umani che si avvicinano alla sua conoscenza, di curiosa utilità insieme a un senso di misteriosa inafferrabilità. Mitizzata o demonizzata. Ne parliamo con il fiorentino Piero Poccianti, esperto informatico, già presidente di AIxIA, l’associazione senza fini di lucro con l’obiettivo di diffondere e promuovere la ricerca dell’Intelligenza Artificiale in Italia.

Piero Poccianti com’è nata l’intelligenza artificiale?

La disciplina dell’Intelligenza Artificiale (IA) è nata nei primi anni ’40, quando Warren McCulloch, fisiologo, e Walter Pitts, matematico, pubblicarono un articolo dimostrando che un semplice sistema di neuroni artificiali poteva eseguire funzioni logiche di base. Nello stesso periodo, il famoso matematico Alan Turing espresse la sua ambizione di costruire un cervello artificiale. Nel 1950, Turing scrisse un articolo intitolato “Computing Machinery and Intelligence”, in cui si chiedeva se una macchina potesse pensare, inventando quello che sarebbe diventato noto come “Test di Turing”, utilizzato ancora oggi per verificare se una macchina è intelligente. Il termine “Intelligenza Artificiale” si trova per la prima volta nel 1955, nella proposta di realizzazione di una conferenza da tenersi presso il Dartmouth College, in New Hampshire, in cui si affermava che ogni aspetto dell’apprendimento e dell’intelligenza potesse essere descritto in modo così preciso da poter costruire una macchina in grado di simularlo. Il convegno che si tenne l’anno successivo vide la partecipazione dei più importanti ricercatori che avrebbero contribuito allo sviluppo dell’IA.

Con IA è possibile spaziare in tutti i campi del sapere?

Da quando, nel 1956, l’Intelligenza Artificiale ha fatto la sua comparsa, abbiamo assistito a momenti di grande entusiasmo per determinati paradigmi, seguiti da altrettante delusioni. Tuttavia, tutti gli strumenti che sono stati realizzati nel tempo presentano ancora oggi funzionalità importanti. Il mondo dell’Intelligenza Artificiale ha oscillato periodicamente fra modelli basati sul ragionamento e sulle funzioni superiori del cervello umano e quelli che invece cercano di emulare il funzionamento del cervello più profondo, come le reti neurali artificiali. Questi sono definiti rispettivamente strumenti simbolici e subsimbolici. Oggi disponiamo di macchine capaci di percepire, imparare, astrarre, ragionare e creare, realizzate con paradigmi dei due tipi.

La percezione è la capacità di riconoscere immagini, filmati, suoni, modelli, e di fare diagnosi a partire da una radiografia o dai dati di un paziente. Le macchine sono in grado di riconoscere il linguaggio parlato, individuare il guasto di una macchina a partire dal rumore del motore e molto altro. La capacità di imparare è un campo dell’IA denominato machine learning. Oggi stiamo arrivando a grandi successi in questo ambito grazie all’uso delle deep neural network, ovvero reti di neuroni con molti strati. Tuttavia, affinché una macchina riesca a distinguere un gatto da un cane, dobbiamo farle vedere migliaia di immagini di entrambi gli animali, mentre a un bambino ne bastano solo alcune decine. La strada è ancora lunga, poiché i computer hanno una capacità di astrazione ancora molto inferiore rispetto agli esseri umani. Le macchine sanno ragionare e lo fanno meglio di noi. Gli strumenti con cui ragionano sono prevalentemente quelli che fanno parte dell’IA simbolica, come la logica, le regole, i sistemi di supporto alle decisioni, ecc. Le applicazioni di IA mostrano anche una certa dose di creatività: riescono ad individuare soluzioni a problemi complessi e ad inventare poesie, racconti, dipinti e musica. Tuttavia, questi sistemi emulano solo il pensiero artistico, perché mancano di sentimenti.

Attualmente, l’Intelligenza Artificiale trova applicazione nei campi della visione, del trattamento del linguaggio naturale, del supporto alle decisioni, della pianificazione di attività, della risoluzione di problemi con vincoli e della robotica. Tutte queste facoltà ci permettono di realizzare applicazioni che, in campi specifici e ristretti, consentono spesso alle macchine di superare le capacità dell’uomo. Tuttavia i computer non sono dotati di volontà propria, di sentimenti, di autocoscienza e, soprattutto, non hanno ancora un’intelligenza generale adatta a risolvere qualsiasi tipo di problema. Sono, in altre parole, come degli “Artificial idiot savant” con capacità geniali in un campo specifico, ma con gravi deficit in altri. 

Come funzionano i modelli linguistici?

I modelli linguistici hanno una lunga storia di alternanza di interesse fra metodi logici e modelli statistici. Tuttavia, gli attuali successi derivano dalla concezione del linguaggio proposta a metà del secolo scorso da Ludwig Josef Johann Wittgenstein, filosofo austriaco, secondo cui il significato di una parola è il suo uso in un particolare contesto. In altre parole, il senso di una parola è determinato dalla vicinanza con le parole che la precedono e quelle che la seguono. Oggi, i modelli linguistici di maggior successo riescono a mettere in relazione le parole con il contesto in cui vengono usate, utilizzando reti neurali. Ogni parola diventa un vettore di parametri, sui quali è possibile effettuare operazioni matematiche. Ad esempio, sottraendo il vettore della parola “uomo” dal vettore della parola “re” e sommando il vettore della parola “donna”, si ottiene il vettore della parola “regina”.

Questi modelli sono in grado di determinare, in una frase in cui manca una parola, qual è l’elemento mancante più probabile. Inoltre possono determinare, a partire da una parola, i vocaboli che stanno immediatamente prima e dopo. Attualmente sono stati sviluppati grandi modelli fondazionali, addestrati su immensi corpus di documenti, che rappresentano vettori di centinaia di miliardi di parametri. Questi modelli vengono poi specializzati su compiti particolari, come generare poesie, fare riassunti, scrivere testi, tradurre da una lingua all’altra e molte altre cose.

Come potrà cambiare il futuro dell’umanità unito all’intelligenza artificiale?

L’IA è uno strumento potente che deve essere utilizzato con cautela per evitare danni. Al momento, tuttavia, non siamo di fronte a una “intelligenza artificiale generale” e, a differenza di quanto rappresentato nei film di fantascienza, le macchine non sono dotate di volontà propria. Secondo Arthur Charles Clarke, autore di fama mondiale, ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia, e certe applicazioni dell’intelligenza artificiale sembrano quasi magiche. Tuttavia, come gli effetti distopici presenti in molte storie di magia, l’uso scorretto dell’intelligenza artificiale potrebbe portare a conseguenze negative. L’Unione Europea sta lavorando su una normativa chiamata AI ACT, finalizzata a prevenire effetti indesiderati ed a tal fine ha classificato le applicazioni di IA in base al livello di rischio. 

L’intelligenza artificiale può essere anche vista come uno strumento utile per affrontare le sfide globali dell’umanità. Siamo di fronte a un mondo in rapido cambiamento, in cui le azioni degli oltre 8 miliardi di esseri umani influenzano l’intero pianeta e le generazioni future. Queste azioni hanno conseguenze a lungo termine, come la sesta estinzione di massa, il cambiamento climatico, l’inquinamento e la disuguaglianza. Forse l’intelligenza artificiale può aiutarci a trovare soluzioni a questi problemi globali, così come il microscopio e il telescopio ci hanno aiutato a vedere mondi che altrimenti sarebbero rimasti nascosti.

Si parla tanto che IA prenderà il sopravvento sull’uomo...

E’ diffusa l’idea che l’Intelligenza Artificiale possa prendere il sopravvento sull’uomo, ma questa è ancora fantascienza. In realtà, tendiamo a considerare l’IA come la causa di molti problemi, quali il controllo sociale, la manipolazione attraverso deep fake e la disoccupazione. Tuttavia, dobbiamo ammettere che la colpa di questi fenomeni è dell’uomo e della sua incapacità di sviluppare ed utilizzare strumenti che permettano di vivere in modo sostenibile, senza distruggere l’ambiente in cui viviamo.

Come si può immaginare l’evoluzione di IA?

Non so se un giorno saremo in grado di realizzare una General Artificial Intelligence dotata di autocoscienza, sentimenti e volontà propria. Per ora auspico che riusciremo a mettere insieme strumenti di ragionamento e strumenti di percezione per realizzare macchine dotate anche di astrazione e capaci di adattarsi a contesti che mutano. Daniel Kahneman è uno psicologo israeliano, vincitore, insieme a Vernon Smith, del Premio Nobel per l’economia nel 2002 «per avere integrato risultati della ricerca psicologica nella scienza economica, specialmente in merito al giudizio umano e alla teoria delle decisioni in condizioni d’incertezza». Kahneman parla di pensiero lento e di pensiero veloce. Il primo è quello faticoso, basato sul ragionamento, il secondo è intuitivo, istintivo, emozionale. In qualche modo gli strumenti simbolici emulano bene il pensiero lento, mentre quelli subsimbolici quello veloce. La prossima sfida sarà quella di integrare l’Intelligenza Artificiale con queste due forme di pensiero.

E noi umani sapremo allinearci a questa convivenza?

A mio avviso c’è molto lavoro da fare sulla cultura e sull’educazione umana. Abbiamo bisogno di migliorare la nostra intelligenza, la nostra capacità di accettare le idee degli altri, abbiamo bisogno di una cultura della collaborazione perché, come dice Lynn Margulis,  biologa statunitense, l’evoluzione non è dovuta soltanto alla competizione, ma anche alla cooperazione di specie: la teoria endosimbiotica. Competere fra di noi qualche volta è un atteggiamento stupido. Competere con le macchine è ancora più stupido. Vi mettereste a competere con una ruspa per vedere chi riesce per primo a scavare una buca?

Su che cosa sta lavorando adesso?

Dalla fine del 2021 non sono più presidente dell’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale, ma continuo ad essere un membro del direttivo e mi dedico ai rapporti con le aziende e alla divulgazione della disciplina, anche nelle scuole. Abbiamo realizzato un bel progetto con alcuni licei a Firenze in via sperimentale per far capire ai ragazzi che cos’è l’Intelligenza Artificiale e quali sono le sue implicazioni etiche, sociali ed economiche.

Quali sono i prossimi appuntamenti a cui parteciperà, in Italia?

Molti eventi in aziende, Master e conferenze per scuole, oltre ad una serie di piccoli eventi divulgativi in ambito locale. Parteciperò ad Ital IA, il convegno promosso dal Laboratorio Nazionale “Artificial Intelligence ed Intelligent Systems” (AIIS) del CINI che si terrà a Pisa dal 29 al 31 Maggio prossimi. L’altro grande evento a cui parteciperò sarà  il convegno dell’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale che si terrà a Roma nella settimana del 6 Novembre. Durante tale convegno, oltre all’evento di ricerca internazionale dedicato ai soci, si svolgeranno incontri aperti al pubblico dedicati alle scuole e alle aziende..

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