Firenze – Il Pd serve ancora alla sinistra, oppure ha ormai raggiunto la sua meta, diventando una presenza ingombrante, come sostiene qualcuno, in un campo che, se “liberato” potrebbe dare vita ad altre forze ed energie? La domanda, all’indomani della sconfitta elettorale, corre sottotraccia ai numerosi interventi che hanno luogo all’SMS di Rifredi. Scatta l’altrettanto imprescindibile domanda, qual è attualmente il blocco sociale cui il Pd dà voce? Non solo. Punto condiviso da tutti gli interventi, il riaprire rapporti col Movimento 5 Stelle. Il confronto, che è stato organizzato da quella parte politica che potremmo dire genericamente di sinistra, vede confluire insieme Stefano Fassina, Claudio Grassi, il professor Antonio Floridia, il professor Alessandro Volpi, Maurizio Brotini, segretario Cgil regionale, Braccini della Fiom toscana, Mirko Lami sempre Cgil, pezzi storici del partito come Marco Montemagni. E’ proprio Montemagni, fra i promotori dell’incontro, a introdurre il dibattito. Va diritto al punto: la sinistra ha subito la sconfitta a causa della “perdita progressiva di una visione alternativa al capitalismo, e anzi, alla permeabilità dimostrata, nella teoria e nella pratica, verso le teorie neoliberiste. La sinistra ha così abdicato alla sua funzione storica, distaccandosi progressivamente dai soggetti sociali di riferimento a partire dal mondo del lavoro”. Dunque, propone, è necessario “avviare la costruzione di un nuovo soggetto politico di sinistra che abbia la completa autonomia culturale e politica”.
Per il professor Antonio Floridia, viceversa, sarà molto difficile prescindere dal Pd nella ricerca di una nuova vita per la sinistra italiana. Intanto, Floridia individua 2 tendenze che incrociandosi hanno dato vita alla sconfitta: da un lato, “la necessità che non ci fosse nessuno scostamento rispetto alla linea atlantista tenuta fermamente dal Pd”, l’altra, quella che ha visto i soggetti politici “muoversi secondo false credenze, fra cui quella che Draghi fosse il più amato dagli italiani e che chi lo avesse fatto cadere sarebbe stato penalizzato dal voto”. Tendenza sbugiardata dai fatti. Il vero dato esplosivo diventa l’astensione. Ecco alcuni dati: il blocco di destra rimane sul suo storico 45% (42% in queste elezioni). Il Pd perde 800mila voti in dato assoluto, ma guadagna lo 0,3% rispetto al minimo storico del 2018. Flussi importanti dalla sinistra sono andati al M5S. “Nel 33% del 2018 si contavano anche gli elettori di tutte le direzioni, compresa la destra, che in quell’anno ebbe il minimo storico, il 37%”. Flussi di voto: gli operai che votano pd sono appena il 14% dell’elettorato piddino, mentre un 29% sono i pensionati, 20% di studenti, un 24% di dirigenti, liberi professionisti imprenditori, un 24% di insegnanti, (erano 28% nel 2013). “Non credo – conclude Floridia – che lasciando andare il pd al suo destino si possa creare un nuovo soggetto politico a sinistra. I partiti non nascono dal nulla, hanno bisogno di gruppi dirigenti, l’iniziativa dall’alto è necessaria”.
Il professor Alessandro Volpi dà una visione economico-sociale della domanda: Che Fare? “Tre priorità – spiega – prendere atto dell’inflazione di tipo speculativo con cui abbiamo a che fare, che dipende da una forte natura finanziaria ed intervenire contro la finanziarizzazione. Bisognerebbe modificare il regolamento europeo del 2012 sui derivati finanziari, abbandonando la borsa di Amsterdam come punto di riferimento”. Secondo provvedimento, reintrodurre forme di indicizzazione salariale. “In vent’anni di deflazione abbiamo moltiplicato le fattispecie contrattuali, ovvero abbiamo creato la concorrenza contrattuale. Una pletora di contratti, dumping contrattuale, nessuna indicizzazione” . Ma arriva l’inflazione, il meccanismo non funziona più, il processo di impoverimento diventa drammatico. Infine, riforma fiscale. “Il sistema italiano non regge più, la base imponibile è insufficiente”. In sintesi, “la battaglia contro la finanziarizzazione, per l’indicizzazione e la riforma fiscale sono indispensabili”. .
Stefano Fassina riporta il problema a un congiuntura internazionale che vede una domanda di protezione sociale e identitaria da parte delle popolazioni rispetto alle devastazioni determinate dal primato del mercato, che istintivamente le destre, nazionaliste e tradizionaliste, raccolgono. “Siamo di fronte all’insostenibilità dell’attuale assetto regolativo del capitalismo. Le domande cui rispondono le destre, seppure con risposte sbagliate, sono vere. A ciò si sono aggiunte le scelte congiunturali del segretario di turno del Pd o la legge elettorale”.
“Il primo partito fra gli operai è FdI e secondo M5S – ricorda Fassina – fra i disoccupati è M5S. Bisogna procedere con realismo”. Lancia un “coordinamento fra donne e uomini che hanno votato M5S e lo ritengono fndamentale, proveremo a mettere in campo una relazione strutturale, ognuno rimanendo con le sue identità. Il Pd rimane un elemento imprescindibile di una proposta politica, dal momento che rappresenta un blocco sociale importante, è il primo per quadri dirigenti e ceti medi riflessivi. Sono fasce sociali che è importante siano sinergiche con le fasce popolari”, che rispondono ai 5Stelle. “Fra queste due direttrici, fatico a vedere spazio”.
A tirare le fila, verso le 16, Maurizio Brotini.
“E’ necessario ripartire dalla materialità della condizione dei soggetti sociali, siamo tornati, analizzando i flussi di voto, a una società sostanzialmente censitaria: vota di più chi sta meglio socialmente ed economicamente. I poveri non votano. Mi sembra che quello cui siamo davanti è dare una prospettiva cooncreta a quello che è il mondo del lavoro. Ci sono in questo Paese milioni di persone che per fare uno stipendio di 800 euro fanno più lavori . Questi pezzi di mondo non hanno tanto tempo da aspettare. Negli anni ’90 le forze politiche che dovevano rappresetarle si sono messe a rappresentare interessi diversi”.
E per un nuovo soggetto a sinistra, “Il primo grande discrimine? La pace e non la guerra, la riduzione delle spese militari, la crisi ambientale che mette in discusione la vita umana. Le risposte che vengono date sono adeguate? La centralità della questione sociale, la questione dell’allineamento acritico dell’Europa alla Nato, la caduta dell’importanza del lavoro a favore di una logica redditiera e di terziarizzazione sono altrettati punti di tensione e di costruzione”.