Affrettarsi, prego, è iniziato il count down per poter riuscire a vedere fino al 9 ottobre i 26 artisti che Vittorio Sgarbi ha selezionato tra i creativi toscani, per quella sua, sotto molti aspetti, bizzarra idea di Padiglione “diffuso” su tutto il territorio italiano. Bizzarra perché a Firenze adesso sembra siano i ristoranti ad accogliere manifestazioni d’arte che dovrebbero avere risonanza internazionale. Niente da ridire sul fatto che i fratelli Montano, gestori del MoBa, vantando una stretta amicizia con il curatore del discussissimo Padiglione Italia, abbiano accolto a luglio dipinti e sculture che sono tuttora installati nelle stanze e sulla terrazza del loro ristorante; l’orario, però, non è tra i più vantaggiosi per gli artisti, dato che l’apertura è alle 19 e che chi va a prendersi un aperitivo o a cenare in quel fortunato luogo, che domina mezza Firenze, avrà altro per la testa che immergersi nell’osservazione di opere d’arte.
La qualità dei pittori Andrea Granchi o Carlo Bertocci, degli scultori Marcello Guasti o Paola Crema, oppure dei fotografi Aurelio Amendola o George Tatge, parla da sola, ma di sicuro se loro e gli altri fossero stati sistemati in luogo diverso, diciamo maggiormente deputato, avrebbero ricevuto adeguata attenzione, e non si sarebbero trovati a combattere con l’appesantimento fisico dell’ottimo cibo e l’ottundimento mentale dei vini pregiati, serviti nel locale. I maggiori musei del mondo hanno tutti social space che includono ristoranti e caffetterie da Guida Michelin, ma a Firenze ci si distigue come sempre, per originalità: da noi ci sono ristoranti che fungono da musei.
La scelta di Sgarbi aveva incluso anche il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci a Prato, dove fino a pochi giorni fa erano esposti i lavori di altri 19 artisti, questi di più giovane generazione, per i quali garantiva il direttore Marco Bazzini. Peccato sia già chiusa, e non abbia seguito il calendario veneziano che prevede l’apertura fino al 27 novembre, perchè Barzagli, Chiossi, Corneli, Perego, tanto per selezionare i migliori, avrebbero meritato una maggiore esposizione. Un ultimo consiglio a quei ristoratori che volessero trasformarsi in curatori di impegnative rassegne d’arte: attenti agli acronimi, controllare sempre prima. MoBa ha un omonimo americano che non si traduce per niente bene!
Nella foto: Il luogo dove tutti i pensieri si incontrano, di Andrea Granchi