Il don, il presepista e le belle statuine

Tutti contro don Ranza per lo “sfratto” del presepe di Beltrami ma i documenti gli danno ragione

Da mesi ormai si è scatenata una polifonica canea sull’imminente dipartita del presepe di Giancarlo Beltrami dalle stanze di S.Nicolò, chiesa reggiana retta, assieme a S.Francesco, da don Franco Ranza. In cui giace, per il godimento visivo e spirituale di tutti, da oltre un decennio dopo essere stato a lungo ospitato nella sagrestia della cattedrale. Il canto è a cappella ma la musica è la stessa. Tutti addosso al discusso prete, inviso ad alcuni ambiti curiali, invisissimo a quelli comunali, reo di cacciare non i mercanti dal tempio (che sarebbe anche evangelicamente auspicabile) bensì addirittura il simbolo stesso del Natale dalla sua chiesa. Apriti o cielo, naturalmente per le trombe del giudizio, che dovranno suonare a condanna inequivocabile di colui che pur indossando la tonaca negherebbe l’essenza stessa del cristianesimo. La rappresentazione dell’incarnazione. Insomma eresia allo stato puro, stigmatizzata da Torquemada laici di sinistra e destra, passando per il centro, e viceversa. Il tira-molla verbale, ora anche legale, dura da due anni. Da quando cioè, ecco il fatto che i più o ignorano o fingono di farlo per accodarsi alla più comoda vulgata antiranziana,  lo studio di avvocati che segue il presepista reggiano, superbo artista dell’arte del diorama (sia detto senza ironia), prendeva atto che la parrocchia non avrebbe concesso una proroga formale (quella reale dura tuttora) oltre il novembre 2010. Che il contratto di locazione si sarebbe dunque esaurito “per tabulas” alla fine del luglio dello stesso anno e che Beltrami ed il suo staff avrebbero quanto prima reperito una soluzione adeguata. Ora, sui motivi e gli umori che hanno spinto il poco remissivo sacerdote a cambiare destinazione d’uso ai suoi locali, si può opinare ma sul fatto che da anni la controparte lo sapesse perfettamente e che molte più che dignitose soluzioni sarebbero possibili (a partire da quella della bella, centralissima e quasi perfetta all’uopo chiesa di S.Carlo), proprio no. Certo, qualche scena allestita negli anni (in una chiesa, quella di S.Nicolò, che si sapeva da subito a tempo) rischia di andare dolorosamente perduta. Ma Beltrami ci stupisce da decenni non solo per le sue capacità visive e manuali ma anche per la sua indomita volontà di ricominciare (quasi) daccapo. Le stanze che oggi cullano l’immagine del Bambinello e le straordinarie micro-scenografie che lo compongono non serviranno per le prove di danza sacra delle Piissime Ancelle della Misericordia più misericordiosa che ci sia ma diventeranno un centro d’ascolto per giovani. Se sia più cristiano utilizzare i locali per esporre i simboli del cristianesimo o piuttosto per i tentativi della sua applicazione, resta mistero (irrisolto) della fede

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