Il bitume come l’amianto? In Francia forse sì

In Francia l’esito di un processo potrebbe avere conseguenze in tutto il mondo. L’inchiesta

Federica Bonacini

Il caso non fa ancora giurisprudenza. Ma se la condanna dovesse essere confermata, il bitume potrebbe diventare il nuovo amianto. Almeno in Francia, dove la vicenda è tornata sulle pagine della stampa di recente. Nei giorni scorsi è infatti arrivata la decisione della Corte di Appello di Lione di rinviare la decisione sul ricorso presentato da Eurovia, filiale del gruppo Vinci, riconosciuta responsabile nella morte di un operaio addetto alla stesura dell’asfalto.

Ripercorriamo le tappe di un caso che potrebbe aprire uno scenario simile a quello dell’amianto.  José-Francisco Serrano Andrade lavora per Eurovia dal 1986. Stende asfalto sulle autostrade francesi. Nel 2006 gli viene diagnosticato un cancro alla pelle e smette di lavorare. Il 3 luglio del 2008 muore. Ha 56 anni.  La famiglia di Andrade ritiene che Eurovia possa avere responsabilità nel decesso e decide di fare causa. Si apre una lunga procedura giudiziaria.

Nel 2010 Eurovia viene riconosciuta colpevole per negligenza grave, poiché non avrebbe garantito le dovute condizioni di sicurezza sul lavoro. Per la prima volta in Francia, l’esposizione ai fumi del bitume viene riconosciuta come causa di un decesso. Si parla dunque di malattia professionale.

Ma siamo solo al primo grado di giudizio. Eurovia decide di fare ricorso. Una decisione sarebbe dovuta arrivare quest’anno, il 10 maggio, ma i giudici lionesi hanno ritenuto di non essere competenti in materia. Hanno stabilito la creazione di un nuovo comitato regionale di esperti specializzati in malattie del lavoro; il loro incarico sarà quello di esprimere un parere grazie al quale il tribunale potrà emettere il verdetto.  Ma se ne riparla a novembre.

Eurovia ha sempre invocato rischi ambientali, e non professionali. Secondo i legali della società, la malattia e la conseguente morte di Andrade sarebbero state causate dall‘esposizione ai raggi solari, non dai fumi del bitume. Per corroborare questa tesi, l’azienda ha citato autorevoli studi scientifici secondo i quali il bitume non sarebbe cancerogeno.  La famiglia di Andrade non è d’accordo e sostiene che si tratti di ricerche non indipendenti. Gli avvocati dicono che se la sentenza dovesse essere confermata, potrebbe essere una “bomba atomica”, visto l’ampio utilizzo del bitume in tutto il mondo.

Per evitare rischi e danni collaterali legati all’asfaltatura delle strade esistono norme da seguire, come l’utilizzo di appositi guanti, mascherine, occhiali e casco.  Ma la realtà dei cantieri è spesso un’altra.  Ora resta da capire se la battaglia di una modesta famiglia di immigrati portoghesi contro un gigante delle autostrade potrà cambiare le cose.

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