Il mondo accademico ufficiale spesso rifiuta la genialità. Della serie “incompreso”, dopo Semmelweis, un altro grande iscritto nell’elenco è René Theophile Hyacinthe Laënnec. Nacque a Quimper, in Francia nel 1781. All’età di 14 anni iniziò a studiare medicina con uno zio, medico di Nantes. Durante le guerre civili nel 1799 e 1800 prestò la sua opera di chirurgo nell’esercito. Nel 1801 seguì a Parigi i corsi universitari di medicina; studiò approfonditamente l’anatomia patologica e la metodologia clinica.
Il suo nome è legato all’invenzione dello stetoscopio, lo strumento utilizzato ancor oggi per l’auscultazione di cuore e polmoni. Nato per evitare il contatto dell’orecchio del medico col torace del malato, soprattutto per rispetto del “gentil sesso” ne venne poi ampliato lo spettro d’azione. Laënnec approfondì infatti la correlazione tra i suoni che lo stetoscopio amplificava e le alterazioni anatomo-patologiche che li determinavano, distinguendo e classificando tutte le tonalità del polmone malato. Scrisse addirittura un trattato “De l’auscultation médiate” che divenne basilare per la moderna medicina. Il nostro scienziato sosteneva inoltre che non solo la tubercolosi era provocata da un agente specifico, solo più tardi nel 1882 il bacillo sarebbe stato scoperto da Koch, ma che vi era una grande differenza tra le varie forme di malattia, differenza che poteva essere messa in evidenza con la semplice auscultazione mediante lo stetoscopio.
Fu malvagiamente osteggiato e avversato dal fisiologo, all’epoca molto in voga, François Broussais (Saint-Malo, 17 dicembre 1772 – Vitry sur Seine, 17 novembre 1838). Questo signore pensava che lo stomaco fosse “la sede delle emozioni” e curava la maggior parte delle malattie come collegate alla gastroenterite. Tenne addirittura delle conferenze contro Laënnec coprendolo di ridicolo, e ci riuscì. Broussais, come molti altri medici del suo tempo, credeva ciecamente nella “medicina fisiologica”, dottrina secondo la quale la tubercolosi era causata da qualche “irritazione” in una qualsiasi parte del corpo. Non esistevano dunque diverse forme di malattia: esisteva soltanto una diversa intensità d’irritazione. L’opera di demolizione del gracile e piccolo Laënnec fu costante e sistematica: “E ora, signori, sentiamo cosa ha da dirci il professore stecchito (e qui scoppiavano fragorose risate) sulla tubercolosi. Secondo il piccolo Laënnec (ancora risate) la malattia è provocata da un non meglio identificato ‘agente specifico’. Ma che cos’è questo agente, signori? Forse una farfallina che se ne va svolazzando ad ammazzare gli uomini? Chi di voi l’ha mai vista? Se qualcuno di voi la trova, me la catturi con una rete, per favore, e me la porti! Imprigioniamolo questo ‘agente’ misterioso e la tubercolosi scomparirà dalla faccia della terra”.
Laënnec si difese strenuamente, ma quando si accorse di essere beffato anche dai bambini per le strade, quando li vide corrergli dietro agitando le mani come le ali di una farfalla, quando imitarono anche la sua andatura, allora capì che non aveva più la forza di lottare.
Si ritirò stanco e amareggiato nella sua Bretagna dove morì in breve tempo all’età di quarantacinque anni. Questo piccolo grande uomo seppe dare alla medicina molto più di uno stetoscopio. Egli creò un vero e proprio metodo per la diagnosi di moltissime malattie e diede un enorme contributo alla semeiotica. La diagnosi in medicina è un insieme di cultura, sensibilità, intelligenza, metodo, intuito, umiltà: se viene meno anche uno solo di questi elementi non si arriva alla soluzione che porta di nuovo benessere e serenità all’ammalato. Oggi tutti conoscono lo stetoscopio, sanno dire “trentatré”, respirare forte e tossire quando il medico li ausculta. La scienza della diagnosi risale a questo grande uomo dal corpo esile e dalla mente acuta, dall’udito sensibilissimo e incurabilmente timido.