Il giornalista e l’informazione giuridica

Nel corso di un workshop organizzato dall’Ittig, l’Istituto di Teoria e Tecniche dell’Informazione Giuridica del CNR, si è discusso su come migliore l’informazione giuridica nel rapporto fra tecnici e giornalisti. Ecco alcune riflessioni su questo importante aspetto del lavoro giornalistico.

Firenze – Fino alla fine degli anni 90, la funzione di diffondere un’informazione giuridica qualificata e ben commentata era coperta da alcuni mezzi di informazione. Alla metà degli anni 80 il Sole 24 Ore inventò con il direttore Gianni Locatelli e il caporedattore Elia Zamboni le pagine “Norme e Tributi” del quotidiano che, insieme con il boom della borsa, fu una delle cause del successo di quel giornale. L’esperto risponde con la quale si davano risposte precise e chiare ai lettori è stata una delle rubriche  più di successo del giornale. Anche ItaliaOggi, con le pagine di Diritto e Fisco, ebbe la stessa intuizione con  tutto l’ottimo lavoro che in quegli stessi anni impostò Marco Borsa primo direttore del quotidiano, oggi del gruppo Class, con l’Ipsoa, primo agenzia di informazione giuridica diventata editore.  A cavallo del passaggio del millennio, ci sono tutti gli sforzi, a volte riusciti a volte meno, degli enti pubblici, delle istituzioni, per rendere il più possibile fruibile tutta la loro produzione normativa con banche dati più o meno efficienti.

Se sono aumentate in modo esponenziale le fonti, è ancora un lavoro del tutto in progress  quello della preparazione dei giornalisti alla comprensione e alla trasmissione delle informazioni  giuridiche. Qualcuno dice:  a che serve l’intermediazione giornalistica se oggi tutti possono accedere alle fonti e studiare direttamente l’atto, la legge, il provvedimento? Ma ha ragione Ben Bradlee, il mitico direttore del Washington Post: “Posso immaginare un mondo in cui i giornali si stampano e si distribuiscono in maniera diversa, ma la professione dei giornalisti continuerà ad esistere e il loro scopo continuerà a essere quello di riferire ciò che ritengono essere la verità. Questo non cambierà”.

Il fatto che l’informazione giuridica professionale sia a disposizione nulla toglie al lavoro del giornalista chiamato in questo settore, più che in altri, al compito delicato di spiegare in modo efficace “che cosa cambia”, “che impatto ha sulle tasche della gente”, “che cosa c’è dietro, nel senso delle condizioni politiche che hanno portato a quell’atto”, “qual è il nocciolo di un processo, di una causa, di un ricorso”. Le fonti a disposizione rappresentano infatti spesso parti interessate, o sono, nel migliore dei casi, dei bollettini nei quali prevale la spiegazione tecnica, tutta interna alla norma. Ai giornalisti spetta il compito importante di trasferirla nella vita quotidiana.

Per affrontare il tema del rapporto fra informazione giuridica e informazione giornalistica, occorre prima di tutto fare una distinzione importante in base alla natura dei diversi provvedimenti scritti in linguaggio giuridico, in riferimento al tipo di informazione che questi provvedimenti contengono:

Il linguaggio giudiziario, quelle dei tribunali penali, civili e amministrativi. In questo caso il linguaggio giuridico riveste un fatto, di qualunque natura sia, e il giornalista è chiamato a interpretare gli atti in base a quel fatto, che rimane il protagonista della vicenda giudiziaria e informativa.

Il linguaggio politico  amministrativo delle istituzioni pubbliche. In questi caso il linguaggio giuridico riveste decisioni che hanno un effetto sui cittadini e dunque i giornalisti dovranno riferirsi soprattutto a questo effetto, smontare, interpretare il linguaggio giuridico per spiegare che cosa succede alla vita quotidiana della gente.

Il linguaggio politico legislativo, delle leggi, che vengono approvate in un contesto politico preciso per risolvere problemi politici o orientare o aprire nuove politiche concrete per aggiornarsi ai cambiamenti economici e sociali. In questo caso il giornalista dovrà interpretare, decodificare il linguaggio giuridico per far comprendere il nocciolo di quelle scelte legislative.

L’informazione giudiziaria

Nel primo caso, cioè l’essere orientati al fatto, porta necessariamente a un approccio assai più concreto e semplificatorio del linguaggio informativo rispetto a quello giuridico. Il fatto diventa poi protagonista assoluto nel caso di processi oggetto di grande attenzione come per esempio quello per l’omicidio di Meredith Kercher, con i ripetuti colpi di scena di sentenze che si annullano a vicenda. Bastava aver letto la sentenza di assoluzione in appello per avere l’idea chiara che quella sentenza sarebbe stata annullata. L’ultimo caso è quello di Stefano Cucchi, di fronte al quale il giornalista è chiamato a spiegare come mai un’intera indagine su un evidentissimo caso di maltrattamenti di un detenuto che poi ci ha rimesso la vita, è sfociata in una assoluzione generale. Il suo compito sarà quello di capire i punti deboli dell’inchiesta e la loro definizione giuridica.

L’informazione politico amministrativa

Per quanto riguarda l’informazione sugli atti amministrativi,  qui il linguaggio burocratico porta il giornalista a essere abbastanza dipendente dalla fonte tecnica, attraverso la quale possono facilmente passare messaggi di parte. In questo caso occorre distinguere gli atti che sono oggetto di comunicazione specifica:  quindi comunicato, conferenza stampa etc. In questo caso  sono i giornalisti degli uffici stampa a fare il primo passaggio di illustrazione e chiarificazione, dunque ad assistere i colleghi dei media nella comprensione dell’atto. Ma ci sono anche gli atti di cui non viene ritenuta politicamente necessaria o opportuna la comunicazione istituzionale. Qui si prova la competenza del giornalista che dovrà comprendere l’importanza dell’atto e quindi poi chiedere i chiarimenti a chi è responsabile o competente dell’atto, più o meno con l’aiuto dei colleghi dell’ufficio stampa.  Se letto bene, un decreto amministrativo contiene tutti gli elementi essenziali per capire il provvedimentoI dettagli nei quali si nasconde il diavolo sono le indicazioni normative, cioè i riferimenti alle norme in base alle quali nello storico di una delibera, viene presa una certa decisione. Nel linguaggio burocratico questo è il maggiore ostacolo per la comprensione dell’atto che richiede un lavoro di verifica lungo, pesante e complicato da parte del giornalista.

L’informazione politico – legislativa

L’informazione politico – legislativa richiede il massimo impegno per la comprensione del contesto politico in cui quella legge si colloca. La questione fondamentale qui è interpretare il contraddittorio politico che ha portato a inserire questa o quella previsione.  Tipico è il caso dei decreti omnibus o di quei provvedimenti nei quali vengono inserite norme che nulla hanno a che fare con la natura e l’obbiettivo di quel provvedimento. L’ufficio legislativo prepara un testo per un provvedimento che è sottoposto a così tanti passaggi amministrativi,  politici e parlamentari e può subire così tante interpolazioni, cambiamenti di parola, di concetto, di scadenze che alla fine ne risulta un testo del tutto incomprensibile nei suoi effetti finali. Al punto che forse sarebbe quasi opportuno che i media creassero una linea di informazione nel quale per ogni provvedimento si mettono in rilievo le sospette contraddizioni invece di diventare semplicemente i ricettori delle proteste e delle denunce di chi a quei provvedimenti si opponeva.

In questo settore il giornalista per lo più si affida al confronto politico e alle singole fonti interessate. Ma così può soffrirne  la illustrazione precisa dell’oggetto del contendere finendo per riportare, e a volte per sposare pregiudizialmente, le diverse versioni . Certo oggi l’informazione è diventata molto più veloce. Il tempo per studiare gli atti, per consultarsi con gli esperti, per mettere a fuoco la notizia è diventato sempre più breve. Nel  momento in cui viene approvato un atto, per esempio nel  Consiglio dei ministri parte immediatamente il primo tweet da parte della fonte interessata che lo ha promosso, accelerando tutta la fase di analisi e approfondimento e in qualche modo condizionando tutta l’informazione su di esso.

Il pericolo che si corre in questo scenario è quello di un’eccessiva dipendenza dal linguaggio burocratico che a volte entra direttamente nell’informazione a causa della carenza del tempo necessario per capirlo e decodificarlo in termini semplici. Il problema è immediatamente percepibile nei giornalisti degli uffici stampa che a fronte delle pressioni dai due lati della comunicazione, spesso non hanno il tempo per porsi il problema di una migliore semplificazione dei provvedimenti, a volte anche per le pressioni dei responsabili, che, a causa di una certa insicurezza nei rapporti con i media preferiscono l’espressione tecnica, che cerca di prevenire qualunque incidente comunicativo, al tentativo di renderla di più facile comprensione. Un’insicurezza che dovrebbe essere sempre superata da un impegno reciproco – comunicatori/fonte – a discutere insieme il modo giusto per trasmettere la sostanza della norma che è stata approvata. E tuttavia l’ambiente dei social network in qualche modo è un importante correttivo per questa che si può chiamare un’accelerazione del processo decisionale che è particolarmente pericolosa per il sistema democratico che vive in quanto ogni decisione viene approfondita e intesa al miglioramento del paese e quindi richiede conoscenza, competenza e profondità.

Quali sono i possibili rimedi per una migliore comprensibilità dell’informazione giuridica?

Partiamo dalla barriera più importante il linguaggio burocratico/amministrativo che complica il linguaggio giuridico perché lo trasmette attraverso formule ed espressioni stereotipate, con parole che sono legate più a logiche interne al processo che intese a rendere espliciti concetti per i cittadini.

Occorre pertanto un lavoro continuo di rigenerazione del linguaggio che venga sempre filtrato attraverso il suo scopo fondamentale che è quello di comunicare in modo semplice e comprensibile. Altrimenti si verifica quella distinzione classica di linguaggio per gli esperti, cioè per l’interno, esoterico, secondo la nobile espressione aristotelica e quello per i cittadini, per l’esterno, l’essoterico, nel quale la semplificazione passa attraverso interessi  più o meno espliciti ciò che per l’appunto tocca al giornalista svelare in un contesto che rende sempre più difficile il farlo.

Basta oggi il vecchio sistema di avere professionisti o funzionari disposti ad aiutare i giornalisti per la comprensione degli effetti che produce un atto?  Da una parte è sempre più necessaria una formazione del giornalista alla tecnica di confezione dei provvedimenti e dall’altra una sempre maggiore azione di controllo e di pressione nei confronti di chi elabora e confeziona le norme sulla base degli input politici ricevuti perché considerino le esigenze della comunicazione come uno degli ingredienti essenziali della formazione delle norme.

Una proposta per   potrebbe essere la creazione di un gruppo di lavoro indipendente giuristi – giornalisti per una valutazione il più possibile rapida dei testi e dei provvedimenti normativi.  Una sorta di commissione indipendente, un pronto soccorso normativo che interviene rapidamente come consulente degli operatori mediatici. Ma in ogni caso stabilisce autonomamente il grado di comprensibilità di una norma, addirittura forse mettendo a punto un indice da assegnare a ogni genere di atto o provvedimenti di carattere normativo dalle istituzioni competenti.

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