Gli asili comunali impattano contro lo tsunami dei tagli governativi, del blocco delle assunzioni, dei rinvii e dei tentennamenti comunali, della mancanza di dialogo e trasparenza fra amministratori, utenti e città.
E tutto ciò si trasforma in una clamorosa protesta che è esplosa ieri, a Palazzo Vecchio, nel corso del consiglio comunale.
La miccia è stata accesa dalla domanda d’attualità avanzata dal consigliere Tommaso Grassi, gruppo Spini per Firenze.
La discussione sulla situazione degli asili comunali è durata poco, meno di quella sulla nuova pedonalizzazione che ha scatenato un vibrato dibattito fra maggioranza e opposzione che, capitanata dal capogruppo Giovanni Galli, ha deciso di lasciare l’aula.
L’assessore alla pubblica istruzione Rosa Maria Di Giorgi nella sua relazione è molto chiara circa la gestione del personale degli asili nido: buttare fuori i precari dagli asili è drammatico, inaccettabile. Antipatico, aggiunge. Ammette anche che la soluzione di ricorrere alle cooperative per coprire urgentemente gli incarichi rimasti scoperti in questa chiusura di anno non è certo la migliore. Ammette soprattutto l’assurdità di chiamare personale in appalto, che costa venti euro lordi l’ora, quando un educatore precario (e non) ne costa diciassette. Ammette persino la carenza di personale e che gli educatori, precari (e non) sono indispensabili, tutti!
Il motivo di questo disastro? “Purtroppo, è una delle conseguenze della politica del governo, che ha imposto il tetto del 40 percento del bilancio per le spese del personale, e il comune di Firenze lo ha superato, anche se di poco”.
Il consigliere Tommaso Grassi, promotore dell’interrogazione, prende la parola. Il governo, si sa, c’entra sempre. Il 22 giugno però, ricorda, è stato approvato il bilancio comunale e lei, in quanto assessore alla pubblica istruzione, non ha portato la questione in consiglio. La conseguenza peggiore: molti lavoratori precari degli asili hanno ricevuto lettere, telefonate, telegrammi che annunciavano il rinnovo degli incarichi, hanno rinunciato magari ad altre proposte e pochi giorni dopo si sono ritrovati con un pugno di mosche. Nessun incarico significa nessuno stipendio, nessun reddito. Questa è la realtà, conclude Grassi: «si tratta di uno tsunami del mondo dell’educazione, uno tsunami del sociale». Fine discussione, si passa al terzo punto.
Gli educatori escono in silenzio dalla sala consiliare. Si fermano per fare il punto fra loro, un po’ storditi. Poi qualcuno grida: vergogna! ed è inevitabile, tutti si uniscono in coro: vergogna! vergogna! «E’ una vergogna, dice Giuseppe Cazzato dei Cobas: il decreto che abbassava la soglia per le spese del personale dal 50 al 40 percento è di un anno fa! Nel bilancio di previsione del 2011 era già specificato – testualmente, ce lo fa leggere – il “divieto assoluto di assumere”». E nel frattempo, quasi una beffa, è stato persino aperto un concorso per le nuove graduatorie degli educatori. Cosa si può fare allora? Risponde Grassi, circondato dai precari: «Occorre non rivolgersi semplicemente alla speranza. Le cooperative precarizzano ancora di più. Occorre valutare bene cosa e chi rientra in questo quaranta percento, perché in realtà riguarda tutti i dipendenti comunali. Occorre soprattutto una battaglia nazionale».