Firenze – Economia toscana, l’allarme proviene dal Rapporto dell’Irpet, che si è occupata del tema delle infiltrazioni della criminalità organizzata nel tessuto economico toscano. La ricostruzione di dettaglio delle attività illegali o sommerse che solitamente sfuggono all’osservazione statistica e alle rilevazioni ufficiali, produce, secondo la stima Irpet, un giro di economia illegale per 1,2 miliardi di euro. Se a questa cifra di aggiungono i 10,1 miliardi attribuibili all’economia sommersa (in cui rientrano, come si legge nel Rapporto, le attività celate alle autorità fiscali), arriviamo a 11,3 miliardi di valore complessivo dell’attività non osservata in Toscana.
Il numero è pari all’11,7% del prodotto interno lordo regionale e di fatto si pone in linea con il corrispondente dato nazionale. Una particolarità del dato toscano è che mentre l’incidenza del sommerso è analoga o poco inferiore rispetto a quello nazionale, è tuttavia superiore l’incidenza dell’attività illegale. Tuttavia, ciò fotografa le
caratteristiche di una regione che, come sottolinea la Direzione Investigativa Antimafia, è “una delle aree privilegiate per le attività di riciclaggio e la realizzazione di reati economici finanziari su larga scala”. Dalle relazioni della Dia emerge, infatti, “che sebbene le mafie non esprimano nella regione uno stabile radicamento territoriale, la Toscana si conferma una delle aree privilegiate per attività di riciclaggio e più in generale per la realizzazione di reati economici finanziari su larga scala”. Del resto, da anni, la sottolineatura è che se la cultura mafiosa non è ancora riuscita a contaminare il tessuto sociale toscano, tuttavia le cosche utilizzano la regione come base favorevole, per la multiforme e variegata ricchezza del suo territorio, ai propri illeciti affari.
Le 146 pagine del “Rapporto 2023 su illegalità e criminalità organizzata nell’economia della Toscana” redatto dall’Istituto Regionale per la Programmazione Economica della Toscana, è stato presentato ieri a Firenze nella Palazzina reale della stazione di Santa Maria Novella nel corso di un evento a cui hanno partecipato il presidente Eugenio Giani e l’assessore alla legalità Stefano Ciuoffo, assieme, fra gli altri al procuratore della Repubblica di Firenze, Filippo Spiezia.
Il lavoro si articola in quattro parti. La prima prende in considerazione le caratteristiche economico sociali della regione, per individuare eventuali indicatori di potenziale illegalità. La seconda analizza e misura l’economia illegale, partendo dalle fonti ufficiali, in particolare dalle relazioni semestrali della Dia che riportano i processi per mafia. La terza parte riguarda il rischio corruzione, con focus speciale sul PNRR. Infine, nella quarta parte, si analizza l’economia sommersa, sia nel senso di lavoro irregolare che come fiscale gap.
Per quanto riguarda il primo punto,il profilo delle province toscane non pare caratterizzato da sostanziali fragilità di natura socio-economica. Ma il rapporto invita a considerare le imprese cosiddette cartiere (quelle nate con intenti di evasione, elusione o riciclaggio attraverso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti) che incidono per il 3,6% del totale, contro il 5% in Italia. I settori con valori più elevati sono quello finanziario-assicurativo (6,6%), costruzioni (5,8%) e commercio (5,4%).
La mortalità aziendale anomala (in eccesso) si addensa prevalentemente nei settori dell’abbigliamento e pelletteria e calzature (Prato, Empoli). Il ricorso in eccesso al part-time riguarda principalmente l’area della Toscana settentrionale (a più alto tasso di imprenditorialità), e in particolare Prato, dove supera il 40% dei contratti, soprattutto nel settore dell’abbigliamento.
I procedimenti per associazione mafiosa
La relazione per l’Anno Giudiziario 2023 della Procura Generale riporta un deciso aumento dei procedimenti per associazione mafiosa (da 13 a 28) avviati tra il luglio 2021 e il giugno 2022. Il fenomeno delle infiltrazioni delle mafie straniere suscita particolare allarme per i legami che può instaurare con le mafie locali, in particolare la mafia cinese, con elevati tassi di criminalità economico finanziaria, e la mafia albanese, specializzata nel traffico internazionale di droga.
Il confronto con le altre Regioni
Nel confronto nazionale, la Toscana si pone in coda (al 16°posto) per il dominio “indicatori oggettivi di presenza di crimine organizzato” (associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere, interdittive antimafia, aziende in gestione e destinate, immobili in gestione e destinati, operazioni finanziarie attinenti criminalità organizzata). È al di sotto della mediana per il dominio “indicatori spia di controllo del territorio” (al 13º posto), ovvero danneggiamento seguito a violenza, attentati, sequestri, estorsione, usura e corruzione.
Al contrario, presenta valori più critici e si colloca tra le prime regioni del centro-nord (al 9º posto) per il dominio “indicatori di esercizio di attività illecite” (riciclaggio, contraffazione, contrabbando, stupefacenti, reati del ciclo dei rifiuti, sfruttamento della prostituzione).
L’indicatore sintetico dei tre domini ci colloca a metà strada (10º posto) nella graduatoria nazionale. Su base provinciale il valore più elevato spetta a Livorno, a cui seguono l’area della piana tra Firenze, Prato e Pistoia e l’area della costa centro-meridionale.
La contraffazione, caso critico
Nello specifico delle attività illecite, la Toscana emerge come un caso critico nel reato di contraffazione. Otto province su dieci sopravanzano il valore mediano nazionale, mentre Firenze, Prato, Grosseto e Livorno si posizionano nel gruppo delle province italiane con i valori più elevati. Firenze e Prato sono coinvolte prevalentemente nella produzione di merci contraffatte, Livorno e Grosseto, invece, nelle connesse attività di logistica e successiva distribuzione.
La segnalazione di operazioni sospette
Le segnalazioni di operazioni sospette (Sos), che intermediari finanziari e altri operatori qualificati hanno l’obbligo di comunicare all’Unità di Informazione Finanziaria (Uif) della Banca d’ItaIia, sono in termini procapite in linea con le regioni del centro-nord, ma la posizione è più critica se si guarda ad alcune province: Prato compare tra le prime cinque e a seguire Siena, Firenze e Lucca. Non dissimile è l’andamento dell’indicatore di rischio di utilizzo anomalo del contante (Uif). Nel complesso, le province di Prato e Firenze si posizionano ai vertici nazionali, per quanto assieme ad altre realtà del centro-nord. Infine, il numero di reati denunciati relativi al ciclo dei rifiuti colloca la Toscana in 9^ posizione, dopo il periodo critico tra il 2016 e il 2019 (4^ posizione). Contesti di particolare criticità sono rappresentati dagli scarti tessili del distretto pratese, dal commercio degli indumenti usati e dai rifiuti dell’industria conciaria.
Il Pnrr: opportunità e rischi
Le procedure di lavori pubblici associate al Pnrr (il 17% del totale regionale, 1.200 su 6.700) si caratterizzano per migliori performance rispetto alle restanti e, in alcuni casi, anche rispetto alle dinamiche registrate nel recente passato in Italia e in Toscana. Confrontate con analoghi lavori delle amministrazioni non finanziati dal Piano, presentano una maggior apertura alla concorrenza rappresentata da un più ampio ricorso a procedure di tipo aperto (+12,6% in Toscana, +10% in Italia) e una minor frammentazione della committenza rappresentata da un maggior ricorso a soluzioni centralizzate (+10% in Toscana, +20% in Italia).
Il lavoro irregolare
Le stime Irpet quantificano in Toscana un valore aggiunto legato al lavoro irregolare di 3,6 miliardi, pari al 3,7% del valore aggiunto regionale. Questa incidenza, che dipende dalla composizione settoriale dell’economia, è in linea con le regioni del nord, e inferiore al centro-sud.
In Toscana nel 2020 il numero di occupati irregolari era pari a 168mila unità, il 10,2% del totale, inferiore alla media del paese (12%), ma non distante dalle realtà del nord. È un fenomeno che negli ultimi anni è in diminuzione (rispetto al 12,4% del 2000), con l’eccezione del settore dell’agricoltura, dove raggiunge il 17,6% (rispetto al 13,8% del 2000).
Nell’ambito della manifattura, un contesto tradizionalmente meno incline al lavoro irregolare, il distretto pratese rappresenta un’area di particolare criticità.
Complessivamente, l’evasione contributiva legata al lavoro irregolare è stimata per la nostra regione nell’ordine di circa 604 milioni di euro.
L’evasione fiscale: dall’Irpef alla tassa automobilistica
Una quantificazione dell’Irpef evasa in Toscana restituisce un ammontare di poco superiore a 2,5 miliardi di euro, in linea con la media nazionale.
Il differenziale tra dovuto e pagato relativamente all’Imu nel 2020 era pari al 23,2% con un mancato gettito di 319 milioni contro un gettito effettivo di un miliardo.
Il tax gap è più elevato nei sistemi economici locali più urbanizzati e industrializzati delle aree fiorentine, pratesi e pisane. Le stime di fonte Mef evidenziano l’ampia differenza tra i territori meno virtuosi (fino al 40% in Calabria del gettito teorico) e le regioni più virtuose (14% in Emilia Romagna). La Toscana si colloca vicino alla media del paese, ma con valori più elevati delle regioni del centro nord.
Riguardo alla tassa automobilistica a fronte di un gettito nel 2019 (anno pre-Covid) di poco più di 450 milioni, il non pagato è di 106 milioni, pari al 19% del dovuto.
Se si guarda ai soli autoveicoli di proprietà, il dovuto di 410 milioni e il non pagato di 72 milioni con un’evasione del 18%.
L’evasione di questa tassa è maggiore nelle province della costa, Livorno, Grosseto e Massa Carrara, e nella provincia di Prato, nonché tra la popolazione straniera.