Firenze – Nella Sala delle Esposizioni dell’Accademia delle Arti del Disegno, fino al 3 gennaio 2022 è presente L’Inferno di Claudio Sacchi, la personale di un artista originale e formidabile con opere sul tema dantesco. In questo anno, nel settecentesimo anniversario della morte del Sommo Poeta, le manifestazioni si sono susseguite presso tante istituzioni e spazi, sia pubblici che privati.
Ma L’inferno dantesco di Claudio Sacchi è diverso. Le motivazioni affondano nella forza compositiva delle sue opere e nel suo talento.
Tanta immaginazione, tanto colore, tanto virtuosismo!
Le pitture presenti in mostra sono centrate nella prima cantica dell’Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri. Sono dodici quadri a olio di grandi dimensioni e 4 bozzetti che si riferiscono ai canti I, III, V, IX, X, XII, XVII, XXVI, XXXIII e XXXIV. Una scelta che ha esaltato la molteplicità delle figure, in cui Sacchi eccelle in modo particolare, e delle intense, infuocate ambientazioni infernali.
Maschere urlanti, teste di Gorgone e rilievi antropomorfi di prigioni affranti animalo le strutture, rievocando le perfide fantasie dei Manieristi… Catene fissate ai conci torturano le anime, o pendono inerti, fiotti malsani di acque reflue…
Scrive Cristina Acidini nella sua presentazione all’esauriente catalogo “L’Inferno di Claudio Sacchi” edito da L.S. Olschki.
Un percorso, quello di Dante in compagnia di Virgilio, che si svolge tra suggestive architetture e infinite pene inflitte alle anime dannate. Non c’è traccia di terribili tormenti accennati o appena abbozzati: tutto si svolge sotto una luce mefistofelica, ma al tempo stesso vivida e anche il più sottile dettaglio è chiaramente definito dall’abilità pittorica di Sacchi.
Nelle scenografie esistono tanti piani di lettura, come nella figura di Dante con il suo compagno di viaggio, sempre avvolti in un’atmosfera diversa, isolata rispetto al dramma dei dannati. E le brillanti invenzioni del paesaggio sempre artificiose e maestose appaiono come in una storia antica, ben contestualizzata che attinge alla miglior pittura classica. Così per le figure di Ulisse, Polifemo e infine il mostruoso Lucifero.
Nessuno prima di Sacchi, neanche i grandi illustratori del passato che a Lucifero si erano dedicati con impegno ed efficacia – Stradano, Zuccari, Cigoli, Doré, Blake, Dalì e via elencando – aveva saputo racchiudere nell’immagine una tal suggestione di malessere fisico e psichico, da far intravedere, imprigionata dentro l’icona crudele del Primo Diavolo, l’ombra dolente del Primo Dannato.