Casa, contro lo sblocco sfratti presidio con proposte, incontro in Prefettura

Firenze – Presidio di oltre un centinaio di persone per la casa, oggi, 22 dicembre, a Firenze, sotto la Prefettura, dove una piccola delegazione di tre persone (Maria Mecocci del Movimento di lotta per la Casa che fa parte della Rete Antisfratto Fiorentina, Sandro Targetti Prc e Rete Antisfratto, oltre al consigliere comunale Dmitrij Palagi) ha incontrato la capo gabinetto della Prefettura, dottoressa Anna Chiti-Batelli, che si è impegnata a riportare le richieste dei manifestanti al Governo. Oltre il piano di proposte, è stata anche ricordata la mozione del 27 luglio 2020 del consiglio comunale in cui si chiedeva la proroga del blocco sfratti almeno fino a settembre 2021, approvata senza voti contrari. Un presidio organizzato per richiamare l’attenzione delle istituzioni e dei cittadini sull’ormai prossimo 31 dicembre, una data fondamentale, in quanto prevede il via libera agli  sfratti, bloccati da circa sei mesi e a cui il governo ad ora ha ritenuto di non dover concedere un’ulteriore proroga alla sospensione.

Una questione enorme, che rischia di scatenare un diluvio i cui marosi non andranno “solo” a spazzare le vite di migliaia di famiglie (secondo un calcolo prudenziale, mille solo a Firenze) ma che inciderà anche sulle forze dell’ordine e tribunali, per arrivare alle istituzioni, impreparate a sostenere una tale massa di sfrattati o in procinto di esserlo. Anche perché, come spiegano sia l’Unione Inquilini, sia il Movimento di Lotta per la Casa che la Rete Antisfratto fiorentina (che raggruppa le realtà che sono impegnate sul tema casa) insieme all’Assemblea  Ogni giorno il Primo Maggio (che contiene partiti, movimenti, comitati, gruppi consigliari e associazioni, fra cui anche i sindacati di base Cobas e Usb), l’emergenza che arriverà allo sblocco degli sfratti mette insieme sofferenze ormai storiche con nuove povertà e nuovi bisogni.

“Servirebbe un piano preciso, emergenziale”, dicono dalla Rete Antisfratto. E le proposte non mancano, anzi, un sistema per punti è stato inviato proprio oggi alle istituzioni, prima fra tutte la Prefettura che, nel suo ruolo di espressione dello Stato, è chiamata in prima battuta a dire la sua su un problema i cui confini travalicano per molti aspetti persino gli ambiti delle Regioni. Anche se, come specificano gli organizzatori, gli enti territoriali possono fare molto, ma molto di più rispetto a quanto è stato fatto finora. Una proposta che è stata inoltrata, oltre che al Prefetto, anche al Presidente della Regione Toscana e a tutti i Sindaci dei Comuni dell’Area Metropolitana Fiorentina.

Al primo punto, senz’altro la proroga del blocco degli sfratti, soprattutto tenendo conto del fatto che non ci sono risposte concrete, come il passaggio da casa a casa, l’unico che potrebbe scongiurare la precarietà abitativa, doppiamente iniqua e pericolosa in tempi di pandemia e mentre si paventa la terza ondata senza aver esaurito la seconda. Tenendo conto anche dei tempi di vaccinazione.

Il secondo punto, non minore del primo in ordine di importanza vista l’ampiezza del tema, è, spiegano dalla Rete, la riconversione in alloggi popolari del patrimonio pubblico dismesso compatibile alle finalità della residenza. Un punto che, se è vero che comporterebe un investimento importante in ordine di fondi, potrebbe anche godere dei risparmi ad esempio sugli alloggi in pensioni, che come da tempo i movimenti segnalano, allontana il problema dell’abitazione “vera” per le famiglie senza risolverlo;  anzi, profondendo inutilmente risorse pubbliche che non riescono a finalizzarsi sull’alloggio vero e proprio per le famiglie. Tenendo conto che in questo caso si riaprirebbe anche l’annosa questione (20 anni) degli ex fondi Gescal, perlaltro utilizzati ormai del tutto dalla Regione Toscana, ma che potrebbero trovare, a livello centrale, un impiego interessante anche per il patrimonio immobiliare dei Comuni, ovviamente convetibile a finalità residenziali.

Il terzo punto si rivolge alla leva fiscale: perché non introdurre una detassazione degli affitti liberi, quelli 4+4 per intendersi, dal momento che è la modalità più utilizzata nel libero mercto degli affitti? Una misura che potrebbe andare incontro anche ai piccoli proprietari, quelli, per intendersi che “campano” arrotondando con l’affitto della casa di famiglia, o che al massimo hanno due appartamenti, giunti da eredità di padre, madre, suocero, suocera …

Al quarto punto, la proposta riguarda l’eliminazione totale della cedolare secca, un provvedimento che secondo le associaizoni e i movimenti, nonché il sindacalismo di base e i partiti della sinistra, avrebbe come cnseguenza quella di favorire il ripopolamento del centro storico, in quanto andrebbe a incidere sull’accumulo di proprietà immobiliare e sui grandi fondi immobiliari.

Il quinto punto riguarda invece il tema,  fondamentale per contrastare le morosità e rimettere alloggi sul mercato accessibili ai lavoratori, della necessaria liason fra canone di affitto e rendita catastale dell’immobile, stabilendo un tetto che non potrebbe essere superato nel momnto della contrattaione stipula del contratto stesso. Mutatis mutandis, una sorta di nuovo equo canone.

Il sesto riprende una vecchia rivendicazione che mai come ora sembrerebbe attuale, vale a dire il riuso del patrimonio immobiliare, sia pubblico che privato. Una sorta di obbligo universale sugli immobili che potrebbe avvalersi, dicono gli organizzatori del presidio, di strumenti quali la requisizione, ma anche agevolazioni fiscali e sgravi per manutenzione/ristrutturazione, ovviamente nel caso in cui, per quanto riguarda quest’ultima voce, il proprietario decida di reimpiegare l’immobile in abandono a fini residenziali.

L’importanza della leva fiscale, procedono ad illustrare gli organizzatori, si rivela anche nel settimo punto della scaletta delle proposte, con la richiesta di appesantire la tassazione per i grandi fondi immobiliari e i grandi proprietari, identificati con la regola di più di 10 immobili di proprietà.

All’ottavo punto, una proposta che ha conseguenze dirette anche sulla faccia e sulla composizione sociale della città, in quanto riguarda il tema del blocco, “per almeno 10 anni”, dei cambi di destinazione in senso ricettivo, incoraggiando viceversa i cambi di destinazione in senso residenziale. A questo si affianca il punto 9, laddove si ipotizza il blocco, sempre per 10 anni, del consumo di suolo per quanto rgiuarda le nuove costruzioni.

Il decimo punto prende in esame una pratica che ha dato ad ora, nonostante la sporadicità dell’applicazione, risultati altamente positivi, vale a dire l’autorecupero. Le richieste vno nel senso di una regolamentazione e incentivi dell’auto recupero edilizio motivato da pubblico interesse. Una modalità di cui viene richiesto un uso comune, non la sudditanza rispetto a un bando che dipende dalla buona o cattiva volontà della politica.

A chiudere la lista, ovviamente last but not least, la richiesta di un “forte impulso all’attività di edilizia residenziale pubblica”.

Foto: Luca Grillandini

 

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